Nessuna guerra di mafia a Cosenza, la criminalità bruzia dopo l’omicidio Bruni

Tra i clan ci può essere guerra o pace, a Cosenza si è arrivati a un livello superiore: la ‘collaborazione’.

 

COSENZA – I materiali forniti dal Questore di Cosenza Luigi Liguori nel corso dell’ultima audizione in commissione antimafia sono stati secretati. Il suo resoconto però, precisa, “è un giudizio tecnico, non da uomo del popolo’’. “Al momento – spiega il Questore Liguori – non pare esservi alcun sentore di una guerra tra clan. Da quindici anni vige un patto di non belligeranza. Esiste una sorta di accordo tra cosche confermato dal numero degli omicidi per mano delle ‘ndrine avvenuti nel cosentino: tre nel 2014, zero nel 2015. Non c’è né guerra, né pace. Siamo in una fase successiva, oltre la pace, che non è ancora un’unione vera e propria. I clan di Cosenza e provincia non hanno interessi a creare conflitti. Anzi. Stanno ben attenti ad evitare che le forze dell’ordine inaspriscano ancora di più i controlli. Il caso di Lamanna che è stato ritrovato con una pistola mentre si era reso latitante, affermando di volersi difendere non dalla polizia, ma da ‘altro’, avversari o amici che fossero, è emblematico. La cattura di Lamanna dopo un breve periodo di latitanza scaturisce dall’omicidio di Bruni del 2012, assassinato all’interno del clan perché voleva risolvere le diatribe con la guerra. E in parte lo fece, commettendo alcuni omicidi.

 

C’è sì fermento all’interno delle cosche, ma non è una guerra di mafia, sono regolamenti di conti tra sodali dello stesso gruppo. Non stanno litigando perché io spaccio qua e tu spacci là, tu fai l’estorsione a un prezzo più alto ed io a un prezzo più basso. Litigano perché ‘tu vuoi la supremazia’ o ‘hai ucciso mio fratello mentre io ero detenuto ed eravamo nemici’. C’era la possibilità – afferma il Questore di Cosenza – che nella cosca Rango – Abbruzzese continuasse la faida culminata con l’omicidio di Bruni. Molti delle armi detenute infatti servono non per difendersi dalle forze di polizia, bensì dagli stessi ‘compari’. Dagli anni ’60 e ’70 a Cosenza dopo Luigi Palermo, U’ Zorro negli anni successivi non ha mai attecchito a Cosenza la figura del personaggio che voleva essere solo al comando e risolvere i conflitti con la guerra aperta. Ci sono stati periodi di guerra a Cosenza, soprattutto negli anni ’90. Sia Franco Pino che Luca Bruni erano due personalità poco gradite in quanto volevano risolvere i conflitti a livello militare. Oggi l’importante è fare business. Droga, appalti, rifiuti, sono gli affari quelli che contano, e soprattutto, la loro salvaguardia.

 

Cosenza è una città particolare, non c’è infatti una vera e propria spartizione del territorio. E’ una criminalità più evoluta, come un franchising. Non c’è bisogno di dividere le città in zone, basta che tutti versino il denaro nella bacinella. Non importa chi faccia l’estorsione, l’importante è che i soldi vadano nella cassa comune. Non importa chi spaccia, purché la droga venga comprata dai clan e venduto ai prezzi pattuiti. Poi può essere spacciata dappertutto. Ovvio che – chiarisce Liguori – anche se Cassano rifornisce la città di droga, gli Abbruzzese di Cassano non possono venire a Cosenza a chiedere l’estorsione. In più ci sono gli ‘appoggi’ esterni. Le cosche di Cosenza e del Tirreno si rapportano con i Pesce della Piana di Gioia Tauro. Lo jonio e la sibaritide con i Farao-Marincola. A Cosenza però la criminalità organizzata è estremamente diversa rispetto al resto della Calabria, non ci sono particolari vincoli familiari come ad esempio nel reggino dove ancora avvengono i matrimoni combinati solo per assecondare gli interessi delle cosche. Forse per questo motivo vi sono più collaboratori di giustizia”. Una panoramica dalla quale sembrerebbe emergere che attualmente Lanzino – Ruà e Rango – Abbruzzese siano le due formazioni che ‘governano’ la città di Cosenza.

 

“La criminalità organizzata cosentina, – sostiene il Questore Liguori in un breve excursus storico sulla ‘ndrangheta a Cosenza – è diversa anche perchè non fonda le sue proiezioni originarie nei feudi come in Sicilia. A Cosenza la mafia nasce sul contrabbando, la protezione, la guardiania. Personaggi come Luigi Pennino prima, e Luigi Palermo dopo, fungevano da pacieri e si occupavano di prostituzione. L’immagine della criminalità storica che rifugge da certe pratiche è un concetto che a Cosenza non vale, non è mai esistito. Franco Pino uccise Palermo davanti al cinema Garden nel 1977 e si unificò con Sena che durante la detenzione nel reggino si allea con i clan della Piana di Gioia Tauro. Il clan Pino – Sena soppianta la cosca dello Zorro e negli anni ’80 iniziano gli agguati che terminano con il summit del ’90 nel bar Due Palme dove fu sancita la pace tra il clan Pino – Sena e Francesco Perna, parente di Palermo. Fu una sorta di pacificazione. I due gruppi si compattarono poi nel sodalizio Perna – Ruà dopo che Pino diventò collaboratore di giustizia. Nel 2000 emergerà la figura di Michele Bruni, Bella – Bella, dopo che suo padre Franco aveva stretto un’alleanza con i cosiddetti ‘Zingari’. Nel 2003 infine dopo una serie di omicidi viene ‘finalmente’ istituita la ‘bacinella’ che placherà gli animi di boss e sodali”. Ed è proprio la ‘bacinella’ che, da quanto emerso dai materiali forniti alla commissione parlamentare antimafia dal Questore di Cosenza, sembrerebbe reggere oggi la pax mafiosa delle cosche cosentine.

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