Centro protesi Inail Lamezia: un’eccellenza per restituire una nuova vita dopo l’amputazione

La persona è al centro di un percorso che necessita in primis dell'accettazione. In Calabria è attivo il centro protesi che ha come obiettivo quello di accompagnare al reinserimento sul piano sociale e lavorativo quanti hanno subito l'amputazione di un arto

LAMEZIA TERME – Il mondo della disabilità comprende anche i pazienti sottoposti ad amputazione, sia per asportazione chirurgica che in caso di perdita accidentale (spontanea o traumatica) di un arto o di una sua parte. Per le persone amputate la riabilitazione è fondamentale perché il trauma, sia fisico che psicologico, è notevole ma oggi, esiste la possibilità di ritrovare una sorta di nuova vita. Per le persone amputate in Italia, sono presenti altre due strutture: il Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, in provincia di Bologna e la Filiale di Roma.

Oggi però, anche la Calabria ospita nell’area industriale Papa Benedetto XVI, in contrada Ficarella di Lamezia Terme, un Centro Protesi Inail. Una struttura d’eccellenza, con personale specializzato e competente che lavora instancabilmente per consentire ai pazienti amputati, il massimo recupero possibile, al fine di un reinserimento nella vita familiare, sociale e lavorativa. Dal percorso protesico riabilitativo agli ausili, tutto l’iter di un paziente è seguito da una vera e propria équipe multidisciplinare: medici, tecnici ortopedici, fisioterapisti ma anche psicologi, assistenti sociali, infermieri che diventano le figure di riferimento dei pazienti.

lavorazione protesi centro inail lamezia 03

La persona al centro, per consentire il massimo recupero possibile

La Filiale di Lamezia del Centro, attua la “presa in carico” dell’infortunato per progetti riabilitativi e/o protesico-riabilitativi rivolti sia a infortunati sul lavoro, sia a persone con disabilità congenite o acquisite di natura traumatica, vascolare o oncologica. Elemento caratterizzante dell’attività del Centro Protesi Inail è “l’approccio multidisciplinare alla persona” che viene considerata nella sua globalità, al fine di raggiungere il massimo livello di autonomia possibile. Oltre ad una grande umanità e accoglienza, il personale del centro è competente, esperto, formato e professionale. E non è una frase fatta, ma per chi opera all’interno della struttura “il paziente è al centro“.

La struttura di Lamezia Terme 

Abbiamo chiesto di visitare la struttura per capire come opera, chi sono le maestranze impiegate e soprattutto se è accessibile facilmente da parte dei pazienti. Oltre a problemi di natura logistica legati ai trasporti collaterali per consentire l’arrivo dei pazienti in struttura  se si arriva all’amputazione di un arto, di certo la prevenzione è fallita. Un concetto che rimarca il direttore tecnico dei tre centri Inail (Budrio, Roma e Lamezia), l’ing. Gregorio Teti: «Purtroppo noi interveniamo quando la parte prevenzionale è fallita e mi riferisco ovviamente agli infortuni. Le dinamiche sociali e lavorative della Calabria sono diverse da quelle del nord dove le realtà aziendali sono differenti. Ma anche l’attività di prevenzione ad esempio vascolare, per evitare l’occlusione di grossi vasi arteriosi significa evitare l’amputazione così come la malattia sistemica diabetica. Anche questa è prevenzione così come le norme europee per evitare incidenti stradali».

Il centro protesi: non numeri ma persone 

L’amputazione consiste nell’asportazione chirurgica o nella perdita accidentale (spontanea o traumatica) di un arto o di una sua parte. Per perdita accidentale, s’intende che l’amputazione può verificarsi dopo traumi o incidenti dove l’arto può essere tranciato di netto, schiacciato o strappato. Il Centro è stato aperto nel 2018 ma l’officina per la realizzazione degli impianti protesici è partita dal 2019.

