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Il questore Cannizzaro racconta un anno e mezzo a Cosenza: tra la paura per Sofia e il dolore per Francesco

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Il questore Cannizzaro racconta un anno e mezzo a Cosenza: tra la paura per Sofia e il dolore per Francesco

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Questore di Cosenza - Giuseppe Cannizzaro 03

COSENZA- Il Questore Giuseppe Cannizzaro è nel suo ufficio in centro città quando rilascia l’intervista a QuiCosenza. Le pantere della polizia sono parcheggiate in fila col muso in fuori a due passi dal quartiere che in questa Settimana Santa si divide tra il movimento dei locali notturni e le funzioni religiose nella vicina chiesa. Il meteo plumbeo come di solito si vede sotto Pasqua avvolge un’atmosfera indefinita che, almeno in superficie, sa di quiete diffusa, anche se, per quanto riguarda “il crimine, – sottolinea il capo della polizia – bisogna stare in guardia proprio quando non fa rumore”. Le celebrazioni per il 173° anniversario di fondazione della Polizia, organizzate giovedì scorso sull’isola pedonale, sono state l’occasione per snocciolare gli ultimi risultati conseguiti. Poi però – a voler vedere meglio – c’è il bilancio personale dell’alto dirigente che si concede alle domande con lo sguardo fiero che lo caratterizza, senza porre distanze, affiancato dalla portavoce Tiziana Scarpelli. 

Questore Cannizzaro, da un anno e mezzo guida la Questura della Provincia di Cosenza: si può dire che sul territorio ha concluso la fase di osservazione ed è entrato in quella della conoscenza?

Mi auguro di sì, per me e per l’amministrazione che dirigo. Se poi penso che la Polizia di Stato ha compiuto 173 anni ed i nostri avvicendamenti nella sede di turno si attestano attorno al biennio, mi trasferisce l’idea di una Storia ancora più estesa”.

Come sta andando a Cosenza?

“Nei primi sei mesi si conoscono gli interni, i collaboratori, il modo di lavorare, si indirizza il metodo. Dopo un anno posso affermare di conoscere le criticità, i posti in cui attenzionare maggiormente la sicurezza, il controllo del territorio. Tutto questo grazie ad una struttura rodata che si muove con la squadra Mobile sul contesto criminale, con la squadra Volante sul territorio, poi con l’Amministrativa negli ambiti di rispettiva competenza e con la Digos nell’ambito dei movimenti antagonisti e delle effervescenze politiche di questa città. Non dimentichiamo inoltre che abbiamo un grande campus universitario che non si può trascurare”.

Un suo metodo organizzativo?

“Ogni sera il dirigente della Mobile e della Digos riferiscono al questore. Per non parlare della dirigente della squadra Volante che passa due volte al giorno. Se il Capo della Polizia chiama, lo scambio informativo è pronto”.

Quali sono le criticità principali di un capoluogo di provincia come Cosenza?

“Appena sono arrivato mi sono subito state segnalate zone altamente popolose come via degli Stadi, piazza delle Autolinee, via Popilia”.

Ha agito sulla prevenzione?

“Ho chiesto immediatamente una grandissima collaborazione alla Guardia di finanza ed ai Carabinieri per l’attuazione di quelli che si chiamano servizi ad alto impatto. Ciò implica di conseguenza un’alta visibilità sul territorio che fa sentire ai cittadini la nostra presenza in maniera consistente”.

Controlli continui?

“Occorre considerare la consistenza dei controlli con un dispositivo che agisce in rete sinergica sull’area di interesse”.

Insomma quel che si dice una presenza capillare sul territorio…

“C’è da precisare che l’operazione ad alto impatto, quando interessa un’area fisica, si sviluppa anche con l’intervento della squadra amministrativa o quella dell’immigrazione per il controllo dei documenti dei cittadini stranieri ad esempio. Sempre nel contesto della polizia di sicurezza in termini di prevenzione”.

Questore di Cosenza - Giuseppe Cannizzaro 01

Non si sente più tanto parlare di estorsione. Reato sparito?

“Durante la festa della polizia abbiamo comunicato che nell’anno solare della polizia, da aprile ad aprile, abbiamo ricevuto 15 denunce di imprenditori ed arrestato i loro estorsori, una ventina di persone. Continua ad esistere un sottobosco di cui non si parla più come una volta ma c’è, ed è quello delle richieste del pizzo. La vuol sapere una cosa? In realtà quando apparentemente sembra di attraversare un momento di calma può significare che la ‘ndrangheta stia facendo i propri affari in tranquillità”.

Lei è reggino d’origine ed a Reggio ha ricoperto incarichi in anni “caldissimi”.

“A Reggio registravamo delle improvvise recrudescenze”.

E quando la criminalità organizzata pare non esserci ma in realtà ha solo interesse a non compiere azioni eclatanti per “lavorare” indisturbata, come si svolgono le attività di indagine?

“Ecco, bisogna fare attenzione durante questa calma apparente, occorre agire di intelligence ed eventualmente saper leggere il territorio per riuscire a capire chi comanda in quel determinato momento, magari analizzando i fenomeni violenti tra clan o gli incontri ai banconi del bar”.

In tv guarda le serie che hanno come protagonisti i poliziotti?

“Assolutamente no. Quando arrivo a casa dico a mia moglie che voglio seguire qualcosa di leggero, per staccare. Anzi no, sa cosa mi piace tantissimo? Montalbano ed il giovane Montalbano”.

