COSENZA – “Gli Ori di Cosenza”: piccole grandi storie del passato emergono dalla conservazione e dal recupero dei gioielli più o meno pregiati che i fedeli hanno donato alla chiesa cosentina tra ‘800 e ‘900. Un tesoro che da oggi è visibile a tutti, almeno in parte, con 66 pezzi selezionati dopo la ripulitura ed esposti nella cappella dell’Assunta all’interno della Cattedrale di Cosenza.
Una cappella interna dove si trova pure la copia dell’icona della Madonna del Pilerio realizzata in una notte, negli anni ’80 del secolo scorso, da padre Lorenzo durante il restauro dell’originale, mentre la cornice dello stesso quadro e le due distinte corone regali delle statue della Madre e del bambino che in genere si vedono in processione, ora sono poste qui sull’altare a portata di sguardo e risalgano invece al 1855.
Gli ori di Cosenza in una mostra unica
Un intreccio di date, racconti, rievocazioni, risultato dell’apertura delle scatole che custodivano gli ex voto in oro e gemme che adesso danno vita alla mostra dal titolo “L’Oro di Cosenza”, inaugurata questa mattina, ed accessibile al pubblico fino al prossimo 28 giugno (dal lunedì al sabato, la mattina dalle 8.30 alle 12.30). Questa mattina, dunque, il breve saluto da parte del vescovo monsignor Giovanni Checchinato, le foto di rito alla presenza delle autorità istituzionali e militari, e l’entusiasmo degli studenti dell’Istituto Marconi-Guarasci di Cosenza ad indirizzo oreficeria che sono stati coinvolti attivamente nel progetto partecipando alla catalogazione dei singoli pezzi, affiancati dai loro docenti e dai maestri orafi di Scintille.
Tra loro, c’è chi vuole diventare creatore di gioielli e chi di orologi, e questa esperienza si è rivelata importante per accrescere una passione che si tramuterà appunto in un mestiere. ”Il valore più bello della mostra – ha sottolineato Don Luca Perri, rettore della Cattedrale, sta in ciò che non si vede, il frutto della sofferenza che si è tramutato in gioia. Ci sono due livelli – ha aggiunto – quello della preziosità spirituale che non vediamo ma di cui questi oggetti sono memoria, ed il valore in sé dei gioielli”.
Nelle parole di Sergio Mazzuca, maestro gioielliere e titolare di “Scintille”, si avverte l’emozione di aver contribuito ad un’attività unica. “Appena ho visto queste meraviglie – ha dichiarato Mazzuca – da cosentino, da calabrese, da credente è stato per me gratificante. Il valore di questi oggetti è inestimabile se si guarda al significato di cui sono portatori, non si può calcolare. Poi, ovviamente, si tratta di gioielli risalenti all’Otto ed al Novecento, produzioni artigianali come non se ne vedono più. Per chi fa questo lavoro, un’occasione davvero speciale”.
Sono produzioni in oro 9 carati, quello maggiormente usato nel diciannovesimo secolo, perché più morbido e più malleabile. Insomma, ori preziosi sia per le antiche manifatture e sia per una conseguente lettura socio-culturale, visto che erano stati offerti alla Madonna o ai Santi per una grazia, un voto, un ringraziamento. Famiglie che si privavano dei loro gioielli per ricevere magari una guarigione.
Come nel caso degli oggetti a forma di occhi donati a Santa Lucia in cambio di un miracolo per la propria vista. C’è il nucleo più profondo della tradizione della città di Cosenza in questa idea progettuale che non è ancora esaurita con questa mostra ma proseguirà con un’ulteriore analisi dei reperti da catalogare. “Sarebbe bello esporre anche le scatole di latta in cui li abbiamo trovati – si lascia scappare con un sorriso Don Luca – Quella dei biscotti Motta, ad esempio, è veramente bella”.