“Oggi la filiale – ci spiega la dott.ssa Maria Rossella Frangella, responsabile amministrativa del Centro Protesi di Lamezia – sta crescendo, radicandosi nel territorio e presenta un pamphlet di personale e tecnici, specializzato e idoneo all’erogazione delle cure e dell’assistenza. Quella funzione di baricentro rispetto al meridione si sta delineando e abbiamo assistiti che arrivano dalle Asp della Sicilia, Puglia e Basilicata e qualcuno anche dalla Campania. Anche grazie al social network Facebook, stiamo gradualmente sviluppandoci. Forniamo cure e assistenza alle persone, soprattutto ai bambini, ed è emozionante e importante quello che si riesce a fare: vedere bambini camminare e adulti riappropriarsi della loro vita, alcuni anche avvicinandoli a sport e attività paraolimpiche. Perché qui, non ci sono numeri ma persone. Riguardo allo sport il centro ospita un sportello del Comitato paraolimpico della Calabria per avviare le persone anche allo sport. Ed abbiamo visto tanti pazienti tornare a sorridere”.

L’obiettivo infatti, non è fornire solo una protesi ma avviare un trattamento che consenta di arrivare al reinserimento sociale del paziente. Per questo motivo sono a disposizione delle persone, sulla base del loro vissuto e contesto di vita, diverse possibilità come quella dello sport. Il comitato svolge un’azione di informazione e di orientamento all’attività sportiva. Dopo una serie di screening preliminari, in base anche alle attitudini e ai desideri della persona, questa viene messa in contatto con le realtà sportive del territorio che poi li avviano e li seguono.

Non solo infortunati sul lavoro grazie alla collaborazione con le Asp

Il fatto di poter accogliere gli infortunati sul lavoro, in quanto si tratta di una struttura Inail, nata per gli infortuni sul lavoro, discende sia per il centro protesi che per le sue articolazioni territoriali, da un decreto specifico, il DPR 782 del 1984, che chiede ad Inail di mettere a disposizione il know how di Budrio con i laboratori, la possibilità anche per gli invalidi civili di accedere alle prestazioni sanitarie. Una opportunità che la caratterizza come l’unica realtà impegnata nella costruzione, realizzazione di percorsi protesici pubblici. La finalità non è il profit, ma l’erogazione di un servizio.

La protesi e il percorso protesico riabilitativo

Oltre alla parte di officina e dunque tecnica, c’è la parte sanitaria che è molto importante come la riabilitazione fisioterapica che è il valore aggiunto, il training per il corretto insegnamento dell’utilizzo della protesi. La parte di fisioterapia è collegata al percorso protesico riabilitativo: viene insegnato il bendaggio del moncone, la corretta igienizzazione e ovviamente all’uso della protesi. E da qualche tempo è anche disponibile un’applicazione su questo. Tecnici e fisioterapisti insieme creano un percorso partendo dalla costruzione del dispositivo fino all’insegnamento per il suo utilizzo.

Il paziente considerato a 360°

“Un aspetto che vorrei sottolineare – prosegue la dottoressa Frangella – è la presa in carico dell’assistito attraverso l’espletamento di una prima visita tecnico-sanitaria che è gratuita e viene eseguita da un’equipe multidisciplinare composta da un ingegnere tecnico, il medico fisiatra e precede la visita anche un colloquio psico-sociale. Il tutto per analizzare il paziente a 360° ed offrirgli un percorso protesico personalizzato al fine di arrivare al vero nostro obiettivo: reinserire la persona. Perché non basta fare una protesi, ma bisogna capire, dare un’opportunità, fornire informazioni per far comprendere come utilizzarla al meglio, conoscere il contesto di vita e se ha una rete di protezione familiare. E ancora, ma non meno importante, comprendere se l’amputato sta affrontando quanto accaduto. La mancata accettazione della protesi infatti, è sintomo della mancata accettazione dell’amputazione”. 

