CATANZARO – “Nel corso di questa indagine non abbiamo potuto contestare, purtroppo, una truffa aggravata per oltre tre milioni di euro perché, per effetto della riforma Cartabia, occorreva la querela della parte offesa, che non siamo riusciti a rintracciare. Si tratta di un viceministro dell’Oman, Paese che non fa parte ovviamente del trattato di Schengen”. Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, incontrando i giornalisti per illustrare i particolari dell’operazione contro la ‘ndrangheta, ed in particolare contro la cosca Bonavota di Sant’Onofrio, nel Vibonese, che ha portato all’arresto di otto persone.
“Sono emerse in maniera nitida – ha aggiunto Gratteri – operazioni di riciclaggio che hanno interessato la Danimarca, l’Inghilterra, la Francia, Cipro e l’Ungheria. Operazioni, tra l’altro, abbastanza sofisticate. Abbiamo sempre detto che la ‘ndrangheta non è in grado di fare riciclaggio sofisticato, ma si deve rivolgere, per questo, al mondo delle professioni. Ed i risultati di questa operazione ne rappresentano un classico esempio. Siamo riusciti a dimostrarlo grazie alla nostra credibilità e all’aiuto di Eurojust. È stato possibile fare intercettazioni ambientali in Ungheria nello studio di un’avvocata, che faceva riciclaggio per conto della ‘ndrangheta e che per questo è stata arrestata”.
Gratteri, riguardo la mancata contestazione della truffa, ha spiegato che “non c’è un trattato bilaterale tra Italia ed Oman e fare la rogatoria internazionale per chiedere alla parte danneggiata se volesse fare querela, ci avrebbe fatto perdere molto tempo. Per questo motivo non abbiamo potuto chiedere la custodia cautelare per la truffa. Siamo riusciti anche a dimostrare l’esistenza di una banca ungherese specializzata nel trattamento delle criptovalute, alle quali la ‘ndrangheta è molto interessata”.