COSENZA – Si chiama Halmi Ben Mahmoud Mselmi ed ha 27 anni il giovane arrestato a Cosenza e ritenuto legato all’Isis dopo essersi professato Salafita-Takfira. L’uomo di origine tunisina era residente a Cosenza, in un appartamento su viale della Repubblica a pochi passi dall’ospedale dell’Annunziata. Il suo obiettivo era il jihad contro gli “infedeli” e gli apostati, mettendo in atto alcune pratiche tipiche degli appartenenti all’organizzazione terroristica di matrice islamica.
Tra le attività contestate a Mselmi, infatti, c’è quella tipica dell’indottrinamento degli aspiranti «attraverso discorsi nei quali veniva progressivamente inculcata la ideologia del terrore, mettendo in evidenza la centralità della religione islamica» e «ricorrendo ad azioni sanguinarie, anche suicide, presentandole come condotte doverose, in forza della dottrina religiosa musulmana, enfatizzando il sacrificio quale strumento per ottenere il riconoscimento finale dalla divinità con l’accesso al paradiso». Secondo quanto ricostruito dall’accusa, inoltre, il tunisino avrebbe anche esortate altre persone a «combattere a morte i miscredenti». L’auto-addestramento era una delle attività del giovane tunisino. Secondo le indagini infatti a settembre avrebbe scaricato dalla rete un manuale, in lingua araba, intitolato “Come uccidere”.
 
“Siamo venuti per sgozzarvi”
“Sento crescere dentro di me il desiderio di una vera e propria opera di propaganda religiosa, con l’intento di diffondere il messaggio dell’Islam”. E’ il contenuto di alcune intercettazioni audio e video eseguite dagli investigatori. Poi il giuramento “al principe dei fedeli”, al kaliffo dei musulmani Abu Hassan Al Qorayshi”; “Ascolta e obbedire nelle cose chiare e non chiare”. E ancora “Loda la grandezza di Dio. Allah Akbar”.
Tra le attività criminali del sodalizio cui faceva riferimento il presunto jihadista arrestato a Cosenza, oltre alla promozione di ideali di radicalismo religioso e all’avversione verso la popolazione ebraica, l’ambiente di vita in Italia e l’attività svolta dagli immigrati di fede islamica, che veniva documentata attraverso l’acquisizione di files inneggianti la Jihad, di filmati su attentati e scene di guerra, rivendicate dall’organizzazione terroristica, attraverso documenti illustrativi della preparazione di armi ed esplosivi e la divulgazione di informazioni sulle modalità con cui raggiungere luoghi di combattimento e su come trasmettere in rete messaggi criptati è emerso anche questo filone legato alla facilitazione dell’arrivo di immigrati sul territorio italiano.
 
 
                         
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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