COSENZA – Hanno già preso servizio nei 15 Centri per l’impiego sparsi in tutta la regione. Si tratta dei primi 258 neo-assunti e vincitori del concorso che ne prevede in totale oltre 530 previsti dal bando della Regione Calabria dello scorso anno, per il rafforzamento dei CPI regionali. Di questi, 487 saranno assunti a tempo indeterminato e 81 a tempo determinato. In particolare 456 unità andranno a rafforzare il personale amministrativo e 81 il personale in servizio con specialisti in servizi per il lavoro, informatici, analisti e specialisti nella comunicazione.
Una trentina nei centri per l’impiego della provincia
Dei 258 già operativi, una trentina sono andati a potenziare le 4 sedi ubicate in provincia di Cosenza: Paola, Castrovillari, Corigliano-Rossano e ovviamente il capoluogo Bruzio. Un investimento importante e atteso, che dovrà dare linfa vitale ad un ufficio pubblico chiamato a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro oltre a promuovere interventi di politica attiva del lavoro dei cittadini.
La Regione ha investito quasi 40 milioni di euro, non solo in risorse umane ma anche dal punto di vista infrastrutturale. Dalla ristrutturazione degli immobili o alla loro manutenzione all’acquisto di arredi. Dal miglioramento degli spazi alla digitalizzazione dei servizi e dematerializzazione dei documenti, fino al potenziamento dell’Osservatorio regionale del mercato del lavoro calabrese, per mettere a disposizione dei centri per l’impiego, quelle informazioni nodali per incrociare domanda e offerta.
Vibo riapre, uffici di Cosenza ancora chiusi al pubblico
Intanto, mentre la nuova sede di Vibo Valentia è stata finalmente riaperta e inaugurata lunedì scorso nei locali di Palazzo Gemini, che in passato ha ospitato anche gli uffici territoriali della Regione Calabria, a Cosenza si sta ancora lavorando per cercare una nuova ubicazione. La sede utilizzata negli uffici situati nel complesso della stazione ferroviaria di Vaglio Lise, infatti, è chiusa al pubblico dal 25 maggio del 2021, perché non più adeguata sul piano strutturale e nemmeno per l’ampiezza degli spazi.
Un disagio non indifferente per i cittadini, visto che l’ufficio di Cosenza è focale rispetto alle sedi periferiche e gestisce l’utenza più grande di tutta la provincia, costituita da circa 330 mila abitanti. Prima della pandemia, la media era di 170 accessi giornalieri per il disbrigo di pratiche burocratiche, la ricerca di un’occupazione e tutti i servizi essenziali nell’ambito delle politiche attive in materia di collocamento ordinario e obbligatorio.
Asset Regione-Comune: nascerà un ‘Palazzetto del lavoro’
Al momento di certo c’è che il Comune di Cosenza (vecchia e nuova amministrazione), da quel 25 maggio 2020 non è riuscito a trovare una sede adeguata che abbia consentito la riapertura al pubblico, nonostante le numerose sollecitazioni e le proposte, andate a vuoto, di due immobili cittadini. Per adesso tutti i dipendenti di Cosenza e i nuovi arrivati, sono ospitati (temporaneamente) in un piano all’interno del Palazzo degli Uffici vicino la stazione di Cosenza. Una sede assolutamente provvisoria che, ovviamente, è chiusa al pubblico visto che si continua a lavorare solo in smart working con servizi erogati esclusivamente ai cittadini per via telematica.
Le novità sono nelle interlocuzioni costanti avvenute tra Comune e Regione per trovare una soluzione nel più breve tempo possibile. È stato stilato un cronoprogramma che dovrebbe, si spera, portare il più presto possibile all’apertura di quello che sarà un vero e proprio “Palazzetto del lavoro”. Una struttura efficiente, moderna, tecnologica e che rispetti tutti gli standard di sicurezza consoni ad una sede importante e centrale come quella dovrà avere Cosenza.
Anche perché, tra fine aprile e metà maggio, arriveranno ulteriori unità lavorative riservate alle categorie protette, mentre tra giugno e luglio sarà espletata un’ulteriore procedura per centinaia di funzionari, categoria D, per dare seguito a quanto previsto nel decreto del Milleproproghe.
Dal Reddito a Mia: il ruolo dei centri per l’impiego
Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare dei Centri per l’impiego e della loro funzione a supporto dei cittadini. Con l’introduzione nel 2019 del Reddito di cittadinanza, voluto dall’allora Governo Conte 1, abbiamo imparato anche a conoscere la nuova figura professionale prevista dal decreto. Parliamo dei famigerati Navigator.
Oltre seimila tutor del reddito di cittadinanza assunti come collaboratori da impiegare subito per dar manforte ai Centri per l’impiego. Sarebbe dovuta partire anche un’intensa attività di profilazione effettuata dall’Anpal all’interno dei Centri. I navigator dovevano tracciare l’identikit dei titolari del Reddito presi in carico dai centri per l’impiego e guidare i percettori nell’attività di ricerca di una nuova professione.
Le politiche attive del lavoro
Ma i risultati non sono stati quelli sperati, visto che tra i poco più di 2,5 milioni di percettori del Reddito di cittadinanza in età lavorativa, tramite e centri per l’impiego avrebbero trovato occupazione poco più del 5% del totale. Nonostante le numerose proroghe, la figura del navigator è stata eliminata per sempre. Mentre il Reddito di cittadinanza sta per essere sostituito dalla Mia, misura voluta dal Governo Meloni.
Obiettivo è spostare il perno dalla sfera assistenzialista verso la funzione di supporto alle politiche attive del lavoro, aiutando i disoccupati a trovare un impiego e migliorare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro con una piattaforma nazionale sotto la regia del ministero del Lavoro. E qui i centri per l’impiego diventeranno ancora più centrali.
Circa 2 imprenditori su 3 (64,4%) sono d’accordo a lasciare ai Centri per l’impiego l’arduo compito di aiutare i cittadini nella ricerca del lavoro, innanzitutto perché ai centri per l’impiego “si darebbero finalmente da fare” concentrandosi in verità sulla funzione e sull’attività principale, ossia favorire e realizzare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (promozione dei profili professionali, individuazione opportunità occupazionali, ecc.). Tale risposta in realtà lascia trasparire da parte degli intervistati un atteggiamento piuttosto critico verso i centri per l’impiego che sono visti come strutture non “al passo con i tempi”. Una convinzione questa confermata anche dal loro bassissimo utilizzo da parte delle imprese come canale di ricerca del personale.