Amaco, storia di un’eterna cenerentola che prova a riassettare i conti e sogna il riscatto

La Municipalizzata è alla ricerca di una nuova dimensione: gli sprechi del passato e le conseguenze della pandemia. Fino allo scontro con Palazzo dei Bruzi

COSENZA – Al capolinea. Il 24 Sant’Ippolito-Borgo Partenope ha le porte spalancate. Testa poggiata al vetro e sguardo assorto, l’anziano passeggero aspetta l’inizio della corsa che lo accompagnerà a casa. Viaggia senza biglietto, tanto l’obliteratrice è rotta da un pezzo. Il giallo sbiadito della fiancata è un tuffo al cuore nella Cosenza degli anni sessanta quando, per le vie della città e fino alle contrade, comparivano i primi mezzi dell’Atac. La scritta Atam visibile in controluce racconta però una storia diversa e la suggestione lascia spazio alla realtà. Il costo del metano, che alimenta l’85% del parco autobus di Amaco, è passato dai 37 centesimi al chilo di un anno fa agli attuali cinque euro. Chiuso l’impianto interno (il fornitore è fallito e le tre gare successive sono andate deserte) tocca andare alla colonnina. La regola è: prima il bonifico, poi il rifornimento. I trentatré pullman che dalle quattro del mattino alle undici di sera percorrono in media 5.500 chilometri costano alle casse dell’azienda 3mila euro di metano al giorno.

Il bus a gasolio omaggio di Atam Reggio Calabria

Dalla sede di via Torrevecchia parte una richiesta d’aiuto indirizzata alle società di trasporto pubblico delle altre province calabresi: “Avete in deposito pullman dismessi che vadano a gasolio? Se ce li consegnate a titolo gratuito pensiamo noi a rimetterli a posto”. Nel 2003 il metano salvò l’azienda dalla bancarotta. Dopo vent’anni, il vituperato gasolio si prende l’agognata rivincita. Cosenza ringrazia e saluta Reggio Calabria: il 24 chiude le porte sgangherate e raggiunge la sua solita destinazione.

Intanto, più o meno alla stessa ora, in un altro angolo della città, la Circolare verde appare in lontananza come un miraggio e la signora seduta sotto alla pensilina di plexiglass fa pace col mondo. L’autista improvvisa una smorfia e alza le spalle: “Non è colpa mia. Il tragitto Campagnano-Centro storico, nelle ore di punta, richiede fino a un’ora e mezza di tempo”.

L’attesa della Circolare verde su viale Alimena

Le corsie preferenziali sono in crisi d’identità. Via Panebianco, via Montesanto, corso Umberto, viale Trieste: vecchi cordoli rasentano l’inesistenza e reclamano l’intervento del Comune, mentre frenetici automobilisti si autoassolvono: Cosenza in fondo non è mica Roma! A causa della chiusura di viale Parco, i pullman sono costretti a imboccare via 24 Maggio. Gli autisti si fanno il segno della croce e pregano il cielo di non trovare macchine parcheggiate in seconda fila che pure oggi ostruiscano il passaggio. Blocchi di cemento allineati tagliano in due la strada di Portapiana, interdetta al traffico dopo la frana del 16 dicembre 2019. Non esiste alternativa: gli autobus arrivano nello slargo delle Cappuccinelle, fanno manovra e tornano indietro.

 

Dal centro alla periferia, passando per la città vecchia, i passeggeri imprecano: “Servizio da terzo mondo, vergogna!”. Rinnovare l’intero parco mezzi significherebbe spendere dieci milioni di euro. A esclusione degli otto pullman acquistati poco tempo fa, gli altri venticinque sono vecchi di almeno vent’anni. Quando la mattina capita che quelli più acciaccati non riescano neppure a partire, non rimane altro che prendere i cavi della batteria e sperare che la buona sorte non si metta di traverso. I bus elettrici, a lungo acclamati, dovrebbero arrivare presto a dare man forte. I 900mila euro di crediti arretrati che la Commissione per il dissesto è in procinto di liquidare rasserenano gli animi. In vista del nuovo anno, Amaco prepara la svolta e ingrana la prima. “Siamo acciaccati, ma non siamo morti”. Se si guarda dietro l’angolo, è già tanto.

Quando nel 2017 l’amministratore unico Paolo Posteraro e il direttore generale Ernesto Ferraro s’insediarono, Amaco viaggiava con due milioni di perdite l’anno: “Gestione allegra, assunzioni in libertà, prezzi di manutenzione alle stelle avevano portato l’azienda sull’orlo del precipizio”. La nuova governance raddrizza la rotta e per tre anni di fila chiude i bilanci in positivo. L’ombra di quella prima crisi si è allontanata da poco e il covid assesta il suo fendente (quasi) mortale ai conti dell’azienda. Crolla la vendita dei biglietti e i parcheggi a pagamento restano vuoti. In soli dodici mesi le perdite si attestano intorno a ottocentomila euro. Il sindaco è scettico: “Non può essere tutta colpa della pandemia, anche le altre società di trasporto hanno subito lo stesso attacco”. La replica suona più o meno così: “Le ditte che coprono le tratte interregionali e alle quali forse Caruso si riferisce non si fanno scrupoli a licenziare trenta autisti in un colpo solo. Al contrario, i nostri 134 dipendenti, compresi i 16 lavoratori che Amaco aveva assorbito in cambio della gestione di 3.600 strisce blu, sono rimasti tutti al loro posto.

