La sentenza arriva dopo 20 anni dal fatto di sangue consumatosi a Via Popilia, in cui persero la vita Aldo Benito Chiodo e Francesco Tucci
COSENZA – La Corte d’Assise del tribunale di Cosenza ha condannato alla pena dell’ergastolo Antonio Abbruzzese di 50 anni; Fiore Abbruzzese di 54 anni e Celestino Bevilacqua di 58 anni (per tutti è stato disposto l’isolamento diurno per 18 mesi); mentre Luigi Berlingieri di 49 anni è stato condannato a 30 anni di reclusione e Saverio Madio di 57 anni alla pena di 28 anni e 6 mesi (unico escluso dalla circostanza aggravante della premeditazione); tutti imputati per il duplice omicidio nel quale morirono Aldo Benito Chiodo e Francesco Tucci. I cinque sono stati condannati al pagamento, in solido, delle spese processuali ed a quelle delle rispettive custodie cautelari.
Sono stati, inoltre, condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici nonchè all’interdizione legale per la durata della pena. Gli imputati, espiata la pena, verranno sottoposti alla misura di sicurezza di libertà vigilata per tre anni. Queste le decisioni del collegio giudicante presieduto da Paola Lucente con a latere Giovanni Garofalo e i giudici popolari. La sentenza (tra 90 giorni il deposito dei motivi) arriva dopo 20 anni dal fatto di sangue consumatosi a Via Popilia, nel cuore di uno dei quartieri popolari di Cosenza, in cui persero la vita Chiodo e Tucci.
Il duplice omicidio di Chiodo 39 anni e Tucci, 48enne, avvenne a novembre del 2000. I due vennero crivellati di colpi in via Popilia. Tucci sarebbe stato ucciso solo perché si trovava in compagnia di Chiodo, vero bersaglio del delitto, così come Mario Trinni rimasto ferito nell’agguato. Chiodo, Tucci e Trinni stavano chiacchierando in una piazzetta nei pressi del carcere di via Popilia, quando da un’auto scesero due sicari incappucciati che iniziarono a sparare all’impazzata. Trinni riuscì a fuggire mentre Chiodo e Tucci furono colpiti. I sicari, poi, spararono alla testa delle due vittime il colpo di grazia con una pistola calibro 9. Il provvedimento restrittivo arrivò nel 2018 e fu emesso dal Gip del Tribunale di Catanzaro, all’esito delle indagini coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e dal Sostituto Procuratore Camillo Falvo, sui soggetti di spicco della criminalità organizzata cosentina di etnia nomade.
Per tale fatto di sangue, a seguito di indagini pregresse, svolte dalla DIA di Catanzaro era già stato condannato Francesco Bevilacqua, alias “Franchino di Mafalda”, all’epoca dei fatti capo degli zingari di Cosenza, poi divenuto collaboratore di giustizia, che fin da subito aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi di tutti i partecipi all’azione, le modalità di esecuzione e il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di Chiodo dei patti stretti dai nomadi con l’allora gruppo confederato Lanzino-Cicero, circa la spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari (estorsioni, usura e traffico della cocaina).