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Occhiuto si dimette e accusa ‘sciacalli e odiatori’, Pino Tursi Prato «ma i veri motivi restano oscuri»

Calabria

Occhiuto si dimette e accusa ‘sciacalli e odiatori’, Pino Tursi Prato «ma i veri motivi restano oscuri»

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pino tursi prato - occhiuto dimissioni

COSENZA – «Da oggi si può dire ufficialmente che in Calabria, con le dimissioni di Roberto Occhiuto, si è aperta una vera crisi istituzionale alla Regione. Una crisi dai “toni forti”, viste le dichiarazioni dello stesso Occhiuto, il quale individua i “responsabili” nelle figure degli sciacalli, degli oppositori e degli odiatori». A fare il punto è l’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato che nella sua analisi definisce quelle di Occhiuto «parole pesanti, che però, al momento, non chiariscono chi siano questi soggetti e quali siano le aree politiche o istituzionali da cui proverrebbero pressioni tanto forti da indurlo a dimettersi».

Il presidente e la maggioranza

«Le dimissioni di un presidente di Regione rappresentano, di norma, un atto estremo, ponderato a lungo e praticato solo dopo aver tentato tutte le mediazioni all’interno della maggioranza. Di solito, prima di arrivare a questa decisione, si cerca un confronto franco tra le parti per superare divergenze e ostacoli. Solo in caso di un dissenso insanabile si arriva alla rottura. Eppure, ad oggi, non risulta che il presidente Occhiuto abbia convocato la sua maggioranza, né chiesto un confronto formale in Consiglio Regionale per informare preventivamente della sua scelta. Questo rende inevitabile immaginare la delusione — se non il disorientamento — dei consiglieri regionali che, colti alla sprovvista, si vedranno costretti a subire obtorto collo la perdita delle proprie prerogative (stipendi, pensioni, ruoli)».

«Occhiuto ha preferito parlare direttamente ai calabresi – sottolinea Pino Tursi Prato – saltando le sedi istituzionali, per denunciare il clima che lo circonda e per chiedere, implicitamente, una rinnovata fiducia in vista di una sua possibile ricandidatura. L’obiettivo dichiarato è “portare a termine il lavoro iniziato”, presentandosi come garante della continuità amministrativa e istituzionale. Detto così, sembra voler parlare a una Calabria risvegliatasi improvvisamente da un secolare torpore, ignorando che la storia politica e istituzionale di questa regione ha avuto, in passato, momenti di svolta vera, guidata da politici e amministratori di livello nazionale. Oggi, però, tra la gente comune si sente dire: “Che senso ha dimettersi e poi chiedere di essere rieletto, se di fatto è ancora presidente in carica?”».

«In realtà, la mossa di Occhiuto sembra più una strategia per spostare l’attenzione dai veri motivi delle dimissioni. Per il vicepremier Tajani, la questione ruoterebbe intorno agli avvisi di garanzia notificati dalla Procura di Catanzaro: formalmente non tali da obbligare alle dimissioni, ma potenzialmente logoranti in un periodo di stasi giudiziaria, esponendo Occhiuto alla lenta erosione della sua leadership. Anticipare la crisi, quindi, significherebbe per lui disinnescare la bomba innescata dagli avvisi e rilanciare la sfida elettorale in un momento in cui può ancora controllarne la narrazione. È una scommessa politica di grande astuzia – secondo Tursi Prato – che mira a chiedere ai calabresi un rinnovato mandato popolare, trasformando la crisi in opportunità. Ma la domanda è: questo appello ai cittadini si fonda davvero solo sulla volontà di “completare il lavoro” o è una manovra per congelare l’azione della magistratura sino al termine del ciclo elettorale?».

“Nemici esterni, sciacalli, oppositori e odiatori”

«Occhiuto, nella sua narrazione, tenta di spostare il focus sui “nemici esterni”, sciacalli, oppositori, odiatori. Ma la verità politica sembra più complessa e sottile. Le prossime mosse appaiono chiare: ottenere la ricandidatura a nome di un centrodestra unito, ridipingendo la sua immagine come quella di un leader combattuto ma risoluto, pronto a fronteggiare due avversari distinti ma paralleli: l’opposizione politica e l’inchiesta giudiziaria».

«Dall’altra parte, però, il centrosinistra si presenta disorientato, impegnato nella difficile ricomposizione di alleanze e reso vulnerabile dalla tempistica imposta da Occhiuto stesso, che ha saputo anticipare tutti. Parlare di un centrosinistra “ignorato” è forse eccessivo, ma definirlo “sottovalutato” da Occhiuto appare, in questo contesto, una forzatura politica senza precedenti. Rimane un dato certo: i calabresi attendono le vere ragioni delle dimissioni, il centrosinistra si prepara a una sfida elettorale complicata e la magistratura, suo malgrado, si trova trascinata in uno scontro che la politica tenta di politicizzare».

«Per la prima volta in Calabria assisteremo a una contesa a tre: centrodestra, centrosinistra e magistratura. Naturalmente, la magistratura non ha scelto questo scontro, ma nel retro-pensiero di Occhiuto si percepisce la volontà di farla apparire come un attore che, con la sua azione, rischierebbe di influenzare indebitamente la stabilità politica e istituzionale della regione. Perché si tenta di precostituire il sospetto che la magistratura possa essere la vera responsabile della crisi calabrese? Qual è il fine di questa narrazione che mette in discussione la sua autonomia e la riduce a mero strumento subordinato alla politica? Non si corre il rischio di trasformare la Calabria in un “laboratorio politico” da esportare, in futuro, a livello nazionale? Lo scontro, sicuramente, si acuirà e si arricchirà di nuovi elementi di giudizio. Ciò che conta, ora, è che i calabresi scendano in campo e partecipino con decisione al giudizio elettorale. Solo così si potrà dare alla Calabria il governo dei migliori, al di là delle strategie di palazzo e delle tensioni istituzionali che, altrimenti, rischiano di cristallizzare la regione in uno stato di crisi permanente».

di Pino Tursi Prato

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