Ludopatia, quelle vite spezzate dalla smania del gioco

In dieci mesi più di cento persone si sono rivolte al SERD di Cosenza. Il direttore Roberto Calabria: "La dipendenza crea isolamento, decisivo il ruolo della famiglia"
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COSENZA – Gaetano, un anziano signore dai modi gentili, abita a via Popilia. Dopo aver fatto la fila a uno degli sportelli delle Poste centrali di via Riccardo Misasi, entra quasi per caso nel tabacchino che si trova lì vicino. Il ragazzo dietro al bancone chiede in che modo possa essergli utile e Gaetano risponde: “Suggeriscimi due numeri da giocare al 10 e lotto. Lui ci pensa un attimo e poi lo accontenta: “Proviamo 39 e 69”. Gaetano estrae dalla tasca dei pantaloni una moneta da due euro e in cambio riceve il tagliando giallo con su impressa la coppia di numeri che, spera, gli porti fortuna. Alla prossima estrazione mancano un minuto e trentotto secondi. Il conto alla rovescia è scandito sul monitor attaccato alla parete. L’attesa finisce. Uno sguardo veloce e capisce di non aver vinto nulla. Com’è che si dice in questi casi: ritenta, sarai più fortunato! “Non ci penso proprio. Sono padre di cinque figli e i soldi non li butto al gioco”.

 

Sorride, saluta e se ne va. Un uomo sulla cinquantina, al contrario, più perde e più s’incaponisce. Il viso tirato e lo sguardo che fissa un punto indecifrato del pavimento, s’è appena fatto consegnare un gratta e vinci da venti euro. Se la smania che sembra divorarlo gli desse un attimo di tregua, forse riuscirebbe a leggere la scritta stampata sulla parte bassa del biglietto: questo gioco nuoce alla salute e può causare dipendenza patologica.  Lui invece continua a grattare come un forsennato sulla sfilza di disegni colorati, senza curarsi dell’avvertenza. Gratta e diventa sempre più nervoso.

Nel frattempo, in un angolo diverso della città (chiostro monumentale di San Domenico) sta per iniziare il convegno sulle dipendenze da gioco promosso dalla comunità di recupero Regina Pacis e patrocinato dall’amministrazione comunale di Cosenza. Roberto Calabria è tra i primi ad arrivare. “La ludopatia – spiega il direttore del SERD – è il gioco che diventa malattia. Al primo posto c’è il gratta e vinci, seguito da scommesse sportive e slot machine. Debiti, bugie, conti che a casa non tornano più. La richiesta d’aiuto parte dai familiari”. Da gennaio a ottobre, le vittime del gap (gioco d’azzardo patologico) sono state 101. “Il percorso al SERD inizia con un colloquio. La nostra equipe – continua il dottor Calabria – è composta da educatori, psichiatri, psicologi e assistenti sociali. Il medico alla fine decide se è necessario prescrivere una terapia farmacologica. Quando riceviamo una richiesta d’aiuto, diamo una prima risposta nel giro di 24 ore, perché chi decide di rivolgersi a noi non è nelle condizioni di aspettare. E’ per questo che non chiediamo neppure la ricetta medica”.

Come riconoscere la ludopatia? “La persona coinvolta pensa solo ed esclusivamente al gioco. Si isola dalla famiglia e smette di lavorare”. Chi è il giocatore tipo? “Secondo la nostra esperienza, nel 55% dei casi si tratta di persone laureate, il 78% ha un’occupazione stabile e la fascia d’età maggiormente coinvolta oscilla tra i venti e i cinquant’anni”. La ludopatia genera dipendenza psicologica e porta alla rovina economica. “Per poter continuare a giocare si è disposti a tutto, persino a vendere la propria casa. Ho conosciuto una persona che aveva sottoscritto dieci finanziarie”.

Gli uffici di via Fiume forniscono anche assistenza legale. “Purtroppo – chiarisce il dottor Calabria – non esiste un fondo economico al quale attingere per pagare i debiti da gioco, come invece è previsto per l’usura”. Le istituzioni quale tipo di contributo potrebbero dare? “Intanto è importante riuscire a fare rete. La Calabria, insieme a Lazio e Trentino Alto Adige, ha approvato una legge che vieta la presenza di sale giochi a meno di cinquecento metri da scuole, chiese e ospedali”. Secondo l’inchiesta Reset della Distrettuale antimafia di Catanzaro, nell’area urbana Cosenza-Rende, se ne contano circa 140. Veronica Buffone, assessore al welfare di Palazzo dei Bruzi, ammette: “Purtroppo i comuni non sono in grado di contrastarne la diffusione”.

Andrea Lo Polito, psicologo del SERD di Cosenza, individua tre diverse tipologie di danni causati dalla ludopatia: psichica (ansia, disturbo dell’umore, senso di onnipotenza alternato a bassa autostima); fisica (insonnia, cefalea, tremori, uso di alcool e droghe); sociale (difficile rapporto con gli altri, isolamento). “All’inizio – chiarisce Lo Polito – la ludopatia viene scambiata per una forma di depressione. Il tono non dev’essere accusatorio, perché l’aggressività induce ulteriormente al gioco. La dipendenza non va mai assecondata. Bisogna cercare subito un supporto professionale. La ludopatia inizia in modo subdolo e s’instaura lentamente nell’individuo”.

Il SERD e le comunità di recupero che operano sul territorio hanno ideato il progetto denominato La salute non è un gioco e con un camper vecchio di vent’anni, ma appena tirato a lucido, portano avanti una capillare campagna d’informazione. Don Dante Bruno, fondatore della comunità Regina Pagis, riflette: “La dipendenza dal gioco, come tutte le altre dipendenze, crea rotture familiari e tanto dolore. Il disordine nasce dal non capire dov’è la meta. C’è un vuoto nel cuore dell’uomo, che cerca la ragione dell’esistenza e la felicità. Le vittime del gioco d’azzardo che ho conosciuto hanno sperimentato il fallimento familiare ed economico, la rabbia, la disperazione. Con i mezzi umani, facciamo tutto quello che possiamo. Per il resto, da uomo di chiesa, mi affido a Dio”.

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