Corigliano, operazione Tribunale, le punizioni che non perdonano

Minacce e punizioni quasi mortali e di mutilazione. Il mondo dell’orrore viene spazzato via dall’azione incisiva dell’Arma e della Procura di Castrovillari

 

CORIGLIANO – Tutto inizia dal danneggiamento della macchina di un carabiniere dell’aliquota radiomobile che da tempo monitoravano la banda dello scalo. “L’11 aprile 2013 una pattuglia viene inviata in una via della città, in cui era stato segnalato un incendio. Giunti sul posto uno dei componenti della pattuglia constatava che l’incendio era divampato all’interno del cortile della propria abitazione e che la propria vettura alfa romeo 159 era in fiamme”.

 

Le punizioni, il Tribunale e la denuncia di Giuranna del 14 marzo del 2014

“Circa 4 anni fa si presentò a casa di mio padre “A vozza” il quale ha detto a papà di stare attento per me e mio fratello, dicendo che non dovevamo combinare guai altrimenti ci avrebbero bruciato tutto, compreso la macchina e la nostra abitazione e tagliato i giardini perché eravamo sospettati di essere autori di numerosi furti. E’ stato ordinato che sia io che mio fratello non dovevamo spostarci da nessuna parte, neanche a Spezzano albanese perché quello è il suo territorio. Un anno e mezzo fa Sabino ha ordinato a mio padre di picchiarmi davanti a lui poiché ero stato ritenuto colpevole di altri furti commessi sempre ad Apollinara. Mio padre mi ha chiesto se era vero ed ovviamente io ho detto di no e nonostante questo, Sabino ha forzato mio padre a picchiarmi.

Questa estate, è venuto a casa mia mio cugino il quale mi ha detto di recarmi con lui a casa di Arturi, nel suo capannone sul retro dell’abitazione. Durante il viaggio mi ha riferito che si trovavano lì tutti i pezzi grossi i quali volevano chiarire se mio cugino insieme a Bastone avesse fatto un furto ai danni di un parente di Solimando, al quale avevano rubato un motORe a nafta. Mio cugino ci aveva detto che era stato effettivamente lui insieme a Bastone ma non l’aveva mai ammesso per paura di essere puniti. Arrivato lì abbiamo notato Sabino V. che faceva la sentinella. All’interno c’era Giovanni Arturi, Filippo Solimando, Luigi Sabino seduti uno di fianco all’altro, tipo Tribunale. Al centro sedeva Filippo Solimando, giudici a latere Arturi e Sabino. Appena giunto ci siamo salutati tutti con una stretta di mano e poi mi hanno fatto sedere su una sedia davanti al “Tribunale”. A fianco a me seduto su un’altra sedia c’era mio cugino. Il processo è quindi iniziato con le accuse mosse da Arturi il quale puntava fisicamente il dito contro mio cugino contestandogli il furto al parente del compare Filippo. Mio cugino ha negato tutto. A me hanno detto di andare via e di non commettere furti e se avessi avuto bisogno di soldi di rivolgermi a loro che mi avrebbero detto come fare i furti. Mentre andavo via io Giuseppe Manna e il cognato Marco, forse per subire un altro processo

 

Il pestaggio di Loris, coltellate e una sedia spaccata in testa

Alle otto del mattino bussano alla finestra di Loris, era Alfonso “Votamenzullo”: “Lorisa apri che ti devo dire una parola”. Io mi sono alzato dal letto ed ho aperto la porta d’ingresso. Senza darmi il tempo di accorgermene sono entrati in casa Alfonso insieme ad altri due ragazzi, due cugini, che senza parlare hanno subito iniziato a picchiarmi. Mi hanno afferrato per le braccia bloccandomi ed imbracciando un coltello ciascuno hanno iniziato a sferrarmi dei fendenti. Uno mi colpiva alla coscia sinistra, l’altro a quella destra. Il terzo rimaneva lontano dai coltelli e appena mi lasciavano i due si avvicinavano e mi colpiva ripetutamente con schiaffi e pugni sul volto e prendendo una sedia la passava al cugino che me la scaraventava violentemente in testa. Accusavo un forte dolore e sentivo scorrere del sangue sulla faccia. Iniziavo a sanguinare vistosamente dalle gambe che mi erano state colpite dalle coltellate e iniziavo ad avere paura di morire. I tre si allontanavano a grande velocità”

