Cosenza calcio, la protesta degli steward «avanziamo decine di partite, fuori i soldi» – FOTO – VIDEO

Casacca gialla da lavoro e fischietto in bocca gli steward che hanno lavorato per le partite del Cosenza Calcio sono scesi in piazza questo pomeriggio per chiedere le spettanze relative ai servizi epitetati

COSENZA  – Detto fatto. Casacca gialla da lavoro e fischietto in bocca, come promesso gli steward che hanno lavorato per le partite del Cosenza Calcio, sono scesi in piazza questo pomeriggio per un sit-in di protesta a Piazza Kennedy. Chiedono le spettanze relative ai servizi espletati in occasione delle partite della squadra rossoblu. Parliamo di retribuzioni che vanno da ottobre 2023 a maggio 2024.

La società: «55 su 65 hanno aderito al piano di rientro»

Da una parte la società che si sta muovendo per cercare risolvere la situazione. Il club, presieduto oggi dall’Amministratore Rita Rachele Scalise, dopo aver convocato i lavoratori, ha fatto sapere che «su 65 steward che avanzavano spettanze, in 55 hanno aderito al piano di rientro proposto dalla società per avere quello che gli spetta».

Cori contro Guarascio «stanchi delle promesse: meritiamo rispetto»

Dall’altra parte ci sono i lavoratori, che si sono detti stanchi di una serie di promesse e di nessun atto concreto da mesi. Come detto, almeno una sessantina gli steward che hanno prestato servizio allo stadio “San Vito – Marulla” durante la scorsa stagione e che aspettavano di essere pagati; chi per poche partite, chi addirittura per 15 gare. Cori e urla rivolte soprattutto al Presidente Guarascio: «Questi sono tutti i soldi che avanzo da questi signori, messi nero su bianco. Qui ho tutta una serie di partite di cui avanzo soldi – ha detto uno steward – e la società voleva pagarmene una sola per darmi il contentino. Avanzo 2.400 euro ben 15 partite tra 11 gare del Cosenza in Serie B, nazionale e turni notturni. Ora basta voglio i miei soldi».

Un altro steward spiega: «Non ci sono stati pagati nemmeno i servizi di pulizia all’interno dello stadio. Siamo stati chiamati a lavorare nei giorni festivi, a Santo Stefano, la sera e non ci siamo mai tirati indietro. È svilente dover elemosinare quello che è un nostro diritto». 

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