CATANZARO – Una nuova maxi operazione antidroga legata alla ‘ndrangheta, ha portato all’arresto di oltre 100 persone molte finite in carcere. Il blitz di questa mattina con l’operazione Recovery, ha visto operare congiuntamente i carabinieri di Cosenza, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza ed è stato coordinato dal procuratore di Catanzaro, Vincenzo Capomolla. La misura cautelare ha riguardato una parte di soggetti che non erano stati coinvolti in ‘Reset’. Il Procuratore antimafia ha parlato di un’operazione nata come naturale sviluppo proprio di Reset «una confederazione di ‘ndrangheta operante a Cosenza, nell’hinterland e in diverse zone del territorio. I soggetti finiti nell’inchiesta Reset hanno continuato l’attività criminosa e tutta una serie di condotte di carattere estorsivo che hanno continuato ad asfissiare le attività economiche del territorio: sia i titolati di attività commerciali che imprese». Estorsioni ma soprattutto droga, tanta e da diversi canali. L’organizzazione aveva creato alleanze con il clan Rom degli Abruzzese nella Sibaritide e con altri gruppi satellite, sette in tutto.
Le soffiate del finanziere dello SCICO
Nell’operazione di questa mattina è finito anche un finanziere, Enrico Dattis,
accusato di associazione mafiosa. Avrebbe rilevato notizie importanti sulle indagini. Gli Inquirenti hanno acclarato che Dattis «anche in ragione del suo incarico presso lo SCICO della Guardia di Finanza, che lo porta ad essere aggregato in diverse sedi operative e giudiziarie a supporto dell’attività di polizia giudiziaria, sia in fase di attività tecniche investigative, sia in fase esecutiva dei provvedimenti cautelari, veniva a conoscenza degli atti di indagini assolutamente riservati».
Capomolla “monopolio della droga nell’area cosentina”
Il Procuratore ha poi parlato dell’attiva di spaccio di droga spiegando che «l’organizzazione aveva il monopolio nell’area cosentina con un sistema controllato dal gruppo criminale. Potevano occuparsene solo soggetti autorizzati. Il vertice autorizzava una serie di articolazioni che si muovevano su ambiti anche marginali del territorio, con canali consolidati di fornitura dall’area del Reggino, sia versante tirrenico che quello jonico, infatti alcune misure sono state eseguite anche nella provincia reggina. Un’attività che si inserisce in un ambito organizzato e controllato sul territorio della provincia di Cosenza».
Operazione Recovery “Droga dai fornitori reggini”
“L’eroina arrivava da fornitori del Reggino, da Africo Nuovo, ma nel Cosentino il clan (che per gli investigatori sarebbe gestito da Francesco Patitucci già al 41 bis e), arrivava anche cocaina, hashish e marijuana. Patitucci viene definito «dirigente, promotore, organizzatore e finanziatore dell’associazione, nella sua veste principale riferimento della confederazione di ‘ndrangheta operante in Cosenza e nei territori limitrofi». Secondo le accuse mosse dalla Dda di Catanzaro, «avrebbe guidato e diretto l’attività di narcotraffico in quanto al vertice del cosiddetto gruppo degli “Italiani”» attraverso quello che gli inquirenti definiscono il suo erede Michele Di Puppo.
«Un controllo capillare – evidenza ancora il procuratore – dagli approvvigionamenti fino ai rapporti con gli esponenti di altri clan, aiutato da quelli che vengono individuati come “i principali referenti” Michele Di Puppo, Mario Piromallo, Roberto Porcaro, Salvatore Ariello e Antonio Illuminato. Sarebbe stato Patitucci a suddividere le piazze di spaccio e decidere chi doveva raccogliere il denaro dell’attività.
Gabriele Presti, Vice Questore Polizia di Stato Cosenza
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Patitucci e i suoi fidati sceglievano i canali esclusivi di rifornimento
Patitucci insieme ai suoi ‘uomini fidati’ avrebbe scelto i canali di rifornimento della sostanza stupefacente, acquistato grosse partite di droga da destinare al mercato cosentino, così presiedendo al controllo di significative aree di spaccio, quindi mantenendo, direttamente e/o tramite altri sodali suoi fiduciari, la gestione sull’andamento dell’attività di spaccio al dettaglio, sulle attività di riscossione dei crediti dai vari pusher, sulle attività di mediazione per dirimere contrasti interni ai gruppi ovvero anche con esponenti di altre consorterie criminali. L’inchiesta, come detto, ha colpito anche alcuni presunti appartenenti al cosiddetto clan degli Zingari, attivo nella Sibaritide, ritenuti fornitori della “cocaina”.
Il colonnello Spoto «attenzione investigativa costante»
Per il Comandante provinciale dei Carabinieri di Cosenza Agatino Saverio Spoto è stata importante e proficua la collaborazione tra le forze di polizia «questo fa si che l’attenzione su Cosenza, per scardinare i gruppi confederati e coordinati, sia sempre alta. Tutti i proventi del narcotraffico veniva “versati” un’unica bacinella per poi essere reinvestiti.
Tutto veniva deciso dall’alto a cominciare dai canali di approvvigionamento per i diversi tipi di droga. C’erano dei canali, e solo quelli, esclusivi che dovevano essere utilizzati».
«Organizzazione fitta e pressante»
Nella conferenza stampa in Procura a Catanzaro, era presente anche il Questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro che ha parlato di un’organizzazione fitta e pressante operante su tutto il territorio cosentino e per questo, grazie all’operazione di oggi, «c’è molta soddisfazione per il risultato frutto di una grande sinergia. Guardiamo in prospettiva, non ci fermiamo per dare ancora più fiducia a chi ha visto la risposta dello Stato, affinché possa continuare a rivolgersi a noi». Il Comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza Giuseppe Dell’Anna ha parlato di una città, Cosenza, « che non è esente dalla criminalità organizzata. Non è un’isola felice. Forse c’è una pressione più defilata, ma comunque c’è».