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“I medici cubani non sono schiavi”: replica dell’Associazione Nazionale Amicizia Italia-Cuba alle accuse di Orrico

Calabria

“I medici cubani non sono schiavi”: replica dell’Associazione Nazionale Amicizia Italia-Cuba alle accuse di Orrico

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occhiuto con medici cubani

COSENZA – Non si è fatta attendere la reazione dell’Associazione Nazionale Amicizia Italia-Cuba alle parole dell’on. Anna Laura Orrico, che ha definito la collaborazione tra la Calabria e i medici cubani una forma di “moderna schiavitù”. A intervenire con una nota decisa è Pino Scarpelli, della Segreteria Nazionale dell’associazione, che definisce le dichiarazioni della deputata un “grave scivolone politico e culturale”.

“Le sue parole non colpiscono il governo regionale – scrive Scarpelli – ma offendono un popolo che ha fatto della sanità pubblica un pilastro di giustizia sociale”. Secondo l’associazione, l’arrivo dei medici cubani rappresenta una risposta concreta a una crisi sanitaria strutturale, aggravata da decenni di sottofinanziamento, commissariamenti e reparti chiusi. In questo contesto, l’impegno dei sanitari cubani – “preparati, motivati, solidali” – è stato accolto come un sollievo per i cittadini calabresi.

Scarpelli respinge con fermezza l’idea che questi professionisti siano “sfruttati”. Al contrario, evidenzia che i compensi versati a Cuba servono a sostenere un sistema sanitario gratuito e universale, un modello che – sottolinea – l’Italia stessa dovrebbe riscoprire, oggi sempre più indebolito da privatizzazioni e logiche aziendali. “Definire questa collaborazione ‘moderna schiavitù’ non solo manca di contestualizzazione politica, ma ricalca accuse ideologiche che da tempo puntano a delegittimare l’esperienza cubana nel campo della sanità pubblica”. “Chi siede in Parlamento dovrebbe sapere distinguere tra cooperazione internazionale e sfruttamento – afferma Scarpelli – e interrogarsi piuttosto sul perché i nostri ospedali chiudano o restino senza personale”.

La posizione dell’associazione è chiara: la sanità pubblica non si difende con slogan, ma con investimenti, stabilizzazioni e formazione. E chi arriva da Cuba per coprire un vuoto lasciato da anni di inerzia politica, merita rispetto e gratitudine, non polemiche strumentali. “Colpire i medici cubani è facile, ma serve coraggio per difendere davvero la sanità pubblica – conclude Scarpelli –. E il popolo cubano non accetta lezioni da chi confonde la solidarietà con la schiavitù.”

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