Calabria
Il fiume Corace e le sue perle: la leggenda sul tesoro calabrese ambito dalle donne di Roma
 
																								
												
												
											CATANZARO – Nel cuore aspro e selvaggio della Calabria, tra colline coperte di ulivi e promontori che guardano il mar Ionio, scorre silenzioso il fiume Corace. Un corso d’acqua poco noto al grande pubblico, ma che un tempo era al centro di una piccola leggenda dell’Impero Romano. Sulle sue sponde, secondo fonti storiche e racconti tramandati, si celava un tesoro naturale capace di far battere il cuore delle donne più eleganti di Roma: piccole perle, donate dal fiume come frammenti di luna incastonati nell’acqua.
Un fiume tra storia e mito
Il Corace nasce nell’entroterra catanzarese e sfocia nel mar Ionio, attraversando terre cariche di storia. Il suo nome potrebbe derivare dal greco kórax, che significa “corvo”, forse in riferimento ai riflessi scuri delle sue acque o alla presenza di questi uccelli nella zona. Ma sono le acque chiare del fiume a custodire il segreto che, secondo la tradizione, sedusse le matrone romane: perle di fiume, piccole e imperfette, ma ricercatissime.
Le perle del Corace: tra commercio e desiderio
In epoca romana, le perle erano molto più di un ornamento. Erano simbolo di status, purezza, potere. Le fonti non abbondano, ma alcuni documenti e ritrovamenti archeologici nella zona di Scolacium – antica città romana oggi sito archeologico nei pressi di Catanzaro – suggeriscono che nel territorio del Corace vi fossero attività artigianali legate alla raccolta e al commercio di conchiglie perlifere.
Si trattava probabilmente di molluschi d’acqua dolce – come le Unio crassus – capaci di produrre perle opache ma affascinanti, spesso utilizzate per realizzare monili meno appariscenti ma molto apprezzati per il loro significato simbolico. E mentre le perle del Golfo Persico finivano nei cofanetti delle imperatrici, quelle del Corace avevano il pregio dell’esclusività e di una bellezza più naturale.
Un’eredità silenziosa
Oggi, del commercio delle perle del Corace rimane più mito che certezza storica. Eppure, quel racconto che vuole le donne romane attendere con impazienza l’arrivo dei monili dalla Calabria, testimonia il valore antico e dimenticato del fiume. Un valore non solo naturale, ma anche culturale e simbolico.
Il Corace resta un fiume che scorre in disparte, come spesso fa la memoria. Ma chi percorre i sentieri lungo le sue rive o si perde tra gli ulivi della valle, può ancora immaginare le mani di un’artigiana, intente a incastonare perle d’acqua dolce in una collana destinata a una nobildonna dell’Urbe.
Nel tempo dell’iperconnessione e dell’oblio del territorio, riscoprire storie come quella del Corace significa rimettere al centro la narrazione dei luoghi. Un fiume può non essere solo acqua che scorre, ma una vena viva di memoria, economia e bellezza. E forse, anche oggi, il Corace ha ancora perle da offrire: non da raccogliere nel fango, ma da cercare nella storia.
 
                         
								 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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