Fisco, la Calabria è la regione più povera d’Italia: oltre il 77% dei contribuenti sotto la media nazionale

Secondo i dati della CGIA, il divario tra Nord e Sud resta abissale. In Calabria quasi 8 contribuenti su 10 dichiarano meno di 24.830 euro l’anno. Pressione fiscale in aumento, ma ricchezza e redditi fermi al palo

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ROMA – La Calabria si conferma, ancora una volta, il fanalino di coda del Paese in termini di reddito e pressione fiscale. A evidenziarlo è uno studio della CGIA di Mestre, che analizza l’Irpef netta dichiarata dai contribuenti italiani nel 2023. I dati, impietosi, fotografano un’Italia spaccata in due: da un lato le aree metropolitane del Nord, sempre più ricche e tassate; dall’altro il Mezzogiorno, dove il peso fiscale è più leggero ma i redditi rimangono drammaticamente bassi. La Calabria, in questo contesto, rappresenta la situazione più critica.

Secondo l’analisi, il 77,7% dei contribuenti calabresi (pari a 919.009 persone fisiche) ha dichiarato un reddito inferiore alla media nazionale, che nel 2023 si attestava a 24.830 euro. È la percentuale più alta d’Italia, e segnala una condizione di fragilità economica strutturale, che nessuna politica redistributiva o fiscale sembra riuscire a correggere.

Redditi bassi E tasse “leggere”: un vantaggio?

A differenza delle province settentrionali – come Milano, dove il reddito medio è di oltre 33.600 euro, o Bologna e Monza che superano i 29.000 – le province calabresi non figurano nemmeno tra le prime 40 per ricchezza dichiarata. La pressione fiscale in regione è tra le più basse d’Italia in termini assoluti, ma questo non è un segnale positivo: il prelievo fiscale è proporzionato a redditi che restano molto lontani dagli standard nazionali. Le difficoltà del tessuto economico locale – segnato da disoccupazione cronica, emigrazione giovanile e debolezza del settore privato – si riflettono inevitabilmente anche nelle dichiarazioni fiscali. E a pagarne le conseguenze non sono solo i cittadini, ma anche la sostenibilità dei servizi pubblici, che in regioni come la Calabria si reggono sempre più spesso su trasferimenti statali e risorse emergenziali.

L’indagine della CGIA sottolinea come la forbice tra Nord e Sud sia destinata ad allargarsi, anche in termini di pressione fiscale. Nel 2025, secondo le stime contenute nel Documento di economia e finanza (DEF), la pressione fiscale nazionale salirà al 42,7%, con un lieve aumento rispetto al 2024. Una crescita non determinata da nuove tasse, ma dall’effetto combinato di misure economiche introdotte negli ultimi mesi.

Tuttavia, questo incremento colpisce in modo diseguale: se a Milano il prelievo Irpef medio supera gli 8.800 euro a contribuente, a Roma si attesta a 7.383, mentre in Sardegna – regione che precede la Calabria nelle ultime posizioni – si ferma a 3.619 euro. In Calabria, il dato è addirittura più basso, anche se non specificato nei dettagli, a conferma di una marginalità sempre più marcata.

I dati della CGIA riaccendono il dibattito sul tema della giustizia fiscale e in un contesto in cui il Sud produce meno ricchezza e riceve meno risorse in rapporto al numero di contribuenti, si fa sempre più urgente l’esigenza di un patto fiscale territoriale che tenga conto delle diseguaglianze storiche e strutturali.

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