REGGIO CALABRIA – Un imprenditore del settore della distribuzione di carburanti ha trovato il coraggio di opporsi alle pressioni della criminalità organizzata e ha denunciato. La sua scelta ha innescato un’indagine che ha portato, nella tarda mattinata di ieri, all’arresto di due cittadini reggini accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L’invito a “mettersi a posto”
L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e condotta dalla Squadra Mobile, ricostruisce mesi di intimidazioni e minacce subite dall’imprenditore, iniziate nell’agosto 2024, quando i due indagati lo avrebbero avvicinato “invitandolo” a mettersi a posto con i referenti della ‘ndrangheta locale, facendo esplicito riferimento a un noto casato mafioso egemone nel territorio.
Poco dopo, l’”invito” si sarebbe trasformato in una chiara intimazione a non aprire l’impianto di distribuzione, ritenuto “di interesse” per la consorteria criminale. Ma la vittima non ha ceduto: ha deciso di proseguire nel suo progetto imprenditoriale, attirandosi ulteriori minacce.
120mila euro per “l’offesa alla famiglia”
Nel mese di ottobre, secondo gli inquirenti, uno degli indagati avrebbe chiesto 120.000 euro come compensazione per “l’offesa” arrecata alla famiglia mafiosa, minacciando apertamente l’uomo. In quella stessa fase, si sarebbe verificato anche un pedinamento fino all’abitazione della vittima, in un chiaro gesto intimidatorio.
Le pressioni non si sono fermate: a novembre l’imprenditore ha subito il furto di alcune telecamere di sorveglianza installate per la propria sicurezza. Infine, uno degli arrestati avrebbe occupato fisicamente l’area del distributore, piazzando un veicolo e un gazebo per la vendita di frutta, bloccando di fatto l’attività commerciale.
A fronte di questa escalation, la vittima si è rivolta alla Squadra Mobile che, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, ha avviato un’indagine approfondita. Sebbene la denuncia iniziale non abbia fornito elementi decisivi per identificare subito i responsabili, gli investigatori sono riusciti a ricostruire i fatti, raccogliendo gravi indizi di colpevolezza. Sulla base di questi elementi, il GIP del Tribunale di Reggio Calabria ha accolto la richiesta della Procura, disponendo per entrambi gli indagati la custodia cautelare in carcere.