Quindi sempre poliziotti.

“Già. E ad essere sincero amo molto pure il commissario Ricciardi ed i Bastardi di Pizzofalcone ideati dallo scrittore Maurizio De Giovanni. Inoltre sono un fan della tv di Alberto Angela”.

Nella sua realtà invece ha dei punti di riferimenti?

“Certo. Quelli della polizia giudiziaria degli anni ‘90-Duemila”.

Un nome?

“Antonio Manganelli per me rappresenta il non plus ultra. Un grandissimo investigatore, un grandissimo questore, un grandissimo capo della polizia. Più di così non si può”.

Ha un ricordo in particolare?

“Guardi, di recente alla Cittadella regionale di Germaneto ho partecipato alla conferenza stampa del governatore Occhiuto in relazione ai controlli antimafia sulle opere dei nuovi ospedali. In quella circostanza è stato detto che il modello da seguire è l’Expo. Ecco, all’epoca dell’Expo io ero in servizio nella sede della Criminalpol a Roma e venni chiamato da Manganelli proprio al gruppo interforze dell’Expo di Milano. Partecipai alla presentazione, c’era anche lo scomparso ministro Maroni: se tuttora penso alle parole che mi rivolse Manganelli mi emoziono ancora”.

Cosa disse Manganelli?

“Che siccome le infiltrazioni della mafia erano concrete, aveva pensato a me per contrastarle. Fu un’attestazione talmente importante che pensai di essere su Scherzi a parte”.

Perché non ci credeva? 

“Perché ero di fronte a un mostro sacro. E perché per carattere ho propensione ad un bassissimo profilo”.

Torniamo ad oggi. Il 2025 a Cosenza è iniziato in maniera decisamente movimentata…

“Direi che i primi mesi dell’anno sono stati micidiali. Intanto il rapimento della piccola Sofia ci ha tramortiti”.

Una vicenda terribile che per fortuna è finita bene…

“La tempestività dell’intervento che ha portato al ritrovamento della bimba non la può negare nessuno. Erano le 8 meno venti quando è scattato l’allarme ed abbiamo messo in campo il dispositivo d’azione chiudendo tutte le vie d’uscite della città e presidiando le stazioni. Abbiamo attivato la polizia stradale, la ferroviaria, la postale. I profili social di Rosa Vespa (la rapitrice, ndc) e del marito sono stati analizzati immediatamente. Per non parlare del fatto che uno dei nostri agenti ha identificato la donna, sapeva chi fosse, l’ha riconosciuta”.

Dica la verità, ha avuto paura che non si arrivasse ad un lieto fine?

“La mia preoccupazione è aumentata quando ho saputo che loro avevano un’ora di vantaggio perché l’allarme è stato dato dopo un’ora che Rosa Vespa aveva preso la bambina alla famiglia dalla stanza. Ma alla fine siamo stati tempestivi, nonostante tutto”.

Le capita di immaginarsi Sofia da adulta? Come glielo racconterebbe?

“Le dico questo. Alla festa della polizia ad un certo punto volevamo prenderci tutti la bambina in braccio. La mamma Valeria, che è una ragazza meravigliosa, ci guardava un po’ così. Io affettuosamente le ho detto te ne devi fare una ragione, Sofia è un po’ anche nostra”.

Il ritrovamento della bambina ha rafforzato l’unità della sua squadra?

“Ha messo in evidenza una questura che risponde alle esigenze del territorio, con tutti gli affanni ed i sacrifici del caso. Questo rapimento ne è l’esempio lampante, perché è scesa in campo la squadra mobile in toto. Ed anche gli agenti che quella sera erano di riposo sono rientrati spontaneamente in servizio”.

Un motivo d’orgoglio

“Ho una struttura compatta formata da dirigenti e funzionari che lavorano brillantemente”.

Altra notte da dimenticare esattamente un mese dopo il rapimento di Sofia: era il 21 febbraio e lei, visibilmente colpito, non si è mosso dal pronto soccorso dove il figlio del senatore Mario Occhiuto è spirato dopo essere caduto dall’ottavo piano.

“Sono un padre. Non ci sono parole”.

È un periodo in cui fioccano le inchieste sugli ultras. Cosa può dire di quelli rossoblù?

“Allo stato dell’arte la tifoseria del Cosenza Calcio ci impegna solo per le contestazioni alla società ma esistono buoni rapporti con i nostri funzionari che dirigono i servizi alle partite”.

Il questore va mai in ferie?

“Trascorrerò Pasqua e Pasquetta dalla mia famiglia di origine a Reggio Calabria”.

Gli hobby di Giuseppe Cannizzaro quando non indossa la divisa?

“Una volta correvo ma ho smesso come gli anziani in favore della camminata veloce. E poi, vabbè, in assoluto la moto, la mia ‘bambina’ che non prendo da tempo”.

Cosa le mancherà quando dovrà trasferirsi da Cosenza?

“La mia portavoce (ridono entrambi, ndc). Seriamente: avevo lasciato la Calabria nel 2010 e sapevo cos’era questa regione. Sono tornato in una questura con 150 Comuni da gestire e, ripeto, ho trovato qui a Cosenza una struttura di donne e uomini che rispondono alle esigenze di pubblica sicurezza in maniera eccellente”. 

Allora, a maggior ragione, Cosenza le mancherà.

“Ma perché stiamo parlando di lasciarla? Al momento non è previsto. Io qua sono. Non ho ancora il foglio di via”.

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