CORIGLIANO CALABRO (CS) – La Guardia Costiera e la Guardia di Finanza hanno compiuto un’attività congiunta all’interno del mercato ittico nel porto di Corigliano Calabro.
Oltre 20 militari durante tutta la notte, hanno proceduto a controllare gli operatori commerciali presenti, con il supporto tecnico del servizio veterinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza. Durante i controlli sono emerse diverse irregolarità, alcune in violazione di norme penali ed altre di tipo amministrativo, per cui 8 persone sono state segnalate alla Procura della Repubblica di Castrovillari ed una è stata multata per 1500 Euro.
Si tratta in particolare di alcuni operatori, che in violazione del Regolamento comunitario 1967/2006, sono stati sorpresi a commercializzare oltre 30 chili di pesce sotto misura tra cui triglie e naselli, anche provenienti da grossisti fuori regione. In alcuni box è stata riscontrata la presenza di prodotti ittici tra cui totani argentini e ali di razza dell’Atlantico, ricongelati e poi nuovamente in fase di scongelamento a temperatura ambiente e pertanto deteriorabili e non commestibili. Ancora, in una cella frigo sono stati rinvenuti gamberi di provenienza sconosciuta già scongelati in precedenza e poi ricongelati. Da alcune celle frigo poi, proveniva un forte odore sgradevole; all’interno oltre 200 chili di pesce in cattivo stato di conservazione e non idonei al consumo umano. Un commerciante è stato multato per 1500 per omessa indicazione della provenienza del pesce posto in vendita, in violazione del Regolamento comunitario 178/2002.
Tutto il pesce in questione, 300 chilogrammi, è stato sottoposto a sequestro penale per violazione della normativa in materia di pesca e della normativa sanitaria sulla commercializzazione dei prodotti ittici. I veterinari dell’ASP hanno giudicato commestibile ed idoneo al consumo umano solo 30 chili dei complessivi 300 di pesce sequestrato che così, su autorizzazione del Magistrato di turno presso la Procura di Castrovillari, è stato donato in beneficenza alla mensa della locale Caritas diocesana. Il restante prodotto, non commestibile, è stato avviato a distruzione con ditta autorizzata e a spese dei responsabili del reato.