Senza sussidi giovane ritenuta tra i casi più gravi della Regione. In quattordici mesi Regione Calabria ed Asp non sono riuscite ad affidare i fondi alle famiglie
COSENZA – “La Regione Calabria e in particolare la dirigente del settore Politiche Sociali devono vergognarsi”. Lo sfogo arriva da una madre che da 40 anni assiste sua figlia. “Non so cosa significhi avere del tempo libero, – spiega la donna – la mia vita finora l’ho spesa, con amore e dedizione, per Vincenzina. Tra casa, ospedali, studi medici e farmacie. Con il passare del tempo anche mio marito si è ammalato e io, avendo una certa età, non ho più la forza per assistere entrambi. Mia figlia è stata ritenuta, con una delibera firmata dall’allora dirigente Antonio Bonura, tra i casi di disabilità più gravi della Calabria. E’ allettata, con l’ossigeno, pesa due quintali e per lavarla devo fare sforzi enormi. Non abbiamo la possibilità economica di pagare una donna che possa aiutarci per questo motivo quando nell’aprile 2017 è stato pubblicato il Bando per disabili gravissimi abbiamo partecipato credendo potesse darci una boccata d’ossigeno”. Il bando a cui la signora disoccupata ha partecipato è finanziato con 386mila euro dalla Regione Calabria (delibera n. 364 del 2016) ed è stato pubblicato sull’albo pretorio dell’Asp di Vibo Valentia.
Prevede sussidi per persone affette da disabilità gravissime con l’erogazione di un contributo di 600 euro mensili (fino ad esaurimento del fondo) da destinare a chi necessita di assistenza continuativa nelle 24 ore per l’acquisto di servizi di cura. L’iter è partito dal settore Politiche Sociali della Regione Calabria cui dirigente, Rosalba Barone, risulta irreperibile da una settimana. “In quattordici mesi – tuona la madre di Vincenzina – la Barone non è stata in grado di affidare i fondi alle famiglie. Neanche le graduatorie sono state pubblicate. Quello che chiedo alla dirigente è solo di fare il suo lavoro. Altrimenti sarò costretta a denunciarla insieme al suo staff per le inadempienze nei confronti delle funzioni per cui riceve un lauto stipendio pagato con i soldi di noi cittadini. Ricordo che quello che lei gestisce è denaro pubblico che va destinato agli aventi diritto. Cosa aspettano che i nostri figli muoiano?”.
LA RISPOSTA DALLA REGIONE CALABRA
La dirigente del settore Politiche Sociali a poche ore dalla pubblicazione dell’articolo ha contattato la redazione per esporre la propria versione dei fatti. “Qui in Regione lavoriamo dalla mattina alla sera per garantire i servizi ai cittadini. Quando io sono arrivata – spiega Rosalba Barone – il bando era già stato fatto. I soldi erano stati trasferiti alle Asp che avrebbero dovuto fare le graduatorie, io non c’entro. Sono le Asp che hanno trovato difficoltà a selezionare gli aventi diritto date le numerose domande che sono pervenute. Per chiarire alcuni aspetti abbiamo fatto una riunione con tutte le Asp (Cosenza, Crotone, Catanzaro, Reggio Calabria e Vibo Valentia) dove loro hanno esposto tutte le problematiche. Ho scritto ai direttori generali per stimolare le Unità di Valutazione Multidisciplinare affinché mandassero le loro valutazioni alle commissioni che presso le Asp di ogni provincia erano state istituite per selezionare gli ammalati che hanno diritto al sussidio. Ho chiarito anche che se il paziente nel frattempo è deceduto, deve essere corrisposto l’assegno dal momento della domanda per tutto il periodo in cui era in vita. Dal 10 Giugno devono iniziare a pubblicare le graduatorie e poi fare le erogazioni a tappeto, non si può trovare nessuna scusa. Ho diffidato le aziende che se non provvedono ai pagamenti devono restituirci i fondi. I tempi per l’invio degli assegni non dipendono da me anche se sono la dirigente alle Politiche Sociali, io non posso fare altro che stimolare e monitorare sono le Asp che pagano. Non mi pare che da parte mia c’è stato alcun blocco, anzi ho provato a sbloccare la situazione”. A partire dalla pubblicazione delle graduatorie, che teoricamente avverrà intorno al 10 giugno, dovranno trascorrere per l’effettiva erogazione degli assegni almeno sessanta giorni: i primi trenta giorni entro i quali chi è stato escluso può presentare eventuali ricorsi, gli altri trenta per valutarli.