COSENZA – Il vermocane è arrivato in Calabria. Il millepiedi marino ricoperto di aculei velenosi si sta diffondendo sia sullo Jonio sia sul Tirreno. Divorare tutto ciò che incontra dai coralli ai pesci intrappolati nelle reti e la sua presenza desta preoccupazione. Rappresenta infatti una minaccia sia per l’ecosistema sia per la filiera della pesca. A chiarire i contorni del fenomeno è Elvira Brunelli professore ordinario di Zoologia presso il Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria.
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Il vermocane è presente nei nostri mari dal 1800
“Il vermocane – spiega la professoressa Brunelli – non può considerarsi una vera e propria “specie aliena”, ossia proveniente da altre aree geografiche e sarebbe più corretto definirla un invasore nativo. In effetti è da tempo presente nel Mediterraneo e le prime segnalazioni risalgono a circa la metà del 1800. Tuttavia i rinvenimenti di questa specie sono notevolmente aumentati negli ultimi anni a causa dell’innalzamento delle temperature medie del mare che favoriscono questa specie fortemente termofila. Per questa ragione il suo areale si sta espandendo sempre più a Nord fino a raggiungere le coste dell’Adriatico e del Tirreno. In alcune aree del Mediterraneo è però diventato invasivo. Il suo nome scientifico è Hermodice caruncolata. È un Anellide Polichete, appartenente alla famiglia degli Amphinomidae, ordine Aciculata. Ha il corpo allungato, formato da numerosi segmenti, ed è dotato di setole silicee a forma di uncino che contengono dei metaboliti secondari caratteristici chiamati carunculine. Le setole urticanti sono disposte lateralmente lungo i segmenti del corpo e formano abbondanti ciuffi bianchi”.
Foto di Francesco Sesso, già Campione del Mondo di Fotografia Subacquea
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Vermocane e inquinamento
“Tutte le specie animali – ricorda Brunelli – sono in qualche misura influenzate dalle modificazioni del loro ambiente ad opera dell’uomo e dunque dall’inquinamento. Il vermocane ha beneficiato del cambiamento climatico ampliando il proprio territorio. È fondamentale monitorarne la diffusione e valutare eventuali azioni di gestione e controllo, utili a limitare danni agli ecosistemi naturali. Bisogna tener conto del fatto che il vermocane è un vorace predatore/scavenger generalista che si nutre di una grande varietà di organismi, tra cui ricci di mare, gorgonie e stelle marine, ma anche pesci (come il sarago nella FOTO avvolto per essere mangiato). Questa grande flessibilità della dieta, l’ampia area di distribuzione e le crescenti dimensioni delle sue popolazioni potrebbero avere importanti ripercussioni sulle dinamiche delle comunità marine.
Per l’inquinamento rappresenta invece una specie utile per il biomonitoraggio delle microplastiche. Questa ipotesi è stata testata in un recente lavoro dal quale, tuttavia, è emerso che, nonostante sia un’importante componente delle comunità macrobentoniche (l’insieme di insetti, crostacei, molluschi, ecc. con dimensioni superiori ad 1 millimetro) le informazioni sulla presenza di microplastiche ingerite da questi animali non sono ancora sufficienti. Sicuramente, un punto di forza per contrastare le preoccupazioni delle comunità locali legate alla presenza del vermocane sulle spiagge italiane, è promuovere la consapevolezza pubblica riguardo la biodiversità marina e l’importanza della conservazione degli habitat marini. Sarebbe molto utile favorire una maggiore consapevolezza circa la presenza di nuove specie nei nostri mari e promuovere azioni di citizen science per raccogliere informazioni sulla diffusione e le abitudini di questa specie”.
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I pericoli per l’essere umano
“Il vermocane utilizza le sue setole urticanti sia come meccanismo di difesa anti-predatorio, sia per immobilizzare e ferire le prede. Possono causare irritazione e reazioni eritematose dopo il contatto con l’animale, ma esso – chiarisce Brunelli – non rappresenta un vero pericolo per l’uomo. Molto spesso, quando si avvista un vermocane, è probabile che esso si ritiri rapidamente nelle fessure tra le rocce in quanto si sente minacciato. Bisogna invece porre l’attenzione alla minaccia rappresentata dal vermocane per l’economia e la salute dei pescatori. Molto spesso infatti numerosi vermocani vengono ritrovati nelle reti da pesca dove procurano un danno diretto cibandosi del pescato e mettono a rischio gli operatori che devono rimuoverli dalle reti. Riguardo alla fauna marina, è certamente una specie da almeno due secoli presente nel Mediterraneo, ma il numero di individui è aumentato molto nel corso del tempo. Sarebbe importante monitorare attentamente la sua diffusione e considerare azioni di gestione e controllo”.
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Cosa fare quando si avvista un vermocane
“Il vermocane può superare anche i 30 di centimetri di lunghezza infatti è tra i Policheti più grandi. La sua colorazione può variare dal rosso brillante al verde oliva, adattandosi all’ambiente circostante. L’altro nome che lo contraddistingue è “verme di fuoco”, proprio a causa della sua appariscente colorazione rossa o arancione brillante che appare ancora più vivace quando lo si avvista tra le rocce o le piante marine. Questa specie preferisce gli ambienti rocciosi relativamente vicino alla riva, ma popola anche i fondali sabbiosi o fangosi. Se si vede un vermocane – consiglia Brunelli – non bisogna mai tirarlo fuori dal suo nascondiglio: lo renderebbe vulnerabile e pertanto anche aggressivo. Quando si viene accidentalmente toccati dalle sue setole, alcune di queste potrebbero rimanere nella cute. È necessario in questo caso utilizzare delle pinzette per estrarle, ma è consigliato un controllo in guardia medica o al più vicino Pronto Soccorso”. Chi avvista un vermocane può segnalarne la presenza tramite AvvisAPP, l’app ideata dall’OGS per il monitoraggio delle specie del Mediterraneo, e compilare il questionario on-line sulla percezione del fenomeno.