COSENZA – Inquinamento a Rende, nell’area dell’ex Legnochimica. La fabbrica di proprietà della famiglia Battaglia di Mondovì, dal 1968 al 2002 ha estratto tannino per produrre pannelli in contrada Lecco ed ha lasciato in eredità, una lunga scia di morti sospette. Decessi registrati non solo tra i suoi 400 operai, dei quali ormai si contano pochi superstiti, ma anche tra i residenti della zona industriale che ancora oggi chiedono a gran voce la bonifica delle vasche di decantazione nelle quali l’impresa sversava reflui industriali.
Inquinamento e disastro ambientale dell’ex Legnochimica
La contaminazione dell’area è certificata dall’unica perizia ad oggi disponibile, quella stilata nel 2011 dall’ex rettore dell’Università della Calabria Gino Mirocle Crisci. Il noto biologo denunciò con dati scientifici come fossero presenti, in alcuni casi 100.000 volte in più del valore consentito per legge, sostanze cancerogene quali: alluminio, ferro, manganese, arsenico, berillo, cromo, nichel e mercurio.
La Procura di Cosenza è intervenuta in più occasioni sequestrando terreni e pozzi. Le indagini della magistratura, per disastro ambientale e omessa bonifica, hanno portato alla condanna dell’ex liquidatore Pasquale Bilotta a 9 mesi di reclusione. Si attende ora l’esito della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro.
Nonostante ciò, in oltre 20 anni, né il Comune di Rende né la Regione Calabria (e tantomeno la Provincia di Cosenza che autorizzò lo scarico di rifiuti nel Crati), hanno inteso mettere in sicurezza l’area, pur avendo l’opportunità di accedere a finanziamenti destinati alle bonifiche.
I laghi chimici della zona industriale di Rende
Nel frattempo incendi e fenomeni di autocombustione negli anni sono diventati l’incubo dei rendesi che abitano quel fazzoletto di territorio che costeggia il Crati. In alcune estati come quella del 2008 o quella del 2015 per diversi giorni i Vigili del Fuoco hanno lavorato nell’area dell’ex Legnochimica per domare le fiamme. Oggi degli 8 laghetti artificiali creati dal continuo sversamento dei liquami industriali dell’ex Legnochimica ne resta solo uno.
Non sono però stati decontaminati, ma banalmente coperti, senza alcun tipo di bonifica. Imprenditori “ingenui” si sono spinti sino a costruire anche dei capannoni sui laghi chimici frutto dello sviluppo industriale voluto da Cecchino Principe (all’epoca sindaco di Rende e sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura) che sollecitò la costruzione della Legnochimica sui terreni del barone Giorcelli.
Come sono scomparsi i laghi dell’ex Legnochimica
Non è stata smantellata la rete di canali sotterranei che sembrerebbe collegassero gli 8 laghi chimici al Crati attraverso una saracinesca che veniva sollevata dall’interno degli stabilimenti dell’ex Legnochimica. È caduta nel dimenticatoio, mentre la famiglia Battaglia pur dichiarando di avere solo 20 euro nel conto corrente della fallita Legnochimica ha inaugurato nella stessa struttura una fabbrica di peptina: la Silvateam.
Parte dei terreni sono stati venduti al gruppo Falck che ha colto l’occasione per inaugurare (nel 2003) la centrale a biomasse dell’Ecosesto, alimentata dal legname prelevato soprattutto dalle floride foreste della Sila.
Calabra Maceri è l’azienda che più ha beneficiato della svendita degli immobili dell’ex fabbrica di tannino estendendosi sulle sue ceneri. Tra i suoi più recenti interventi vi sono nel 2018 il taglio del nastro della bioraffineria e nel 2024 del nuovo impianto di pretrattamento dei rifiuti (250 tonnellate al giorno) da bruciare negli inceneritori (Combustibile Solido Secondario).
La nuova amministrazione guidata da Sandro Principe (già sindaco di Rende dal 1980 al 1987 e dal 1999 al 2005, nonché consigliere regionale dal 2005 al 2015) sta analizzando lo stato dell’arte. Poi cercherà di capire l’eventuale tipo di bonifica da attuare. Intanto le immagini storiche di Google Earth in timelaps rivelano come i laghi chimici siano “scomparsi” negli ultimi 20 anni. E come i capannoni si siano ampliati.