Obliteratrice fuori servizio

Cosenza è piccola e le persone non hanno mai avuto l’abitudine di utilizzare il mezzo pubblico per spostarsi da una parte all’altra della città.  Quando lo fanno, spesso e volentieri, non comprano il biglietto”. Lo scorso mese di febbraio, Amaco ha affidato a una società di vigilanza esterna il compito di controllare i titoli di viaggio. L’operazione è costata novemila euro, mentre gli incassi sono cresciuti di quattromila: l’esperimento si può considerare fallito.

Se gli autobus rossi potessero allungare la loro corsa fino a Rende, il discorso cambierebbe. Il 21 gennaio 2015 i sindaci di Cosenza e Rende, Mario Occhiuto e Marcello Manna, giocarono d’azzardo. Gli archivi digitali conservano tracce dei loro volti sorridenti immortalati dentro a un pullman appena tirato a lucido che procedeva spedito verso le pensiline dell’Unical. Il consorzio autolinee Carlomagno (che quella tratta invece era autorizzato a percorrerla) si rivolse al Tar ed ebbe ragione. Amaco fu condannata a pagare decine di migliaia di euro di spese legali. Fortuna volle che non si fossero verificati incidenti: l’assicurazione, in quel caso, non avrebbe sborsato neanche un euro.

La Circolare veloce Cosenza -Unical sfonda il confine del Campagnano

Se danneggiare gli interessi altrui è vietato dalla legge, la tutela dei propri (di interessi) rappresenta al contrario un mero esercizio di sopravvivenza. “Nelle città normali – ragionano i vertici della Municipalizzata – il perimetro urbano è interdetto ai pullman che arrivano dai paesi limitrofi. A Cosenza, invece, non solo entrano in centro ma fanno pure le nostre stesse fermate. Avevamo preparato un progetto che prevedeva la realizzazione di quattro hub esterni riservati alla sosta. Palazzo dei Bruzi non s’è mai degnato di darci una risposta. Se non lo considerano valido, lo dicano e provvedano quantomeno a spostare il terminal dei bus da piazza autolinee che appartiene a Ferrovie della Calabria a Vaglio Lise dove il Comune possiede un terreno”. La sensazione è che, senza il piano industriale più volto sollecitato, il sindaco Caruso al tavolo delle trattative non sia neanche disposto a sedersi. “Quel documento è già pronto. Manca soltanto la parte relativa ai servizi in proroga ormai scaduti che Amaco aveva ricevuto dal Comune e che, dall’oggi al domani, potrebbero essere trasferiti a soggetti diversi. Programmare investimenti in questa fase sarebbe da pazzi”.

 

I parcometri, per fare un esempio, sono obsoleti e avrebbero bisogno di essere sostituiti. Il direttore generale Ernesto Ferraro aveva individuato un vantaggioso credito d’imposta al 70%. Amaco però non risulta più gestore del servizio e produrre la documentazione necessaria risulta impossibile. In piazza Luigi Cribari (ex Spirito Santo), il cartello recita “E’ obbligatorio reggersi al corrimano, portare in braccio i bambini o tenerli per mano”. Peccato però che le scale mobili con cui il 31 dicembre 1999 la Cosenza di Giacomo Mancini salutò l’arrivo del terzo millennio, abbiano smesso di funzionare. E dire che alla Municipalizzata bruzia per continuare a tenere accesi quei motori sarebbe bastato semplicemente riuscire “a ribaltare i costi”.

In ricordo di Giacomo Mancini

Il parcheggio di via Aldo Moro, con i suoi 54 posti auto, andrebbe ristrutturato. Se Amaco avesse garanzie sul rinnovo del contratto di gestione da parte del Comune, inizierebbe subito i lavori. Il carroattrezzi, immatricolato a-occhio-e-croce quarant’anni fa, comporta un esborso di 160mila euro per un guadagno annuo pari a diecimila. Le entrate sarebbero più alte se a bordo salisse un vigile urbano. Gli stalli di viale Parco e piazza Bilotti (ex piazza Fera) che erano di competenza della Municipalizzata sono stati smantellati, mentre il Comune ha ceduto quelli di viale Trieste e di via Vittorio Veneto alle ditte che hanno costruito o riammodernato i parcheggi (coperti) dell’ospedale e del tribunale. Amaco ha perso 1.300 strisce blu e ne ha conservato 2.300. Inutile dire che quelle situate su via Popilia non contribuiscono a fare cassa.

 

Tutto il resto è cronaca di questi giorni: i tre commercialisti che compongono il collegio sindacale (nominato dal Comune allo scopo di coadiuvare i vertici dell’azienda nel difficile compito di riordino dei conti) si sono dimessi uno dopo l’altro e sono scappati a gambe levate; i dipendenti della società hanno fatto irruzione a Palazzo dei Bruzi, scongiurando all’ultimo momento un secondo periodo di cassaintegrazione; Franz Caruso (in quella stessa occasione e quasi fosse in un’aula di tribunale) ha urlato in faccia all’amministratore unico Paolo Posteraro “pretendo rispetto per la mia persona”; i sindacati hanno sfidato il letargo autunnale e si sono fatti vivi in ordine sparso. Comunque sia, le chiacchiere ormai stanno a zero e dev’essere per questo motivo che Amaco ha deciso di tagliare le linee dei telefoni aziendali: ventimila euro suonati di bolletta erano diventati davvero insostenibili!

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