L’ultima relazione sulla gestione finanziaria della Corte dei Conti, dove tra l’altro anche se in modo velato ha espresso alcune perplessità al testo di legge regionale che prevede la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero in un unico comune approvato dal centrodestra in Consiglio regionale, ha riacceso il dibattito politico tra favorevoli e non. Un confronto che è ritornato ad occupare le prime pagine dei giornali. Noi ne abbiamo parlato con il professor Luigino Sergio, esperto nella direzione di Enti locali e docente a contratto di Reti di sistemi e filiere del Turismo presso l’UniSalento.
Professor Sergio, cosa pensa quanto riportato nell’ ultima relazione sulla gestione finanziaria della Corte dei Conti, riguardo alle perplessità espresse sul progetto della Grande Cosenza che il centrodestra regionale sta portando avanti?
La domanda e la risposta vanno inquadrate nella deliberazione della Corte dei conti, Sezione delle autonomie n. 12/2023, ad oggetto “Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali” che annualmente il giudice contabile trasmette al Parlamento e che contiene dati riguardanti il contesto di riferimento e le manovre di finanza pubblica, i risultati di cassa dei comuni dell’esercizio 2022, la realizzazione della spesa per investimenti, gli interventi a sostegno dei comuni e la chiusura della fase emergenziale, le fusioni e le unioni di comuni, i dissesti e le procedure di riequilibrio, gli equilibri di bilancio, i debiti fuori bilancio ed altre numerose questioni riguardanti la vita di comuni, province e città metropolitane.
Relativamente alla questione riguardante la fusione dei comuni e nel caso di specie quella dell’estensione del comune di Pescara attraverso l’istituto della fusione per incorporazione che ha riguardato i comuni di Spoltore e Montesilvano e della possibile fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero, la Corte rileva che “si tratta di una iniziativa che si discosta dal consueto modello di accorpamento che riguarda piccoli comuni ed apre una prospettiva più ampia di impego dell’istituto”. Nulla di nuovo aggiunge a quanto la medesima Corte dei conti, ma anche la Banca d’Italia, il ministero dell’interno,Ifel, la società per lo sviluppo economico (SOSE) e anche il sottoscritto in sue pubblicazioni da anni avevano osservato, vale a dire che la spesa media pro-capite derivante dall’erogazione di servizi pubblici a livello comunale e per classe di popolazione evidenzia una situazione caratterizzata da un curva ad U, la cui base mostra che la spesa pro-capite più bassa si situa nella fascia demografica dai ventimila ai trentamila abitanti.
Detto questo il giudice contabile non ha detto (come qualcuno in Calabria ha sostenuto)che la fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero non sia conveniente; ha rilevato che oltre una certa soglia dimensionale la complessità dei processi può rendere meno agevole la gestione e di conseguenza che la fusione di comuni di dimensioni più ampie va maggiormente ponderata sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza, in quanto dev’essere effettivamente dimostrato il vantaggio operativo. La Corte dei conti nulla ha detto invece sulla riduzione dell’inefficienza tecnica che l’aumentata scala dimensionale comporta sui servizi. Circa il vantaggio operativo invocato dal giudice contabile questo c’è e verrà evidenziato nell’apposito studio di fattibilità in corso di redazione.
Quali potrebbero essere i vantaggi reali in merito ad una fusione di tre città medio grandi come Cosenza, Rende e Castrolibero?
La fusione di comuni, tutte le fusioni di comuni e non solo quella possibile tra Cosenza, Rende e Castrolibero hanno dei vantaggi, ma anche degli svantaggi. Solo che quest’ultimi sono di gran lunga inferiori; e tra gli svantaggi la perdita del senso d’identità, la preoccupazione da parte del cittadino di sentire meno rappresentati, la resistenza al cambiamento, problematiche connesse all’allineamento degli strumenti urbanistici. Tra i vantaggi, invece, troviamo le economie di scala nell’erogazione dei servizi ai cittadini, una migliore divisione del lavoro tra i dipendenti comunali, l’efficientamento della macchina amministrativa, una maggiore efficacia nella programmazione degli investimenti pubblici, l’accrescimento del livello partecipativo alle scelte comunali grazie alla possibile istituzione dei municipi, il conseguimento di contributi statali fino a 150milioni di euro in 15 anni, il risparmio sui costi della politica, la riduzione della spesa per il management, i risparmi sulle spese per il funzionamento delle attività di back-office.
Alcuni pur dichiarandosi favorevoli al progetto del Comune unico tra Cosenza, Rende e Castrolibero, affermano che quello del centrodestra è un progetto di fusione a “freddo”
Su questo ho qualche problema a rispondere trattandosi di terreno di pertinenza della politica. Immagino che fusione “a freddo” voglia significare fusione calata dall’alto, senza che se ne avverta l’impellente bisogno di aggregare tre comuni. Concordo con quanto ha osservato la Corte dei conti nella già richiamata deliberazione n. 12/2023 laddove è detto che quando la fusione di piccoli comuni è il risultato di un processo bottom up, cioè che nasce dal basso ciò deve essere sempre apprezzato e stimolato». Ma la dottrina organizzativa conosce anche i processi top down che partono dall’alto e che sono necessari quando c’è inerzia nell’avviare un processo complesso come quello della fusione di tre comuni di medie dimensioni, ricordando che occorre sempre passare per il referendum consultivo per sentire le popolazioni interessate, come recita la Costituzione, prima che la Regione Calabria approvi la legge istitutiva del nuovo comune.
In un progetto di Città unica quale sarebbe la ricaduta sui servizi?
Indubbiamente la fusione di comuni portando all’istituzione di un nuovo ente locale territoriale comporta una rivisitazione complessiva dell’organizzazione. Si parte dall’organigramma esistente e se ne delinea uno nuovo, a seguito del quale si tracciano le linee operative dei servizi, anche quelli di nuova istituzione. Sta di fatto che la fusione implica una maggiore efficienza delle risorse umane, strumentali e finanziarie a disposizione, divisione del lavoro più spinta che conduce ad una specializzazione da parte dei dipendenti comunali, più efficacia nelle politiche di riscossione delle entrate su cui i comuni oggetto di intervento sono poco efficienti, fatto questo che ha concorso in alcuni enti al loro dissesto finanziario, come quello registrato nel Comune di Cosenza che sfiora i cento milioni di euro e che lo indebita per i prossimi trent’anni. La fusione dei comuni di Cosenza, Rende e Castrolibero consente la positiva ricaduta sui servizi che verrebbero accresciuti poiché abbiamo stimato che in una consiliatura (arco di tempo quinquennale) vi sarebbero risparmi sui costi di gestione che superano di gran lunga gli otto milioni di euro e incentivi da parte dello Stato di cinquanta milioni di euro che andrebbero a beneficio dei servizi al cittadino.