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Scienziati cosentini rientrano in Calabria: «Guadagnavamo più del doppio, lavorare qui non è facile»
COSENZA – Fuga e rientro di cervelli in Calabria. C’è chi torna a vivere nella regione più povera d’Europa e con il maggiore tasso di laureati disoccupati (dati Eures). Nel territorio dove oltre la metà degli abitanti non ha un lavoro e l’emigrazione da record spopola sia borghi sia città, il mondo della scienza investe per creare sviluppo. Con ampi successi, nonostante il precariato, l’assenteismo e presunte corruttele denunciate di recente dalla magistratura con la maxi inchiesta Magnifica sui concorsi truccati all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e l’operazione Grecale sui laboratori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Brillanti risultati sono infatti ottenuti da una schiera di ricercatori che per scelta ha deciso di trasferirsi in Calabria.
Scienza in Calabria
A dar lustro agli enti di ricerca calabresi sono non solo gli scienziati stranieri come Georg Gottlob, pioniere tra i massimi esperti mondiali di intelligenza artificiale, approdato a Rende all’Università della Calabria per studiarne l’applicazione alla Medicina. In Calabria, il motore della scienza è un piccolo esercito di ricercatori che lavora a progetti destinati ad avere importanti riflessi sulla società. Alcuni di loro, dopo anni trascorsi all’estero sono rientrati offrendo le conoscenze acquisite. È il caso di due ricercatori del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) il più grande ente di ricerca italiano, pubblico e con circa 8.000 dipendenti tra sedi nazionali ed estere.
Entrambi biologi, Luigi Citrigno dell’IRIB (Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica) di Piano Lago e Davide Mainieri dell’ISAFOM (Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo) di Rende, collaborano a più ricerche. Sono concentrati nello studio dell’uso di estratti vegetali come farmaci (fitocomplessi); nonché del comportamento del microbioma intestinale nelle malattie metaboliche (diabete, obesità, ipertensione, colesterolo alto), nelle patologie neurodegenerative e oncologiche.
Stipendi più che dimezzati
Davide Mainieri, biologo molecolare di Castrovillari, ha lavorato allo studio di terapie oncologiche al San Raffaele e all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Le ricerche in endocrinologia hanno portato alla scoperta di due forme di mutazione del diabete giovanile. «A Milano – ricorda Mainieri – percepivo 1.500 euro al mese. Mi sono poi trasferito in Svizzera per 6 anni dove ho continuato a studiare il metabolismo del glucosio e dei lipidi, meccanismi che contribuiscono a far sviluppare il diabete. Ero assunto come collaboratore di ricerca (mentre facevo il dottorato), guadagnavo circa 4.000 franchi svizzeri (4.270 euro), con i contributi. Era il 2001 e in Italia all’epoca per la stessa mansione davano 900 euro, senza contributi. Al rientro sono tornato in Calabria, ho lavorato per un laboratorio di Catanzaro praticamente gratis, non avevo neanche il rimborso per il carburante. Sono così riparto. Quando sono entrato al CNR a Milano, come tecnico di ricerca, guadagnavo 1.600 euro mensili. Adesso a distanza di 15 anni, sono ricercatore e percepisco 2.000 euro al mese. Con gli stessi titoli se fossi rimasto in Svizzera il mio salario oggi sarebbe di circa 10.000 euro».
«Negli Stati Uniti guadagnavo quasi il triplo»
Luigi Citrigno, biologo di Cosenza, si occupa di genetica umana, molecolare e delle malattie. Studi che ha condotto in Italia e all’estero. «Mi sono laureato all’Unical di Rende, poi ho fatto il dottorato negli Stati Uniti, in Florida, dove – sottolinea Citrigno – sono stato 3 anni e mezzo. Rientrato in Calabria le opportunità erano uguali a quando avevo iniziato, il salario non superava gli 800 euro al mese. Ho avuto “fortuna”: mi sono aggiudicato un assegno di ricerca a Germaneto di 1.350 euro. Spendevo 500 euro di affitto e non ci hanno pagato per i primi 6 mesi. Quindi sono ripartito per un post doc in California.
