COSENZA – Si è conclusa la VII edizione del Laterale Film Festival, che ha goduto di una partecipazione di spettatori intensa e sentita. Per il settimo anno consecutivo, 21 cortometraggi di respiro internazionale sono stati presentati al Cinema San Nicola di Cosenza nei giorni 1, 2 e 3 settembre; se altrove i film cosiddetti sperimentali faticano a incrociare l’attenzione e la curiosità del pubblico, a Cosenza queste regole del gioco non valgono.
I tre appuntamenti della kermesse hanno registrato una straordinaria e variegata adesione: giovanissimi e appassionati, critici e giornalisti provenienti da tutta Italia e cinefili che negli anni hanno abbracciato la filosofia del festival.
Laterale riscrive la storia della cultura cinematografica cosentina e calabrese. Un evento unico nel suo genere che, senza alcun finanziamento pubblico, riesce sistematicamente a programmare opere di qualità assoluta in un territorio, quello calabrese, ai margini dei circuiti culturali. Impossibile non menzionare le proiezioni di capolavori quali “Train Again” di Peter Tscherkassky e “As Filhas do fogo” di Pedro Costa (addirittura première italiana, dopo la presentazione all’ultimo Festival di Cannes), esperienze totalizzanti e immersive. Le idee e la dedizione dei curatori del festival hanno trasformato la città dei Bruzi in un punto di riferimento imprescindibile per chiunque desideri interrogarsi sulla natura e il senso delle immagini in movimento.
Nelle parole degli organizzatori, i cortometraggi artistici non dovrebbero essere considerati semplicemente alla stregua di esercizi preparatori per la creazione di lungometraggi. Al contrario, essi sono oggetti peculiari che richiedono un approccio consapevole, poiché la loro natura breve consente agli autori di concentrarsi sul linguaggio, senza essere vincolati ad aspetti e “obblighi” strettamente narrativi. Al termine dei film, Mario Blaconà, critico e studioso di cinema, ha moderato gli incontri con i registi presenti: Eleonora Cutini, Ilaria Pezone, Enrico ed Emanuele Motti, Luca Mantovani e Antoni Orlof. Le suggestioni evocate dagli argomenti trattati e l’importanza dei temi emersi hanno profondamente impressionato il pubblico. Tra questi, senza dubbio l’idea di cinema amatoriale come cinema che non si cura dei professionismi e dell’industria e reintroduce quelle creatività “casalinghe” concesse ad altre arti quali la pittura o la poesia. Tale pratica parte, quindi, da una condizione di povertà che permette di ricercare l’espressione libera attraverso lo studio.
Grande successo, inoltre, anche per la mostra “Le altre cose mancano” di Mattia Biondi e Mattia Fiorino, in cui 13 frammenti estratti da altrettanti libri, scritti dai più importanti registi della storia del cinema, delineano un intrigante percorso alla scoperta dell’essenza del cinematografo; un resoconto emotivo che ricostruisce una particolare storia del pensiero cinematografico.
Un festival che rifugge la vanità della competizione e del mercato e opera nella convinzione che la qualità non sia misurabile; una rassegna intesa come vera e propria indagine sulle potenzialità espressive della settima arte, che non si rivolge ad una nicchia di addetti ai lavori ma, al contrario, si pone come riferimento trasversale in uno spazio di condivisione libero e stimolante. Valorizzare opere che mettono in crisi le convenzioni e i luoghi comuni significa opporsi a una visione stereotipata del mondo. La scommessa di “pensare cose invisibili” ha colpito nel segno ancora una volta.