L’ex Legnochimica ha solo venti euro in cassa per bonificare Rende?

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Il curatore fallimentare: ”Hanno solo i terreni”. Si attende la relazione sui milioni di euro transitati negli anni nei conti correnti della Legnochimica Srl.

 

RENDE (CS) – Entro il mese di maggio dovrebbero essere svelati i ‘segreti’ delle finanze dell’ex Legnochimica Srl. Il curatore fallimentare Giovanni Imberti è stato chiamato a stilare, nei prossimi novanta giorni, una relazione sui beni che possiede l’azienda piemontese con sede legale a San Michele di Mondovì. Storicamente di proprietà della famiglia Battaglia, che (dal 1967 al 2002) ha prodotto pannelli in masonite ed estratto tannino dal legname, prima a Gesuiti di San Vincenzo la Costa e poi in contrada Lecco a Rende, Legnochimica ha venduto negli anni oltre 20 dei 30 ettari di terreni di sua proprietà. Ad acquistarne buona parte Calabra Maceri che versò nelle casse della società posta in liquidazione otto milioni di euro. La centrale a biomasse che ha ingurgitato centinaia di alberi silani, e finanziamenti pubblici per 40 miliardi di lire, pare invece sia stata ceduta da Legnochimica al gruppo Falck (Ecosesto Spa) per 38 milioni di euro. L’altra parte degli stabilimenti l’azienda ha scelto di cederla praticamente a se stessa, ovvero a Silvateam un ramo d’azienda facilmente riconducibile a Legnochimica. Amministratori erano infatti i cuginilaghi-legnochimica Battaglia arrestati per una presunta truffa da venti milioni di euro per finanziamenti pubblici dedicati la ricerca.

 

Nelle indagini scaturite dall’operazione Silva finì anche Giovanni Sindona, il perito nominato dalla Procura di Cosenza per stabilire l’entità dell’inquinamento di terreni e falde acquifere, cui incarico è stato revocato il mese scorso. Come noto, sui terreni di Legnochimica erano presenti 8 bacini idrici artificiali, oggi definiti ‘laghi chimici’ dove veniva decantato il legname. Alcuni di questi sono stati coperti e sopra costruiti capannoni, gli altri invece di tanto in tanto vanno in autocombustione creando il panico tra i residenti. Paure fondate visto che in soli otto mesi tra il 2008 e il 2009 ben dieci persone, che vivevano in via Settimo a cento metri dagli stabilimenti, sono morte di cancro. Nel corso dei decenni Legnochimica, minacciando periodicamente la chiusura e il conseguente licenziamento degli operai ha goduto di fiumi di contributi pubblici.

 

Nel 2002 la fabbrica più ‘puzzolente’ di Rende chiude battenti, viene posta in liquidazione volontaria, fase che si conclude nell’Agosto 2016 con il fallimento. L’azienda è ora affidata al curatore fallimentare di Mondovì Giovanni Imberti. E’ lui a spiegare che, stranamente, nei conti correnti di Legnochimica vi sono solo pochi euro.”Sto aspettando – afferma Imberti – che qualcuno mi dica cosa c’è sotto questi terreni. In cassa Legnochimica ha zero euro. Non conto gli spiccioli, però sono quasi nulle. Non c’è quasi niente sul contolegnochimica autocombustione (37) corrente, solo i terreni. Bisogna capire se c’è inquinamento, chi ne è responsabile e quanto costa l’eventuale bonifica. Dopo farò i conti, una semplice differenza tra quanto vale il terreno e quanto costa bonificarlo. Il discorso è semplice. Ho un terreno di cui sto aspettando la valutazione commerciale o qualcuno che mi dica se è inquinato. Non ho ancora capito se la perizia di Crisci sia attendibile. Evidentemente è stata chiesta una nuova perizia perché c’è qualcosa che non quadra nella vecchia. Quando arriverà faremo un piano di bonifica e se conviene si venderà il terreno. I soldi non ci sono, se costa sei milioni di euro il disinquinamento dell’area, dove li prendiamo i soldi per farlo? Ho proposto alla Calabria Maceri di comprare i terreni e bonificarli, ma per ora non mi sembrava molto disposta a farlo”.

 

Ufficialmente nel 2014 nei conti correnti erano presenti 750 euro, dei quali 600 sono stati spesi per depositare i bilanci del 2014 e del 2015. Oggi, voci di corridoio parlano di un saldo attivo in un conto corrente pari a soli 21 euro. Sono questi gli unici soldi che Legnochimica potrà investire per la bonifica dell’area qualora Imberti non dovesse riuscire a portare a termine il suo compito e capire dove sono finiti i milioni di euro che la famiglia Battaglia negli anni ha incassato dalla vendita degli stabili e terreni di proprietà di Legnochimica. Transazioni milionarie che il curatore fallimentare definisce ‘quelle cose lì’. Denaro che dovrebbe recuperare andandlegnochimica-1o a spulciare nei trasferimenti avvenuti sui conti correnti negli ultimi venti anni. “Farò una relazione in cui verificherò anche ‘quelle cose lì’ inviando tutto a chi di dovere. Devo andare a vedere se effettivamente ci sono state delle entrate sul conto della Legnochimica. E se sono entrate come sono uscite. Cercherò di capire dove sono andati i soldi, però il dato di fatto è che non ci sono. E bisognerebbe riuscire a recuperarli.

 

A breve cercherò di formulare e consegnare una bella relazione per capire dove sono andati. Ma è solo un contorno. Poi ci sarà un procedimento penale”. Il curatore fallimentare, pur essendo il suo studio a circa un quarto d’ora di distanza da Mondovì, paesino in provincia di Cuneo in cui ha da sempre la sede legale Legnochimica, non ne conosce i proprietari. Anzi. Giovanni Imberti afferma che “Legnochimica era intestata a Bilotta. Era una Srl con un socio unico, una società fiduciaria. Non si sa di chi era, non si può sapere. Lo saprà la Magistratura. Le società fiduciarie sono così, non si sa mai chi c’è dietro“. In realtà Bilotta ne è stato il curatore fallimentare dal 2012 al 2016, mentre Legnochimica opera dal 1979.

 

Ma Imberti insiste: “Prima del fallimlegnochimicaento c’era sempre Bilotta. Poi, forse, Andrea Battaglia, non mi ricordo. Bisogna fare una visura camerale”. Tutti però ricordano la nota famiglia piemontese dei Battaglia a cui l’allora sottosegretario al ministero dell’Agricoltura Cecchino Principe, da ex sindaco e politico navigato, agevolò l’insediamento industriale per la produzione del tannino. Per curare le ‘magagne’ legali di Legnochimica lo stesso Imberti ha nominato un avvocato di fiducia: Emanuele Rossi, anch’egli di Mondovì. “L’ho nominato io per seguire il caso e siamo venuti insieme a Cosenza per verificare di persona come erano i fatti”. Nel frattempo il sindaco di Rende Marcello Manna ha annunciato che l’iter per lo stanziamento dei 6 milioni di euro di fondi Cipe sta per andare a buon fine. All’ex sindaco di Cosenza, Salvatore Perugini, invece non interessa l’emergenza ambientale (e sanitaria) rendese lui su Legnochimica, pur essendone stato il legale di fiducia per venti anni, intende mantenere il silenzio.

 

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