Il coordinamento delle attività: dalla protesizzazione alla riabilitazione 

Alla direzione sanitaria da pochi mesi, il dott. Arturo Roselli, si occupa di coordinare il personale sanitario, dalla parte medico legale quella fisioterapica. “Questa è una realtà importante per i pazienti calabresi sia Inail che Asp. E’ un percorso molto articolato e delicato – spiega il dott. Roselli – perché si viene qui, non solo per mettere una protesi: c’è un prima e dopo. Io mi reco in palestra con il fisioterapista e l’amputato, ed ogni situazione è delicata e richiede tanta professionalità. La persona viene considerata nella sua completezza e noi puntiamo a reinserirla nel suo contesto, sociale, lavorativo e da un punto di vista psicofisico. Il percorso infatti inizia con l’assistente sociale, poi segue la visita tecnico sanitaria per cercare di conoscere e vedere i risvolti anche familiari legati alla rete della persona. Valutare ogni aspetto non è scontato. Anche il ruolo del caregiver è fondamentale per il sostegno e la cura e su ogni paziente si agisce in maniera personalizzata”.

Il direttore tecnico delle tre strutture protesiche è l’ingegnere Gregorio Teti che nel dettaglio spiega l’iter d’accesso alla struttura: “definiamo un progetto protesico e riabilitativo del paziente su misura. Vengono valutate tutte le componenti, cliniche e anche di rapporto con l’ambiente quotidiano in cui svolge la loro vita, per consentire a chi ha il compito di redigere quel progetto, di avere tutti gli elementi per definire gli step successivi all’attività di prima visita fino ad arrivare alla costruzione dell’impianto protesico e poi alla parte riabilitativa”.

“A fronte della prima visita – spiega – viene redatto un progetto protesico, riabilitativo, funzionale con target definiti o in regime semi residenziale (day hospital con attività che si svolge dalle 8 alle 17 e successiva residenza a domicilio del paziente) oppure attraverso la presa in carico in regime assistenziale residenziale dove, tanto l’assistenza sanitaria quanto quella riabilitativa, funzionale e addestrativa, viene svolta in regime di ricovero. Questo avviene in ogni struttura che sia Vigorso di Budrio, Roma e anche Lamezia”.

Infortunati sul lavoro e invalidi civili

“A seconda del paziente cui ci si rapporta, se è infortunato sul lavoro o meno – spiega l’ingegnere Teti – abbiamo la possibilità di avere una fornitura diretta e dunque il centro protesi, redige e prescrive il dispositivo tecnico dando solo comunicazione all’unità territoriale di riferimento dell’infortunato. Qualora invece si tratta di paziente del Sistema sanitario nazionale, viene redatto un preventivo di spesa di tutte le parti, sia tecnica che riabilitativa, e viene rilasciato al paziente che dovrà poi svolgere le attività complementari per ottenere l’autorizzazione alla prestazione da parte del sistema sanitario regionale e delle Asp con eventuale spesa a carico proprio per tutta quella componentistica”.

“Riguardo a ciò, esiste un tariffario ma a breve dovrebbe essere attivata una rimodulazione, sia per le attività specialistiche ambulatoriali e che per l’assistenza protesica, in quanto alcuni costi ricadono sulle persone. L’attuale nomenclatore è fermo al 1999 con tutta l’obsolescenza che ne consegue sulla parte di componentistica protesica. Il ‘nuovo’ nasce nel 2017 anche se è un lavoro del 2008 e di conseguenza, nasce già vecchio. La ricerca nella componentistica protesica infatti, ha una capacità di trasformazione molto rapida e ciò aggrava la spesa a carico del paziente se vuole avere un aggiornamento tecnologico”.

La costruzione di una protesi

“Non ci sono tempi standard – spiega Teti – ma possono passare da pochi giorni a una settimana. Naturalmente il tutto deve essere visto in maniera più completa perchè ogni fase deve essere inserita in un contesto non a sé stante, ma molto più ampio dove ogni singola lavorazione viene eseguita a seguito di altri step di sviluppo. Indicativamente per una protesi di gamba, si aggirano intorno alle 16-18 ore; per quelle un pò più complesse, circa 72 ore lavorative. In questa struttura abbiamo erogato circa 400 prestazioni protesiche l’anno”.

Si ringrazia per le informazioni e la collaborazione la dott.ssa Simona Amadesi – Responsabile Area comunicazione istituzionale e ufficio stampa.

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