PAOLA (CS) – Il 4 maggio è una data scolpita nel cuore e nella memoria dei calabresi perché è il giorno in cui si celebra San Francesco di Paola. Il Santo protettore della Calabria, dei poveri, l’eremita dalla vita piena di prodigi e protettore delle genti di mare. La festa liturgica ufficiale sia il 2 aprile (in occasione della sua nascita), la tradizione popolare e culturale ha reso i primi giorni di maggio una ricorrenza irrinunciabile per i devoti in memoria di quel 4 maggio 1519 quando papa Leone X proclamò San Francesco di Paola Santo, dodici anni dopo la sua morte.
Così oggi, come da secoli, in ricordo della canonizzazione tantissimi fedeli hanno invaso le vie della città di Paola per partecipare alla processione, alle messe solenni e condividere gioia e spensieratezza in mezzo alle bancarelle della fiera. Una tradizione di Fede e Amore che prende vita ogni anno soprattutto a Paola, la cittadina del Tirreno cosentino che ha dato i natali al poverello di Calabria. La devozione per San Francesco di Paola non è solo questione di fede, ma rappresenta un vero tratto identitario. L’amato patrono della Calabria incarna i valori più profondi di questa terra: tenacia, umiltà e amore.
Il santo dei poveri, l’eremita dalla vita piena di prodigi e protettore delle genti di mare. Questo straordinario taumaturgo del secolo XV è una delle figure più rappresentative e più popolari della Chiesa cattolica. San Francesco di Paola era sempre a disposizione dei poveri e degli infermi di ogni tipo, tra i quali egli operò guarigioni prodigiose a favore di paralitici, di lebbrosi, di ciechi, di indemoniati e persino la resurrezione di ragazzo un morto, suo nipote Nicola, figlio della sorella Brigida. In modo speciale la sua azione caritativa era rivolta agli operai e alle vittime delle angherie e dei soprusi dei potenti che la giustizia non era in grado di contrastare.
La vita di San Francesco di Paola
La sua vita fu avvolta in un’aura di soprannaturale dalla nascita fino alla morte e la sua fama di santità si diffuse rapidamente attirando seguaci desiderosi di unirsi a lui nella sua vita di preghiera, sofferenza e penitenza. Nato a Paola il 27 marzo 1416, Francesco venne colpito da bambino da una forma grave d’infezione ad un occhio. I genitori lo affidarono all’intercessione di Francesco d’Assisi: in caso di guarigione il piccolo avrebbe indossato per un anno intero l’abito francescano. Perfettamente guarito, per sciogliere il voto entrò a 15 anni nel convento di S. Marco Argentano dove subito manifestò la sua propensione alla preghiera e forti doti di pietà. Al termine della sua permanenza in convento intraprese con i genitori un pellegrinaggio in cerca della vita religiosa più adatta a lui. Si recò ad Assisi, Montecassino, Roma, Loreto e Monte Luco. A Roma, turbato dallo sfarzo della corte papale commentò: “Nostro Signore non andava così”. Era il primo indizio della sua anima riformatrice.
La fama della sua santità si diffuse in tutto il regno di Napoli. La gente non si limitava più ad andare a Paola, ma invitava Francesco a recarsi nei loro paesi per fondarvi nuovi romitori. Cominciano così i viaggi dell’Eremita per la Calabria: a Paterno Calabro, a Spezzano, a Corigliano, dove fonda altri romitori che sono abitati dai suoi seguaci. Dopo i conventi della Calabria, San Francesco, per rispondere alle richieste della gente di Milazzo, si reca in Sicilia. Nel 1436 fondò l’Ordine dei Minimi, che si impegnava a vivere in povertà estrema, astinenza e preghiera continua. È il frutto della vita penitente e gioiosa di San Francesco di Paola, che con il suo stile di vita attrasse a sé quanti volevano servire Dio in semplicità di cuore e nel rinnovamento continuo della propria vita. In lui si può intravedere la gioia e lo splendore dell’onnipotenza divina. La fama di santità di Francesco si diffuse rapidamente: Nel 1452 giunse l’approvazione diocesana e la facoltà di istituire un oratorio, un monastero ed una chiesa. Gli stessi nobili di Paola, entusiasti dell’esperienza di Francesco, contribuirono come semplici operai alla costruzione degli edifici.
I miracoli di San Francesco: la polvere che diventa pane
Amato e cercato come guida spirituale, Francesco era anche considerato l’unica autorità in grado di opporsi ai soprusi della corte aragonese nel regno di Napoli, mettendosi a fianco dei poveri. Di questo narrano alcuni fatti prodigiosi a lui attribuiti come il mantello che solcò le acque dello stretto di Messina. Un barcaiolo si rifiutò di traghettare Francesco e compagni in Sicilia. Il santo stese allora il suo mantello sul mare e così poterono varcare lo stretto. Altro “carisma” attribuito al santo eremita fu la profezia, come quando previde che la città di Otranto sarebbe caduta in mano ai turchi nel 1480 e poi riconquistata dal re di Napoli.
Oppure il miracolo della polvere delle bisacce degli operai trasformata in pane. Era il 1464, anno di grave carestia, alcuni operai si dirigevano verso la piana di Terranova per trovare lavoro. In territorio di Galatro si imbatterono in San Francesco diretto in Sicilia. Questi chiese loro un po’ di pane ma essi erano a loro volta affamati e senza niente da mangiare. Allora Francesco disse: “Datemi le vostre bisacce, perché dentro c’è del pane”. Così fu: nelle povere sacche gli operai trovarono pane bianchissimo, caldo e fumante. E più ne mangiavano, più aumentava”.
Rientrato a Paola, iniziò un periodo di vita eremitica, in un luogo impervio compreso nelle proprietà familiari. Altri si associarono via via a questa esperienza, e sempre più numerosi, riconoscendolo presto come guida spirituale. Con i suoi, costruì una cappella e tre dormitori. Francesco si spense a Tours il 2 aprile 1507. La sua fama si diffuse presto in Europa attraverso i tre rami della famiglia Minima (frati, monache e terziari). Fu canonizzato il 1º maggio 1519, a soli dodici anni dalla morte, durante il pontificato di Papa Leone X, al quale aveva predetto l’elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino. Il 13 aprile 1562, alcuni ugonotti forzarono la sua tomba, e trovando il suo corpo incorrotto gli diedero fuoco. Le poche reliquie sono conservate nei conventi dei Minimi, fra cui Palermo, Milazzo e Paola.
“Voi, dunque, ammirate in S. Francesco soprattutto l’umiltà e la semplicità della vita, il rigore delle sue penitenze, la sua carità verso il prossimo, e molto più il suo amore verso Dio, da cui derivava, il suo taumaturgico potere. È giusto che la gente di mare stimi in alto grado tali virtù, poichè essa stessa è portata naturalmente alla semplicità e alla modestia, vive quasi di continuo fra le austerità e le durezze del lavoro, si comporta con coraggio nei pericoli, ed è dedita al servizio del prossimo. Ora, come potrete tramutare queste naturali disposizioni in altrettante virtù cristiane, feconde e meritorie per la vita, eterna? Il vostro Santo ve ne svela il segreto nel motto che leggete sotto le sue immagini e che Egli non si stancava di ripetere quale unico, ma bastevole messaggio della missione confidatagli da Dio sulla terra: « Charitas », quella carità che l’Apostolo S. Paolo pone a fondamento e vertice di ogni cristiana perfezione nel suo duplice oggetto, Dio ed il prossimo”.
Sua Santità Pio XII, XIX, Domenica, 16 giugno 1957