Area Urbana
Bancarotta fraudolenta, Mario Occhiuto condannato anche in appello per il fallimento della “Ofin Srl”
 
																								
												
												
											COSENZA – La Corte D’appello nei giorni scorsi ha confermato integralmente la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione all’ex sindaco di Cosenza Mario Occhiuto per bancarotta fraudolenta, in relazione al presunto fallimento della società di progettazione “Ofin Srl”, dichiarata insolvente nel 2014. A maggio del 2023 il Tribunale di Cosenza aveva condannato in primo grado l’attuale senatore di Forza Italia.
L’inchiesta coordinata all’epoca dalla Procura di Cosenza diretta dall’allora Procuratore Mario Spagnuolo, con le indagini sulla documentazione contabile affidate alla guardia di finanza. Occhiuto era stato amministratore della società dal 15 ottobre del 1996 al 16 settembre del 2011, prima di essere eletto a Palazzo dei Bruzi come sindaco. Vene nominata amministratrice la sorella ma nel 2014 la società venne dichiarata fallita.
Secondo l’accusa, durante la gestione di Occhiuto, la “Ofin Srl”, società di partecipazione finanziaria, avrebbe distratto circa 3 milioni di euro, trasferiti a favore di altre società riconducibili all’ex sindaco per operazioni destinate a fini personali. Inoltre, secondo l’accusa, in concorso con la sorella Annunziata, già condannata in primo e secondo grado in abbreviato a un anno e quattro mesi, Occhiuto avrebbe distratto la somma di ulteriori 117mila euro, sempre a fini personali.
 
Le somme sarebbero state utilizzate per l’acquisto di appartamenti e magazzini. Le indagini, condotte dalle fiamme gialle di Cosenza, portarono al rinvio a giudizio di Occhiuto nel 2019. Lo stesso senatore, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli, aveva definito la condanna in primo grado “inaspettata e imprevedibile” annunciando l’intenzione di ricorrere in appello, negando di aver distratto o utilizzato le somme per fini personali, ma di averle sempre «investite in attività imprenditoriali. Fatti che nulla hanno a che vedere con la mia attività politica – aveva dichiarato il senatore – legati a presunti reati patrimoniali in una impresa privata da cui mi dimisi da Amministratore dodici anni fa cedendo anche le quote prima di fare il sindaco».
 
                         
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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