Lo stipendio base era di 3.200 dollari (circa 2.700 euro) ai quali si aggiungevano 1.400 euro della borsa di studio italiana: in totale erano oltre 4.000 euro al mese. Circa il triplo rispetto all’Italia. Il problema però non è solo l’importo, ma la certezza del salario. È il livello di precariato che fa fuggire i giovani all’estero. Avere lo stipendio a fine mese fa la differenza. Negli Stati Uniti puoi scegliere se essere pagato ogni 2 settimane o 1 volta al mese, in Calabria invece versano 2 mensilità ogni 3 mesi: l’arretrato si recupera a fine rapporto. Le motivazioni non so se siano legate alla necessità di smobilitare denaro solo 3 / 4 volte l’anno per ragioni finanziarie, sicuramente gli amministrativi preferiscono fare i calcoli trimestralmente anziché ogni 30 giorni. Questi meccanismi all’estero non esistono. Al CNR ho avuto un primo contratto a tempo determinato part-time da ricercatore (900 euro al mese) della durata di 1 anno. Ora percepisco circa 2.000 euro al mese. Se facessi il genetista negli Stati Uniti avrei un salario di almeno 6.000 dollari al mese».
Curare le malattie grazie allo studio dei microbi
Patologie oncologiche e malattie neurodegenerative. Le cellule tumorali sono state al centro della ricerca che Luigi Citrigno ha svolto negli States. Il lavoro sulla genetica umana e neurogenetica, con innovative tecnologie, ha consentito di eseguire accurati studi sull’ereditarietà nelle famiglie affette da malattie neurologiche. «Sono tornato nel 2017 in Calabria. Attualmente lavoriamo per capire come i microbi interagiscono con l’uomo. Ad esempio, – chiarisce il genetista Luigi Citrigno – come i batteri presenti nella saliva o nelle feci possono favorire l’insorgere di alcune patologie. Stiamo cercando inoltre di capire come dei composti che stanno nelle piante (fitocomplessi) possono modulare le azioni delle cellule. Si tratta di molecole definite nutraceutiche: hanno lo stesso effetto di un farmaco, ma non sono farmaci. Sono molecole vegetali, non è omeopatia, e potrebbero essere utilizzate per la cura di diverse patologie. I nostri risultati migliori arrivano quando condividiamo esperienze e conoscenze con i colleghi, attraverso momenti di ricerca comuni».
Dalla lotta alle microplastiche in mare al contrasto dell’obesità
Dalla lotta alle microplastiche in mare al contrasto dell’obesità. I progetti che in qualità di biologo molecolare, Davide Mainieri, sviluppa con una rete di collaborazioni potranno avere positivi riscontri pratici. «Nella mia carriera – spiega Mainieri – mi sono occupato di diversi ambiti di ricerca: dai microrganismi agli esseri umani. In Calabria, dove sono tornato da 5 anni, ho la possibilità di lavorare sull’intero ecosistema. Le piante officinali del Parco Nazionale del Pollino hanno restituito risultati interessanti, con la potenziale scoperta di una nuova varietà e l’azione degli estratti su varie patologie metaboliche, neurodegenerative e oncologiche. In più con i colleghi dell’ITM (Istituto per la Tecnologia delle Membrane), insieme alla Lega Navale Italiana, abbiamo avviato una ricerca sulla concentrazione delle microplastiche nel mar Jonio. L’obiettivo è rimuoverle dalle acque, attraverso biotecnologie e raccogliendole con grandi filtri attaccati sotto le imbarcazioni. All’ISAFOM di Rende ho creato una ceppoteca isolando 500 batteri. Inoltre con un’impresa che produce integratori alimentari siamo al lavoro per riciclarne gli scarti: solo il 3% – 4% di materia prima infatti è usato, mentre il restante 96% – 97% viene gettato. Rifiuti che possiamo trasformare in mattoni per costruire altre cose».
