Blitz ‘Aeternum’ su gestione cimitero: arrestati medici legali, agenti della polizia locale e un prete

Sedici persone accusate di una gestione "parallela" ed illecita del cimitero di Cittanova. Coinvolto anche il sindaco di Oppido Mamertina

REGGIO CALABRIA – Ci sono anche cinque medici legali, tre agenti della polizia locale e un sacerdote tra gli arrestati dell’operazione, denominata “Aeternum“, che questa mattina ha portato all’arresto di 16 persone, accusate di una gestione “parallela” ed illecita del cimitero di Cittanova con l’estumulazione illegale di salme per fare posto a nuove sepolture. Uno dei medici posti ai domiciliari è l’attuale sindaco di Oppido Mamertina, Bruno Barillaro, in qualità di medico legale dell’Asp di Reggio.

L’inchiesta ruota attorno alla figura di Salvatore Ligato detto “Franco”, di 68 anni, l’ex custode, oggi in pensione, del cimitero di Cittanova per il quale il gip Francesco Petrone ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta del procuratore di Palmi Emanuele Crescenti.

In carcere sono stati portati anche tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri: Francesco Galluccio (61), Serafino Berlingeri (56) e Antonino Albanese detto “Antonello” (60). Ai domiciliari è finito un sacerdote, don Giuseppe Borelli (80), ex arciprete della parrocchia di San Girolamo.

La stessa misura cautelare è stata disposta per tre agenti della polizia locale, Maria Cutrì (47), Francesco Falleti (62) e Vincenzo Ferraro (66), per il titolare di un’impresa funebre Francesco Curulla (68), per il custode del cimitero, Girolamo Franconeri (61), per il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Cittanova Salvatore Foti (42) e per cinque medici legali dell’Asp di Reggio Calabria, Osvaldo Casella (66), Domenico Mazzaferro (62), Arcangelo Padovano (62), Antonio Russo (66) e Bruno Barillaro (67). Quest’ultimo è anche sindaco del Comune di Oppido Mamertina.

Riguardo al ruolo del sacerdote, don Giuseppe Borelli avrebbe, su impulso di Francesco Galluccio e dell’impresa funebre Santa Rita, contribuito a frodare il Comune di Cittanova attraverso l’instaurazione di “un mercato parallelo dei loculi siti all’interno delle cappelle già intitolate alle ex Confraternite: dapprima facendole ristrutturare con correlativa estumulazione di tutte le salme sepolte, molte delle quali andate soppresse, e poi provvedendo, quando direttamente e quando attraverso l’intermediazione delle predette imprese funebri, alla “vendita” dei relativi loculi, la maggior parte dei quali liberati a seguito delle estumulazioni massive di cui sopra”.

Quasi 500 salme sparite, indagine partita da un cittadino 

Sono oltre 460, secondo i carabinieri, le salme di cui si sono perse le tracce dopo essere state estumulate illegalmente dal cimitero di Cittanova dall’organizzazione che puntava a liberare gli spazi per nuove sepolture. L’inchiesta è partita a dicembre 2018 quando un cittadino di Cittanova si è accorto che all’interno del tumulo di un proprio caro era stata abusivamente inserita una seconda salma ed ha sporto denuncia ai carabinieri.

Medici ‘rimborsati’ 

L’organizzazione si avvaleva della collaborazione di insospettabili medici legali dell’Asp di Reggio, chiamati a vigilare sulle estumulazioni o ad eseguire visite necroscopiche. In realtà 5 medici, finiti ai domiciliari, secondo l’accusa erano pronti a sottoscrivere i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione. A volte i verbali sarebbero stati compilati senza che il medico legale o altri funzionari previsti fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate.

A capo l’ex custode

Sarebbe stato Salvatore Ligato detto “Franco” di 68 anni, a promuovere l’associazione che per anni ha eseguito estumulazioni non autorizzate. Illeciti, per l’accusa, sarebbero stati commessi anche nell’esumazione straordinaria eseguita nel 2020 dopo un appalto del Comune aggiudicato ad un’impresa il cui responsabile risulta tra gli indagati. Gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, avrebbero eseguito le dissepolture con un escavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti.

Il ‘materiale di risulta’, mischiato a resti umani, sarebbe stato poi risotterrato poco distante. Pur avendo assistito alla scena, tre agenti della polizia locale e il tecnico comunale – finiti ai domiciliari – non sarebbero intervenuti per bloccare i lavori o, almeno, per imporre una diversa prassi di esecuzione. Ai domiciliari è finito anche l’ex arciprete della parrocchia di San Girolamo, don Giuseppe Borrelli. Quest’ultimo avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, una volta appartenenti a tre confraternite religiose disciolte nel 2007. Su quelle cappelle, tornate in realtà al patrimonio del Comune, gli indagati hanno avviato lavori di ristrutturazione procedendo così alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3mila euro dai privati cittadini che, così facendo, aggiravano il regolamento mortuario, accorciando i termini amministrativi e decidendo dove seppellire i propri cari estinti.

Oltre ai 16 arrestati, nell’inchiesta ci sono altri 58 indagati. L’area del cimitero interessata dalle estumulazioni illegali è stata sequestrata. Il valore ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di euro.

Il Pm di Palmi: «la morte, un sistema affaristico»

“Il cimitero non era più un luogo di culto ma un luogo di imprenditoria, gestito con una mentalità privata e da cui ricavare denaro. La morte diventava un sistema affaristico”. Sono le parole del procuratore di Palmi, Emanuele Crescenti, durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’inchiesta.

“Stiamo parlando di un giro d’affari di qualche milione di euro considerato che si tratta di piccole somme, nell’ordine di 200 euro, per ogni deceduto. Ma era un’attività regolare, continua e proficua e, facendo un calcolo approssimativo sulla base del numero dei decessi che ci sono stati nella zona, arriviamo a qualche milione di euro, somme decisamente importanti per un Comune piccolo”. Se per il neo-comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Cesario Totaro, nell’inchiesta “siamo stati celeri e tempestivi per il cittadino”, per il colonnello Gianluca Migliozzi, comandante del Gruppo di Gioia Tauro, “lo Stato nel territorio è presente”. “Durante l’attività di indagine – ha spiegato il capitano Gaetano Borgese, comandante della Compagnia carabinieri di Taurianova – è stato registrato uno scoramento da parte della cittadinanza che ormai viveva questo senso di ingiustizia come ineluttabile. Il cimitero era materialmente gestito da imprese di pompe funebri e dall’ex custode. Per tagliare i tempi morti, gli indagati si appoggiavano a professionisti medici che permettevano alle imprese di essere competitive”.

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