“Il Giuran viene portato in questo capannone e lo processano. Se non ci fosse stato questo aver toccato qualcuno che stava più in alto, la cosa sarebbe rimasta circoscritta. C’erano episodi segnalati più volte dai carabinieri di persone che andavano in ospedale e si facevano refertare perché erano malmessi; simulavano altre cose e non dicevano il perché. E’ stato un lavoro di mettere insieme tutti questi dati. Poi hanno esagerato: c’è una conversazione emblematica che da segno della violenza e della tracotanza “se quello ha rubato con la mano gli si tira una martellata sulle mani. E gli si schiaccia la mano in modo che se va a rubare ancora gliela schiacciamo ancora fino a toglierla; si arrivava fino alle mutilazioni. Una sorta di attività punitiva”.

 

Questi sono solo alcuni degli innumerevoli episodi di violenza e pestaggi che hanno subito non solo la banda dello scalo ma anche le vittime delle estorsioni, delle rapine e dei furti. A delineare tutta l’operazione che ha debellato “un cancro” terribile che aveva ramificazioni violente e devastanti nella sibaritide da più anni costringendo la gente a sottostare al volere dell’associazione egemone del territorio imponendo guardianie, ditte a cui subappaltare lavori ed altro, i militari dell’Arma della compagnia di Corigliano insieme alla Procura della Repubblica di Castrovillari in una conferenza stampa tenutasi a Cosenza presso il comando provinciale dell’Arma. Ad illustrare le varie fasi il procuratore capo della Repubblica di Castrovillari Facciolla, il comandante provinciale dell’Arma Sutera, il sostituto procuratore Iantorno, il capitano della compagnia di Corigliano Calascibetta e il comandante del Norm che ha portato avanti l’attività investigativa, il tenente Della Queva.

 

Facciolla: “Dobbiamo riappropriarci del territorio”, “riacquistare la fiducia nelle Istituzioni”

 

9e0b91e9-5397-4c9d-97e8-4d2f8b9fd6a6«Sono state emesse misure cautelari diversificate che vanno dalle misure in carcera alle misure minori nei confronti dei soggetti che si sono resi responsabili in un arco temporale, che risale a qualche anno addietro, di condotte particolarmente gravi e cruente nella loro dinamica di consumazione. Si tratta di due contesti completamente diversi che interagiscono, soprattutto l’una sovrasta l’altra in questo contesto. Una serie di reati contro il patrimonio prevalentemente ma con metodiche di particolare allarme sul territorio anche nel contesto della criminalità locale. Vengono consumati furti in appartamento, rapine, violenza nei confronti di persone di Corigliano e tra questi soggetti viene colpito un parente di Filippo Solimando che è noto alle cronache per passati di vicende giudiziarie di criminalità organizzata e in questo contesto scatta un’azione di rappresaglia violenta nei confronti di questa banda dedita a rapina e fatti riguardanti reati contro il patrimonio.

