REGGIO CALABRIA – Dalle prime ore di oggi 4 ottobre, i Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei militari di Catanzaro, Pescara, Bologna, Brindisi e Roma stanno eseguendo una misura cautelare in carcere nei confronti di 23 soggetti, già sottoposti alla misura degli arresti domiciliari ed imputati nel processo scaturito dall’operazione Eureka.
Lo scorso 1 ottobre il Tribunale di Reggio Calabria ha pronunciato sentenza di primo grado, nel corso del rito abbreviato, nei confronti di 83 imputati, condannandone 76 e assolvendone 7.
Per 23 di questi, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, l’Ufficio del GIP, valutando sussistenti le esigenze cautelari, ha emesso ordinanza di aggravamento della misura cautelare, da quella degli arresti domiciliari a quella più afflittiva del carcere.
L’operazione “Eureka”
Era scattata all’alba del 3 maggio 2023 quando i Carabinieri eseguirono quattro collegati provvedimenti cautelari nei confronti di 108 soggetti, indagati a vario titolo per associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (con l’aggravante della transnazionalità e dell’ingente quantità), produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, detenzione/traffico di armi anche da guerra, riciclaggio, favoreggiamento, procurata inosservanza di pena, trasferimento fraudolento di valori e altri reati.
Vennero inoltre eseguiti provvedimenti di sequestro preventivo di società commerciali, beni mobili e immobili del valore di circa euro 25 milioni, localizzati in Italia, Portogallo, Germania e Francia.
L’indagine della Dda di Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, si era sviluppata nell’ambito di due Squadre Investigative Comuni, una intercorsa tra la DDA di Reggio e le Procure tedesche di Monaco I, Coblenza, Saarbrücken e Düsseldorf e l’altra tra la DDA di Reggio Calabria, l’Ufficio del Giudice Istruttore presso il Tribunale di Limburg ed il Procuratore Federale di Bruxelles coordinate da Eurojust.
Importantissimo si era rivelato lo strumento delle Squadre Investigative Comuni che, anche grazie alla autorevolezza ed alla fiducia verso la Dda di Reggio in ambito europeo, aveva consentito di svolgere contemporaneamente ed in collegamento le indagini nei vari Paesi, con acquisizione in tempo reale degli elementi indiziari risultanti nelle distinte indagini.
Ed infatti, in contemporanea all’operazione Eureka le autorità giudiziarie belghe e tedesche avevano eseguito rispettivamente 15 e 24 provvedimenti restrittivi, emessi dalle locali autorità, a carico di ulteriori indagati per reati in materia di narcotraffico e riciclaggio.
Nirta e Strangio
L’indagine condotta dall’Autorità Giudiziaria reggina era stata avviata nel giugno 2019 a seguito di raccordi tra l’Arma e la Polizia federale belga che stava investigando su alcuni soggetti riferibili alla cosca “Nirta” di San Luca (RC) attiva a Genk (BE), dedita, tra l’altro, al narcotraffico internazionale.
Le attività dell’Arma – inizialmente orientate verso la famiglia “Strangio fracascia” di San Luca, riconducibili ai “NIRTA” – erano state progressivamente estese a diverse famiglie del medesimo centro aspromontano, interessando anche la locale di ‘ndrangheta di Bianco, nel cui ambito erano stati ricostruiti gli assetti interni, numerose condotte relative ad acquisto di cospicue quantità di cocaina per il mercato locale (non concretizzatesi per mancanza di accordo con i fornitori), di detenzione e porto di armi da guerra, rese clandestine, di reinvestimento di capitali illeciti in attività imprenditoriali – sia in Italia che all’estero – in particolare nei settori della ristorazione, del turismo e immobiliare.
Tre associazioni per il traffico di droga
Quanto al traffico internazionale di stupefacenti era emersa l’operatività di tre associazioni contigue alle maggiori cosche del mandamento jonico reggino, con basi operative in Calabria e ramificazioni in varie regioni italiane e all’estero. Le tre consorterie, anche in sinergia tra loro, si rifornivano direttamente da organizzazioni colombiane, ecuadoregne, panamensi e brasiliane, risultando in grado di gestire un canale di importazione dal Sud America all’Australia, ove il prezzo di vendita dello stupefacente risulta sensibilmente più alto rispetto al mercato europeo.
Numerosi erano stati gli episodi di importazione via mare censiti (nei porti Gioia Tauro, Anversa e Colon), che permisero di accertare che, tra maggio 2020 e gennaio 2022, erano stati movimentati oltre 6.000 kg di cocaina, dei quali più di 3.000 kg oggetto di sequestro: i flussi di denaro riconducibili alle compravendite dello stupefacente venivano gestiti da organizzazioni composte da soggetti di nazionalità straniere, specializzati nel pick-up money, o da spalloni che spostavano denaro contante sul territorio europeo. Le movimentazioni di denaro hanno interessato Panama, Colombia, Brasile, Ecuador, Belgio e Olanda.