COSENZA – “In un momento storico così complicato, nel quale i nostri bambini hanno vissuto e continuano a vivere restrizioni e limitazioni, poter godere di uno spazio all’aperto di fronte la propria scuola riteniamo essere un aspetto importante per il loro sviluppo e la loro vita”. A scrivere sono un gruppo di genitori della 3B, e tutti i genitori della 1E, 5F, 3A, 1M, 2B, 4B, 1B.
“La mattina in cui, raggiungendo la scuola, i bambini hanno visto il cantiere nella piazza, si è registrato sgomento e incredulità. Il “loro” spazio, quello goduto oramai da anni, è diventato parte della vita sociale scolastica ed extrascolastica e rischia di non poterlo essere più. E’ essenziale pertanto che gli adulti responsabili e le Istituzioni garantiscano i loro diritti e la loro felicità. Anche i bambini hanno la libertà di parlare, commentare o esprimere ciò che sentono e pensano. Le loro opinioni non sono inutili e devono essere rispettate per questo. Noi genitori, in piena libertà e senza condizionamento alcuno, siamo dalla parte del Dirigente Ciglio che sta combattendo per i propri allievi e chiediamo al Sindaco di rivedere la posizione che, da parte nostra, non riguarda aspetti né politici né economici. Il nostro interesse volge lo sguardo esclusivamente alla serenità dei bimbi e alle loro esigenze di gioco e svago, in un momento pandemico che ne ha fortemente limitato la vita”.
Ciacco: “maiale, pelato…”, quei cartelloni non li ha scritti nessuno?
“La lettera che il sindaco di Cosenza ha inoltrato al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria, ha conseguito un risultato clamoroso e inaspettato. Ha consentito, in pochissime ore, di determinare la paternità dei cartelloni, contenenti i seguenti epiteti: “maiale, assassino, zucca vuota, pelato”. Quei cartelloni non li ha scritti nessuno. Quei cartelloni sono figli di nessuno. Quei cartelloni si sono scritti da soli. Nessuno ha il coraggio di dire: “quei cartelloni li abbiamo scritti noi”. Che codarda bugia e inquietante omertà! Che orribile esempio per la gioventù studiosa”. Così il consigliere comunale Giuseppe Ciacco che incalza: “E, allora, il “signor nessuno” ha commesso un’azione, ignobilmente, deplorevole. E rendo le ragioni della deplorevole azione. Che si bandisca lo stucchevole e strumentale inno liturgico, secondo il quale a Palazzo dei Bruzi si è insediato il plotone di esecuzione delle libertà costituzionali. Niente di più, squallidamente, falso. Il diritto di critica, quale declinazione della libertà di manifestazione del pensiero, è ineludibile presidio democratico. E questo principio è ben inchiodato, da oltre 60 anni, nella mente e nella coscienza di chi governa, oggi, la Città. Nessuno ha inteso e, mai nessuno intenderà, mettere il bavaglio al dissenso democraticamente manifestato. E, allora, i nostalgici del “decennio di regime”plachino la loro ira funesta e seppelliscano l’infida ascia della rozza manipolazione della realtà delle cose. Il diritto di critica è ineludibile presidio democratico. Punto. Ed è giusto, anzi, è sacrosanto, educare la gioventù studiosa al vocabolario di un fertile senso critico, come naturale lievito per una futura e consapevole cittadinanza attiva. Ci mancherebbe altro. Ed è giusto ed è sacrosanto indicare alla gioventù studiosa, come luminosa barra di vita, il sontuoso motto che campeggia sul muro della scuola popolare di Barbiana: “I CARE”. Raccomandando, però, alla gioventù studiosa di non applicarlo, gaglioffamente, solo, quando fa comodo, ma di applicarlo sempre. E, tuttavia, il tema in discussione è altro. E nessuno può permettersi il lusso di mistificare, con melliflue argomentazioni, il cuore della questione”.
“Il cuore della questione non interseca il vaneggiante soffocamento del diritto al dissenso. Se qualcuno dicesse che il cuore della questione è il tentativo di soffocare il dissenso, costui sarebbe, barbaramente, in mala fede. La questione è altra. Ed è questione, rispetto alla quale la gioventù studiosa andrebbe, altrettanto, adeguatamente, educata. Scrivendo e affiggendo quei cartelloni (“maiale, assassino, zucca vuota, pelato”), e comunque non provvedendo alla loro rimozione, e comunque, addirittura, inneggiando a essi in una riproduzione video, è stata commessa un’azione, ignobilmente, deplorevole per la seguente semplicissima ragione: non già per aver esercitato l’intangibile diritto di critica, ma per aver sfregiato, il diritto di critica. Si, proprio, così: per aver sfregiato il diritto di critica, costituzionalmente garantito, avendo, con quei cartelloni, perpetrato una inammissibile aggressione, gratuita e distruttiva, dell’onore e della reputazione del soggetto interessato. Questa, e solo questa, è la questione, oggi in campo. Ed è questione, che resta, imperiosamente, in campo, nonostante i corali tentativi di “depistaggio”. Infatti è in atto un goffo, penosoe cortigiano depistaggio circa la questione di fondo. La questione di fondo non è il diritto al dissenso: è oltremodo legittimo dissentire dalla prossima riapertura al transito veicolare dello spiazzo “Rodotà”. Ci mancherebbe altro”.
“Ma la questione di fondo è esattamente questa: nella fattispecie concreta, l’inviolabile esercizio del diritto di critica ha calpestato la dignità, l’onore la reputazione del destinatario della protesta, che, solo, per inciso, è anche il sindaco della città. Questa è l’unica questione di fondo. Non sono così ingenuo e sprovveduto da teorizzare che il diritto di critica incrocia l’obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, essendo consentito l’uso di espressioni aspre e polemiche.E, tuttavia, anche nell’esercizio del diritto di critica, è assolutamente invalicabile il confine costituito dal rispetto del bene fondamentale previsto dall’art. 3 della Carta costituzionale: il bene della dignità del cittadino. E la gioventù studiosa andrebbe educata, senza se e senza ma, al rispetto dei valori costituzionali. Dissentire, vestendo le sleali sembianze dell’aggressore dell’altrui onore e dell’altrui reputazione, significa infiacchire lo spirito pubblico della Città, significa avvelenare le relazioni sociali e significa – ahimè – proporsi come un pessimo maestro per la gioventù studiosa. Chi dissente, adoperando la putrida volgarità dell’altrui dileggio, anche se si contrabbanda, pateticamente, come la vittima sacrificale, immolata sull’altare della fantomatica repressione liberticida, è lui stesso – e solo lui – il carnefice dell’agibilità democratica. Altro che vittima. Costui è il carnefice dell’agibilità democratica. E, invece, la gioventù studiosa andrebbe educata ai nobili valori dell’agibilità democratica, spiegandole, fra l’altro, che le recinzioni dei cantieri non si tagliano abusivamente. Questa è la sola e unica questionedi fondo, alla quale si coniuga qualche domanda. Perché per la palestra, da anni, inagibile non sono state alzate le stesse barricate? Perché per l’ascensore, da anni, non funzionante, non sono state alzate le stesse barricate?”.