Secondo i dati di uno studio sull’obesità infantile, condotto nel 2012 dall’Osservatorio Dieta Mediterranea di Nicotera congiuntamente all’Università Tor Vergata di Roma, il 50% dei bambini calabresi era in sovrappeso, se non obeso.
COSENZA – La situazione non ha avuto in questi anni un’evoluzione positiva, come ci conferma la dottoressa Vita Cupertino, consigliere per la regione Calabria della Società Italiana di Pediatria (SIP). “I bambini Italiani, precisa la dottoressa Cupertino, occupano purtroppo i primi posti in Europa per sovrappeso e obesità (eccesso ponderale). Le regioni meridionali, tra cui la Calabria, hanno le più alte percentuali di bambini in eccesso ponderale, secondo i dati relativi ai bambini di 8-9 anni comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2014.
Va sottolineato che, seppure in lieve diminuzione rispetto all’andamento esponenziale degli ultimi decenni, i dati sull’obesità, se riferiti all’universo dei bambini, restano preoccupanti. Il campione calabrese in questo studio presenta il 40.8% di bambini in eccesso ponderale (16,2% francamente obesi)”.
“Dal 2005, continua la dottoressa Cupertino, la Pediatria di Comunità da me diretta sta effettuando un monitoraggio in undici paesi della nostra provincia su oltre 500 bambini di 8-9 anni, seguiti anche negli anni successivi. Il quadro rilevato conferma sostanzialmente una percentuale alta di eccesso ponderale con punte del 41.1% nel 2014”.
Sull’obesità bisogna ricordare anche che essa non ha un’unica causa: è una malattia multifattoriale e comporta quindi diversi fattori di rischio. La causa principale, però, rimane sempre uno stile alimentare sbagliato. Troppo spesso i bambini mangiano male e più del necessario, ingerendo troppi grassi e zuccheri, abitudine cui spesso si aggiunge una scarsa attività fisica. Alcuni bambini possono avere una predisposizione genetica all’obesità, ma con la prevenzione e un giusto stile di vita l’obesità si può evitare.
“Negli anni, aggiunge la dottoressa Cupertino, sono stati rilevati anche le abitudini alimentari dei nostri bambini, l’attività motoria, il tempo trascorso davanti alla TV e ai videogiochi, che hanno mostrato abitudini scorrette.
Il profondo cambiamento degli stili di vita ha travolto le mediterranee sane abitudini alimentari calabresi sconvolgendo inesorabilmente anche l’universo dei bambini, fortemente influenzati dallo stile di vita dei genitori. I genitori, spesso, sono più preoccupati del bimbo che mangia poco mentre tendono a incentivare il “forte appetito” interpretato come un segnale di benessere. L’obesità è un fenomeno complesso ed è ritenuto dall’OMS un’emergenza socio sanitaria di grande rilievo, che rischia di compromettere le aspettative di vita delle future generazioni, per cui diventa prioritario contenere con azioni preventive tale fenomeno.
E se è vero, come precisa la Cupertino, che i primi mille giorni di vita sono fondamentali per la prevenzione (incentivazione ad esempio dell’allattamento al seno) è anche vero che nell’età della scuola primaria (6-11 anni) le scelte vanno ancora guidate. Quindi la scuola, conclude la Cupertino, costituisce il contesto ideale per le modifiche di comportamenti negativi essendo il contesto in cui il bambino confronta davvero se stesso al di fuori dell’ambito protetto della famiglia ed ha un ruolo istituzionale di educazione non solo culturale”.
L’obesità d’altra parte, possiamo aggiungere, è una di quelle malattie in cui le colpe dei genitori ricadono sui figli. I bambini non cucinano da soli, quindi se un genitore è abituato ad alimentarsi in maniera scorretta mangerà male anche il figlio. Basti pensare che, secondo alcuni studi di settore, anche gli animali di una famiglia obesa sono in sovrappeso.
Dieta Mediterranea, cosa resta?
Che cosa rimane, dunque, di tutte quelle raccomandazioni per una buona alimentazione enunciate dalla Dieta Mediterranea, dichiara patrimonio immateriale dell’Unesco?
“Ben poco, stando ai dati odierni che vedono in Calabria un tasso d’obesità infantile vicino al 50% e un numero non esiguo di casi d’iperglicemia o addirittura di diabete mellito di tipo 2 riscontrati in soggetti molto giovani”, ci spiega il biologo nutrizionista Luigi Elia, autore del libro “Alimentazione e cibo nella Calabria popolare ”, che da anni segue l’evolversi dei cambiamenti alimentari nella popolazione calabrese, con particolare riferimento ai bambini in età scolare.
“Nei progetti di educazione alimentare svolti in alcune scuole dell’obbligo della Calabria ho avuto modo di riscontrare che il regime alimentare dei bambini è risultato spesso ipercalorico e squilibrato in nutrienti (la dieta americana purtroppo ha sostituito la dieta mediterranea tipica della nostra cultura d’origine). I bambini mangiano prevalentemente cibi ricchi di grassi e proteine di origine animale, consumano pochissima frutta e verdura durante la giornata, molta è la carne sulle loro tavole (più rossa che bianca), compresa quella processata (ad esempio i salumi industriali), elevato, è il consumo di snack sia dolci sia salati e di bibite gassate. Un’eccessiva e cattiva alimentazione insieme a pigrizia e inattività fisica, sono oggi i nemici principali da battere”.
Resta da chiedersi a questo punto cosa devono fare le famiglie e le scuole calabresi in concreto per invertire queste abitudini e condotte alimentari negative. “Le famiglie, le scuole calabresi, risponde Elia, e anche la politica, che su questi temi non sempre è sufficientemente attenta, hanno una grande responsabilità. Queste istituzioni devono comunicare e interagire, creando momenti di riflessione finalizzati all’educazione delle nuove generazioni.
Interventi seri che possano insegnare ai bambini e ai loro genitori non solo a mangiar bene, ma anche a comprare prodotti sani leggendo l’etichetta nutrizionale, a conservarli nel modo più giusto e a cucinare i piatti della dieta mediterranea popolare calabrese che mangiavano quotidianamente i nostri bisnonni. I tempi sono maturi, conclude Elia, anche per cominciare a praticare gli “orti della salute”, sfruttando pezzi di terra confiscati o spazi incolti che abbondano nelle vicinanze delle nostre città e dei nostri paesi. Anche questa è educazione alimentare”.