Tapiro “sacro” per il tecnico del Cosenza, Cappellacci

Dall’inquisizione ad oggi bestemmiare resta reato.

Sono cambiate le pene, dal carcere alle multe ed alle “squalifiche” ma il reato è rimasto. Ne sa qualcosa il tecnico del Cosenza Roberto Cappellacci, squalificato per tre giornate oltre a 1.500 euro di multa per “aver ripetutamente proferito espressioni blasfeme ad alta voce durante l’intero arco della gara Ischia-Cosenza e per avere rivolto una frase offensiva verso un tesserato della squadra avversaria che lo invitata a contenersi nell’usare le predette espressioni”. Ma, la pena, per Cappellacci si è aggravata ieri in sede di conferenza stampa con il nostro Eliseno Sposato che lo ha “attapirato” con la consegna del Santo Vangelo. Bella, simpatica e sdrammatizzante l’iniziativa del collega Eliseno che, capita proprio in un perido forte per la chiesa che è quello quaresimale. Per intanto, la cosa che più mi ha fatto sorridere, se mettiamo da parte il “buon gusto” ed il rispetto per le persone che erano presenti, il fatto che nella motivazione si dice “per aver proferito espressioni blasfeme al alta voce” e si, perché naturalmente si pecca anche in “pensiero” e, meno male che non c’è un “misuratore” di pensiero se no Cappellacci, sarebbe stato squalificato a vita e magari ridotto all’elemosina. Ricordo, una trentina di anni addietro che in un negozio di scarpe, c’era un cartello che ha sempre attratto la mia attenzione a mo del “vietato fumare”: “la bestemmia è un reato punito dal codice penale”. Anche oggi, nonostante le rivisitazioni del codice, la bestemmia è punita. Dal 1930, siamo al codice Rocco, nella sezione delle contravvenzioni che tratta “la polizia dei costumi” è sancito il reato di bestemmia, riferito esclusivamente alla religione cattolica. Dell’abolizione del “penale” al reato di bestemmia si è parlato dal 1948 con la Costituzione ma, dopo vari passaggi legislativi e sentenze della corte Costituzionale, c’è voluto il Decreto Legislativo n. 507 del 30 dicembre 1999 per depenalizzare il reato, trasformandolo in un “illecito amministrativo”. Se ciò non fosse accaduto, magari Cappellacci avrebbe anche rischiato l’arresto.

 

Di seguito la versione in vigore:

«Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità è punito con la sanzione amministrativa da lire centomila a seicentomila». Che tradotto in euro è arrivato agli attuali 1.500.

 

Per cui, caro Cappelllacci sappi che 

 

• l’autore della bestemmia può essere chiunque, anche un ateo;

• si concretizza nella sua semplice attuazione, indipendentemente dalle reali intenzioni dell’autore;

• il fatto che sia diventata una consuetudine, o che lo sia in certi ambienti, è irrilevante;

• devono essere chiaramente individuate le parole proferite;

• deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico;

• devono essere presenti almeno due persone;

• non rientrano nella fattispecie le rappresentazioni figurate, i gesti, gli atti offensivi;

• è illecito bestemmiare contro Dio, non contro la Madonna e i santi.

 

Per cui caro Cappellacci, la prossima volta rifletti prima di nominare il “nome di Dio invano”. Ah! E non pensare di ricorrere oltre. Già qualcuno qualche mese addietro si era rivolto persino all’Onu ma, ahimè senza successo. Per cui resta attapirato!!!!!

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