VIBO VALENTIA – E’ successo veramente di tutto ieri in Tribunale a Vibo dove si celebra il processo Libra contro il clan Tripodi.
Un testimone di giustizia si è presentato nel Palazzo di Giustizia dove doveva deporre, armato di pistola e presentandosi agli agenti per fare presente la circostanza ha dichiarato di averlo fatto per sicurezza personale, avendo compiuto il viaggio da solo. L’uomo, Pietro Di Costa, testimone di giustizia nel processo “Libra” contro le cosche di ‘ndrangheta del Vibonese, è stato portato in Questura a deporre l’arma e poi nuovamente in Tribunale, dove ha deposto. Di Costa, ex titolare di un istituto di vigilanza, in passato si era reso protagonista di varie in iniziative di protesta per lamentare una scarsa tutela nei suoi confronti da parte dello Stato e ieri, dopo avere rifiutato, per motivi che non ha specificato, di essere accompagnato in tribunale dai carabinieri, ha preso l’auto e da solo ha raggiunto Vibo partendo da Tropea.
Altro caso è quello di un imprenditore che ieri ha ritrattato le sue accuse contro il clan messe a verbale lo scorso anno dinanzi ai carabinieri nei confronti del clan vibonese e si e’ trincerato in una serie di “non ricordo”. Sara’ la Procura distrettuale di Catanzaro ed in particolare il pm della Dda, Pierpaolo Bruni, a dover valutare le dichiarazioni rese in aula dall’imprenditore di Vibo Marina, parte lesa nel processo. Invitato per ben sei volte dal presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, Lucia Monaco, a dire la verita’ poiche’ la legge punisce i testi falsi o reticenti, alla fine della posizione lo stesso Tribunale ha disposto la trasmissione dell’intera deposizione dell’imprenditore P. M., titolare di un chiosco per la vendita di gelati a Vibo Marina, alla Procura per le valutazioni di competenza. Dopo aver ricostruito a verbale dinanzi ai Carabinieri i danneggiamenti, le minacce e le estorsioni subite negli anni dal clan Tripodi, l’imprenditore ha infatti stamane in aula negato ogni accusa nei confronti degli imputati aggiungendo di aver passato anni di “inferno” e di essersi inventato tutto poiche’ “disperato” dopo ben due attentati contro la propria attivita’ commerciale.
A confermare le accuse, invece, il collaboratore di giustizia Domenico Cricelli, che ha parlato degli accordi di diversi Comuni vibonesi con il boss Francesco Mancuso per l’aggiudicazione degli appalti pubblici.