Area Urbana
A Cosenza «un Pronto Soccorso che umilia invece di curare». La denuncia e “l’inferno” vissuto da Luca
COSENZA – Sta balzando da una bacheca all’altra (con centinaia di condivisioni), in queste ore, la lettera, piena di amarezza, di Luca Ruffo, giovane cosentino che ha affidato ai social il suo personale racconto-denuncia sulla sua permanenza nel Pronto Soccorso di Cosenza a seguito di un brutto incidente stradale, parlando di un “sistema sanitario che, invece di curarti, ti dimentica”. Luca si appella direttamente alle autorità sanitarie regionali e nazionali, chiedendo un intervento immediato. Parla a chiare lettere di “un Pronto soccorso che umilia invece di curare” raccontando la sua personale esperienza, quella che ho vissuto domenica “purtroppo sulla mia pelle – dice equiparandola a quella – che tanti cittadini calabresi vivono ogni giorno”.
La lettera denuncia di Luca Ruffo: “un inferno”
“Un incidente stradale alle 9:30 del mattino. L’intervento del 118. Il trasporto in pronto soccorso. E da lì inizia l’inferno: lasciato su una sedia a rotelle per oltre due ore e mezza, senza alcun accertamento, con dolori lancinanti, difficoltà respiratorie, nausea. Nessuno mi visita. Nessuno ascolta – racconta Luca – Solo dopo ore, quando minaccio di buttarmi a terra per il dolore, vengo finalmente chiamato”.
Il giovane cosentino racconta di essere stato interpellato con sarcasmo e incredulità: “‘Lei è venuto qui da solo. Si è tolto il casco da solo. E adesso dice di stare male?‘ Peccato – spiega Luca che fossi arrivato con il 118. Ma non c’era traccia del mio ingresso. Nessun referto. Nessuna presa in carico”. L’esito dei controlli non è dei migliori per Luca: “Il risultato degli esami, dopo una giornata disumana? – si chiede in modo ironico – 5 costole fratturate, frattura vertebrale L2 in politrauma, lussazione alla spalla e sospetta frattura al ginocchio“.
Nonostante le sue condizioni non fossero buone, lamenta il giovane, “nessun operatore disponibile ad accompagnarmi per esami. A spingere il lettino da un reparto all’altro è stata mia moglie. Alle 19:30, distrutto nel corpo e nell’anima, firmo le dimissioni per tornare a casa. Non per stare meglio, – tuona Luca – ma per fuggire da un sistema che fa più male del male stesso“. Luca sopecifica di essersi appellato alle autorità sanitarie regionali e nazionali attraverso una lettera aperta “perché non possiamo più tacere. Perché questa non è sanità. È disumanità. E non è solo la mia storia. È una vergogna quotidiana che riguarda tutti noi. La Calabria merita di più. I suoi cittadini ancora di più”.
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