Nel corso di questa attività abbiamo verificato come sul territorio purtroppo c’era una sorta di controllo generalizzato che partiva dall’alto, ossia di fenomeni di più ampio respiro che non sono di nostra competenza, probabilmente consolidati nel corso degli anni. Organizzazioni mafiose che controllavano le dinamiche del territorio. Questa banda che operava verosimilmente è entrata in conflitto con le dinamiche di queste organizzazioni più ampie e quindi noi abbiamo documentato tutto attraverso servizi di intercettazione che venivano picchiati selvaggiamente a scopo punitivo e repressivo di quello che erano le responsabilità per i fatti commessi in precedenza e da lì si è sviluppata tutta l’attività d’indagine. Quello che è emerso è che ad un certo punto, uno dei soggetti che viene colpito, in 24 ore subirà due aggressioni violentissime, uno al mattino e l’altra nel pomeriggio, a rimarcare qual era il comportamento da non tenere più mentre dovevano allinearsi ad altre logiche; questa persona decide di affidarsi ai carabinieri e raccontare cosa stava succedendo. Noi documentiamo sostanzialmente chi veniva sospettato di essere l’autore di determinati crimini contro il patrimonio non consentito dall’organizzazione madre, veniva portato davanti ad una sorta di Tribunale in cui sedeva il Solimando come presidente del Tribunale, secondo la descrizione della persona e a latere altri due sodali che, dopo l’interrogatorio e la contestazione al soggetto, infliggevano anche la condanna che poi veniva eseguita con queste spedizioni punitive particolarmente gravi nelle loro dinamiche. In parallelo registriamo le conversazioni degli autori di questi furti in appartamento; commentavano e si dicevano preoccupati di quello che stava accadendo, a seconda le varie situazioni e in parallelo a queste conversazioni, prendiamo gli altri soggetti che erano i responsabili della squadra punitiva che davano lezioni di comportamento ai sodali con i quali si relazionavano. E quindi dicevano “tu gli devi dare l’esempio”, “comincia a rompergli un osso”, “comincia a rompergli un braccio, a spezzargli una gamba”, una descrizione di quella che era la punizione da infliggere. I fatti sono particolarmente gravi e soprattutto, nel pieno dell’attività di indagine queste persone non esitano a colpire in qualche modo direttamente lo Stato con un attentato incendiario nei confronti di un maresciallo dell’Arma dei carabinieri impegnato a fare il suo servizio ordinario.

Questo denota purtroppo che da quando mi sono insediato ho cercato di conoscere quelle che erano le dinamiche sul territorio con i vertici delle forze dell’ordine, il comandante è arrivato in tempi più recenti ma l’Arma dei Carabinieri sta dando il suo prezioso contributo  in questa direzione: dobbiamo riappropriarci del territorio. E’ un territorio drammaticamente occupato nel corso degli anni da criminalità organizzata e disorganizzata. Nel caso di specie vediamo interagire soggetti che fanno parte di criminalità locale con soggetti di più ampio respiro. Allora l’importanza è questo: se si colpisce un appartenente alle Istituzione ritenuto responsabile di fare il proprio lavoro perché facevano controlli, relazioni, ecc. evidentemente è un attacco diretto allo Stato che non può essere tollerato. Questo lo rimarco perché la nostra non è un’attività di facciata; noi siamo qui non per la figurina sul giornale domani mattina, ma perché crediamo che questo territorio deve riacquistare la fiducia nelle Istituzioni. Le forze dell’ordine sono impegnate quotidianamente con i mezzi, pochi, scarsi, insufficienti, però ci siamo. C’è la Procura, c’è l’Arma dei Carabinieri, c’è il comando di Corigliano che si avvale di preziosi conoscitori di zona, collaboratori che sono davvero insostituibili e a cui va il mio ringraziamento quotidiano per quello che fanno, diretti da ottimi ufficiali. E’ una sinergia operativa che sta cominciando a dare i suoi risultati. Questi sono fatti che risalgono a qualche anno addietro. C’è stato un momento di trasferimento di carte da un ufficio all’altro e Filippo Solimando era già coinvolto in operazione come Galassia, ed altre della sibaritide. Parliamo di soggetti che sono notoriamente mafiosi da diversi anni con sentenze passate ingiudicato. E questo ha fatto sì che c’è stato uno scambio relazionale con la procura distrettuale finchè gli atti sono stati rimessi al mio ufficio ritenendo che non fossero atti di competenza della Distrettuale. Purtroppo i nostri passaggi non sono tempestivi. Inoltre si è reso necessario riattualizzare queste condotte consumate nel periodo 2013 – 2014; sostanzialmente hanno avuto uno strascico anche in tempi recenti e noi abbiamo aggiunto questi dati in modo da riattualizzare per poter dimostrare che questa gente non aveva smesso di commettere questi reati ma si era ancora più stratificata sul territorio.

 

Sutera, “la riaffermazione quotidiana della presenza dello Stato”
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