«Senza elettricità sbalzo termico di oltre 50 gradi»
«Di recente – racconta Mainieri – alla sede CNR di Commenda di Rende, al CUD, siamo rimasti 3 giorni senza elettricità. Non abbiamo un gruppo di continuità, di cui ho più volte proposto l’acquisto. Non si è riusciti ad avere neanche un generatore e i batteri hanno avuto uno sbalzo termico di oltre 50 gradi: da -20° a +35°. In Svizzera non sarebbe mai successo. Sono imprevisti che ci rallentano, come l’assenza sporadica di internet in istituto, ma non ci frenano». Mainieri rileva infatti criticità ben maggiori. «L’iter burocratico per gli ordini è molto lento e spesso si inceppa – afferma Davide Mainieri – questo rallenta la ricerca perché, ad esempio, senza reagenti non si possono fare esperimenti. Inoltre in Calabria l’approccio alla ricerca è un po’ differente rispetto all’estero e al Nord Italia. Le collaborazioni sono difficili, una sorta di competizione individualista a volte paralizza potenziali partnership. In più non avere i macchinari necessari a portata di mano, ma doversi fare ospitare in altre sedi per estrapolare dei dati, rallenta i risultati. Per inaugurare il nuovo laboratorio di biologia e microbiologia, servirà aspettare quasi 1 anno. Mobili e materiali sono arrivati e sono imballati, ma prima di settembre non saranno montati. Abbiamo tutto, però non possiamo andare in laboratorio per eseguire analisi molecolari. Prendo la mia auto e vado al CNR di Piano Lago a farle, non è un problema, ma anche questo ci rallenta. Eppure le soluzioni sono semplici. Basterebbe poco per accelerare. Ognuno dovrebbe svolgere il proprio compito e consentire alle procedure di scorrere, altrimenti si blocca tutto. E capire che se non si collabora non si va da nessuna parte».
CNR in Calabria: difficoltà, criticità e soluzioni
«Rispetto a quello che ho visto all’estero, – dice Citrigno – qui abbiamo problemi amministrativi e gestionali, non legati alle persone, ma all’organizzazione. Si fatica a comunicare e in Calabria abbiamo anche delle difficoltà culturali: le cose sono più lente e “lazy” (pigre) rispetto all’America. Dovrebbero garantirci ambienti climatizzati, continuità elettrica, figure professionali di supporto. Non sempre è così. In Calabria è normale che sia io a lavare, sterilizzare le provette, fare le reazioni, i calcoli, mentre altrove se ne occupano i tecnici così il ricercatore può analizzare i dati e perfezionare i risultati. Alle nostre latitudini, da questo punto di vista, siamo anche un po’ demansionati. Le criticità più gravi, secondo me, riguardano i finanziamenti. Viviamo un paradosso. Quando non abbiamo soldi non si può fare ricerca perché mancano le risorse, quando abbiamo i soldi (come adesso con il PNRR) non si può fare ricerca per la burocrazia. E veniamo sbeffeggiarti dai colleghi spagnoli, americani, tedeschi. La ricerca in Calabria è rallentata da un sistema che posso sintetizzare con un esempio. Eccolo. Lavoriamo con campioni umani. Per dei progetti sul microbioma abbiamo dovuto chiedere il parere a un comitato etico della Regione Calabria. Ho impiegato 2 mesi per ottenerlo, per la richiesta abbiamo dovuto produrre 20 documenti diversi. Atti che sono all’80% amministrativi, ma redigiamo noi ricercatori per snellire la procedura, accelerare i tempi e monitorare in tempo reale lo stato dell’arte della pratica, dei pagamenti. Tanti problemi credo potrebbero risolversi comunicando tra gruppi nazionali ed esteri, intersecando gli interessi comuni per far progredire la scienza e raggiungere obiettivi utili all’intera collettività».
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