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A Cosenza ‘A calata da corda’: la via, che tra storia e leggenda, racconta la fuga d’amore
COSENZA – La storia di Cosenza è ricca di aneddoti, curiosità, miti e leggende. Tra queste c’è “a calata da corda” nome che si lega ad una delle strade simbolo della città vecchia. Parliamo di “Via del Liceo”, ovvero la salita a gradoni che da Corso Telesio porta a Largo dei Follari, ricavato nel 1700 da una parte del giardino del monastero di Santa Maria delle Vergini e un tempo mercato dei bozzoli della seta, poi ancora su fino al Vecchio liceo e agli Archi di Ciaccio. Ma per tutti i cosentini, soprattutto per i più anziani, quella strada è e resterà per sempre “a calata da corda”. Un nome legato a storie e leggende tramandate da epoche antiche e ad una fuga o forse più d’amore: le moderne “fuitine”.

La salita del Liceo già Calata da corda
A calata da corda e il Convento delle vergini
Due in particolare le versioni. Secondo lo scritto di Giuseppe Cavalcanti, nel libro “Cosenza di una volta” si legge che nella carte dell’Arena, vissuto nella seconda metà del 600, due nobili fanciulle cosentine, Belluccia e Beatrice, si trovavano chiuse nell’austero convento delle Vergini, monastero gestito dalle suore di clausura cistercensi. Le giovani cosentine, contrarie alla rigida austerità del luogo ma soprattutto alla loro ferrea educazione, decisero di evadere dal convento con i loro innamorati, calando delle lenzuola dalle finestre e scavalcando il muro di cinta del giardino. A aiutare le giovani nella fuga Geronimo Quattromano, Sindaco dei Nobili che una volta scoperto venne esiliato per 15 anni.

Piazza dei Follari Cosenza
Coriolano Martiarano e la fuga con il principe nel 1500
C’è chi, come Coriolano Martirano, storico della memoria cosentina, lega invece la “Calata della Corda” sempre ad una fuga d’amore ma collocandone la data al 1500, periodo della presenza in città di Carlo V. Presente a Cosenza dopo la vittoria di Tunisi, in suo onore la nobiltà Bruzia decise di organizzare dei grandi festeggiamenti. Fiori, tappeti colorati e un fastoso ricevimento che avvenne nella casa del palazzo del Sindaco della città, di fianco la Chiesa delle Vergini e a ridosso del Convitto nazionale. Un ricevimento con danze e musica, dove vengono invitate nobiltà e aristocrazia, ovvero la massima espressione di potere di Cosenza. Alla festa partecipano anche le figlie della nobiltà cosentina, anche quelle ospitate in un collegio che accoglie solo le più ricche ma con un destino segnato, ovvero trovare educazione e avvicinarsi al mondo della chiesa del cattolicesimo.

Il chiostro delle Vergini
Le ragazze, giovanissime, per la prima volta si trovano ad affrontare la mondanità di un evento unico e sfarzoso. Tra loro c’è anche Maria del Rosario, figlia dello stesso Sindaco, interna presso il monastero delle Clarisse. La giovane viene da subito corteggiata dall’alfiere dell’imperatore, colui che custodisce il vessillo nobiliare, il principe Mendosa. Mirò subito le attenzioni sulla fanciulla, nonostante sapeva che la giovane viveva in un convento. Le ritrosie della ragazza, che poco sapeva di quella vita, caddero quando Mendoza la ciruì con un tranello: gli fece credere l’Arcangelo Gabriele era stato inviato a Cosenza dal Signore sotto mentite spoglie appositamente per incontrarsi con lei. Il principe la convinse a fuggire con lui.
“Finita la festa e con la luna alta io sarà sotto il convento ad attenderti. Dovrai calarti attorcigliando il lenzuolo del tuo letto“. Così fu: la giovane si calò dalla finestra attraverso delle lenzuola arrotolate. Ad attenderla lungo la via c’era il principe con il suo cavallo. La giovane, una volta fuggita, tornerà però nel convento da dove era fuggita raccontando tutto. Il padre della giovane, avvertito di quanto accaduto, denunciò il fatto all’allora tribunale dell’inquisizione presieduto proprio da Carlo V. La giovane venne condannata al rogo per “purificare” la sua anima. Leggenda e storia a parte da allora nella toponomastica popolare cosentina quella via divenne «la calata della corda».
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