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Come nasce la leggenda dei vampiri: tra luoghi comuni e tradizioni

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Come nasce la leggenda dei vampiri: tra luoghi comuni e tradizioni

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Dracula Vampiro

COSENZA – Poche figure mitologiche hanno dimostrato la stessa capacità di resistenza culturale del vampiro. Questa creatura della notte esercita un fascino oscuro che attraversa i secoli, riuscendo a terrorizzare e sedurre generazioni diverse senza perdere la sua potenza evocativa. Sospeso tra la vita e la morte, il vampiro incarna paure primordiali, come quella della malattia e dell’ignoto, ma allo stesso tempo rappresenta l’attrazione innegabile per l’immortalità, il potere e la sensualità proibita. Tale magnetismo ha garantito alla leggenda un successo intramontabile, permettendole di permeare ogni forma di espressione artistica e mediatica. Dal cinema alla letteratura gotica, l’iconografia del non-morto è onnipresente. Il suo impatto visivo è talmente radicato da aver influenzato anche settori dell’intrattenimento apparentemente distanti, dove la sua estetica misteriosa viene utilizzata per tematizzare prodotti di intrattenimento, inclusi i design grafici delle slot online.

Vampiri: le origini folkloristiche e la paura della morte

Contrariamente a quanto si possa pensare, la figura del vampiro non nasce con l’aristocratico Conte Dracula. Le sue radici sono molto più antiche, grezze e profondamente legate al folklore contadino dell’Europa orientale, in particolare nelle regioni balcaniche e slave. In un’epoca segnata da epidemie, carestie e una comprensione scientifica quasi nulla dei processi biologici, la morte era un evento quotidiano ma ancora misterioso.

La leggenda del “non-morto” nasceva spesso da interpretazioni errate dei fenomeni di decomposizione. Quando, per paura o per rituali specifici, le tombe venivano riaperte, i corpi potevano apparire innaturalmente conservati o gonfi a causa dei gas interni. La pressione di questi gas poteva spingere i fluidi corporei verso la bocca, lasciando tracce interpretate come sangue bevuto di recente. Inoltre, la retrazione della pelle dava l’illusione ottica che unghie e capelli fossero cresciuti dopo la morte. Questi segni venivano letti come la prova inconfutabile che il defunto continuasse a tormentare i vivi, nutrendosi della loro essenza vitale per sostenersi.

Dalla superstizione contadina al mito letterario

Il vampiro del folklore era una creatura bestiale, un cadavere redivivo e spesso gonfio, molto lontano dall’immagine elegante che si affermerà in seguito. A generare terrore contribuivano anche patologie reali. Malattie oggi note come la porfiria, che può causare una grave sensibilità alla luce solare, o la rabbia, con i suoi sintomi di agitazione, ipersensibilità e tendenza a mordere, fornivano involontariamente un modello reale per il comportamento del “non-morto”.

Queste paure si traducevano in rituali scaramantici per neutralizzare la minaccia: l’uso dell’aglio, l’impalamento del cadavere per “inchiodarlo” alla tomba o la decapitazione erano pratiche diffuse per assicurarsi il riposo del defunto. La vera svolta iconografica avvenne nel XIX secolo. Fu la letteratura romantica a trasformare il mostro. Un passaggio chiave si ebbe nel 1819 con “Il Vampiro” di John Polidori, che introdusse la figura di Lord Ruthven: un aristocratico affascinante, pallido e letale che si muoveva nell’alta società.

La codifica di Dracula e il fascino eterno

Fu però Bram Stoker, nel 1897, a sintetizzare e codificare l’archetipo moderno. Il suo “Dracula” rappresentò una fusione perfetta: prese le antiche superstizioni slave (la Transilvania, i paletti, l’aglio, la mancanza di riflesso), le unì alla figura storica di Vlad Țepeș (noto come l’Impalatore) e le innestò sul modello del predatore aristocratico e seducente inaugurato da Polidori. Il successo duraturo della figura vampirica risiede proprio in questa sua profonda dualità.

Non è solo un mostro che fa paura, ma è un’incarnazione del proibito. Rappresenta l’immortalità, un potere sovrumano e una sensualità oscura e pericolosa. Il vampiro è l’essere che temiamo, ma che una parte di noi desidera, perché ha sconfitto la mortalità. Questa complessità psicologica permette alla leggenda di adattarsi ai tempi. Ogni epoca ha avuto i suoi vampiri, dal tormentato filosofo di Anne Rice ai protagonisti romantici di saghe più recenti, dimostrando che questa creatura agisce come uno specchio oscuro, riflettendo le paure umane ma anche l’irresistibile attrazione verso l’eterno.

 

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