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Cannabis Light: settore in crisi anche nel Cosentino, a rischio chiusura diverse aziende del territorio
 
																								
												
												
											COSENZA – L’industria della Cannabis Light in Calabria risulta essere in crisi dopo l’approvazione dell’ultimo decreto, il Dl sicurezza, entrato in vigore il 12 aprile scorso, che ha stravolto una filiera che conta un giro d’affari in Italia, di mezzo miliardo di euro e fornisce lavoro stabile a circa 10.000 persone; cifra che cresce fino a 30.000 nei picchi stagionali. Un settore che sembrava essere diventato un simbolo di rinascita economica anche per la Calabria, una delle regioni italiane più segnate dall’emigrazione giovanile e dalla disoccupazione, e che ora è messo in ginocchio dalla nuova normativa che vieta la coltivazione e la commercializzazione della cannabis light, anche nota come “marijuana da tabacchino”, caratterizzata da un contenuto di THC quasi nullo.
Il decreto sicurezza, approvato venerdì 4 aprile, ha introdotto un articolo, il 18, che ha cambiato le carte in tavola. In sostanza, la legge consente la produzione di infiorescenze di cannabis sativa solo se destinate al “florovivaismo professionale“, limitando a tal punto l’utilizzo della pianta da renderne praticamente impossibile la vendita, la lavorazione e la detenzione per altri scopi. Non solo: con il Decreto Sicurezza, chi continua a coltivare e vendere cannabis light si espone a rischi legali gravi, come sequestri e denunce per violazione del Testo Unico Stupefacenti.
 
La “Jure Farm” di San Giovanni in Fiore costretta a chiudere
Tra le aziende più colpite c’è la “Jure Farm“, una realtà cosentina che ha visto la propria attività fermarsi quasi dall’oggi al domani. «Eravamo pronti a crescere, abbiamo investito per anni tra lavoro e sacrifici. Ora non sappiamo che fare», afferma Mattia Cusani, socio dell’azienda e presidente dell’associazione Canapa Sativa Italia. La sua azienda, fondata nel marzo 2018, ha prodotto in sette anni circa 20.000 chilogrammi di canapa, destinati a vari settori: cosmetico, alimentare e farmaceutico. Non solo in Italia, ma anche all’estero, con esportazioni in Svizzera, Repubblica Ceca, Australia e diversi paesi europei.
Tuttavia, con l’entrata in vigore del Decreto, la loro produzione è praticamente bloccata. «La legge è stata approvata senza alcuna fase di transizione e senza la possibilità di smaltire i prodotti già confezionati – racconta Cusani. – Questo significa che, in molti casi, le aziende si trovano costrette a distruggere il proprio prodotto finito, senza alcuna forma di compensazione economica».
Nonostante le difficoltà, le aziende non si arrendono. Molte, come la Jure Farm, stanno preparando ricorsi legali contro la norma, sostenuti da associazioni come Coldiretti, Cia, Copagri, e Confagricoltura. A livello europeo, anche l’European Industrial Hemp Association (EIHA) ha espresso preoccupazione per l’impatto della legge, accusando il governo italiano di andare contro le direttive europee in materia di cannabis.
L’industria della Cannabis Light in Calabria
Il mercato della cannabis light in Italia ha un fatturato che supera i due miliardi di euro, con un impatto positivo sull’occupazione. Solo in Calabria, decine di aziende agricole avevano visto nella cannabis un’opportunità di sviluppo per una regione storicamente segnata da disoccupazione e spopolamento. «Purtroppo, la Calabria è una terra che ha visto partire troppi giovani alla ricerca di un futuro migliore. La cannabis light era per molti una speranza. Ora, questa legge rischia di privarci di un’opportunità concreta», dice Cusani, facendo eco al sentimento di tanti imprenditori locali.
I dati parlano chiaro: l’industria della cannabis light ha creato circa 23.000 posti di lavoro in tutta Italia, e di questi, 1000 solo in Calabria. «La crisi economica e la disoccupazione sono i problemi più gravi della nostra terra. L’industria della cannabis light era una delle poche opportunità concrete per i giovani che volevano restare a lavorare in Calabria», afferma un altro imprenditore del settore. Inoltre, la nuova legge potrebbe spingere i coltivatori e i commercianti a cercare vie illegali, con il rischio di alimentare un mercato nero che potrebbe alimentare ulteriori problematiche legali e sociali.
La legalizzazione e la speranza di un cambiamento
Nonostante le difficoltà, la speranza non è ancora del tutto svanita. Gli imprenditori del settore si stanno battendo per cercare di modificare la legge, convinti che la cannabis light rappresenti non solo un’opportunità economica, ma anche una via per la valorizzazione delle risorse locali. «Abbiamo fiducia nell’Unione Europea. Speriamo che arrivi una risposta giusta e che il governo italiano riveda la sua posizione», conclude Cusani. Il futuro della cannabis light in Calabria è incerto, ma una cosa è chiara: la lotta di queste piccole e medie imprese, unite dalle stesse difficoltà e dalle stesse speranze, è appena iniziata». In attesa di una possibile revisione legislativa, le aziende si preparano a riprendere la battaglia in tribunale, con l’auspicio che le istituzioni possano finalmente riconoscere il valore di una filiera che oggi rischia di essere cancellata dalla legge.
Interrogazione Europarlamentare per salvare il settore della canapa
Recentemente, l’europarlamentare del M5S Valentina Palmisano ha annunciato la presentazione di una nuova interrogazione a Bruxelles, con l’intento di difendere le migliaia di imprese che operano nel settore, la cui sopravvivenza è minacciata dalle normative restrittive introdotte dal governo italiano. Il cuore del problema è il divieto assoluto sull’utilizzo delle infiorescenze di canapa in tutte le fasi della filiera: dalla produzione al commercio, fino alla trasformazione. Secondo il Movimento 5 Stelle, questa normativa non solo contraddice le leggi europee, ma è in contrasto anche con una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha ribadito la legalità della vendita di CBD (cannabidiolo) senza evidenze di rischio per la salute pubblica.
Lo scorso ottobre, in risposta a un’altra interrogazione presentata dal M5S, la Commissione Europea aveva riconosciuto l’esistenza di problematiche relative al provvedimento italiano, annunciando l’avvio di un’indagine. Ora, con la nuova interrogazione, il Movimento chiede un follow-up e solleva la possibilità di una procedura d’infrazione contro l’Italia qualora dovesse risultare evidente l’incompatibilità del Dl Sicurezza con il diritto dell’Unione. “Esprimiamo solidarietà alle 3.000 imprese e ai circa 30.000 lavoratori che rischiano di essere spazzati via da questa norma”, ha dichiarato Palmisano. Molti di questi imprenditori provengono dal Sud Italia, dove il settore della canapa sta prendendo piede, con un impatto economico significativo in regioni come la Puglia, la Calabria e la Basilicata.
Il Decreto Legge Sicurezza deve essere convertito in legge entro il 12 giugno. Il M5S spera che ci sia ancora tempo per rivedere e correggere l’articolo 18, oggetto di dure critiche da parte degli operatori del settore. La battaglia non riguarda solo la legalità europea, ma anche il futuro di molte giovani aziende italiane che hanno investito risorse e lavoro nel campo della canapa.
 
                         
								
 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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