Calabria
Lavoro in Calabria e referendum, ecco cosa succede se vince il Sì o se vince il No
COSENZA – Oltre la metà degli abitanti non lavora. La Calabria è la regione d’Italia con meno occupati (penultima in Europa). Ha ufficialmente un impiego solo il 44,8% dei residenti, secondo l’Eurostat. Il tasso di disoccupazione nel tempo è lievitato di pari passo con l’emigrazione. E mentre nel resto d’Italia, anche nelle regioni meridionali, l’occupazione negli ultimi 30 anni è cresciuta, al contrario in Calabria è diminuita (fonte: Mercato del lavoro in Calabria 1995 -2024 – Open Calabria). Domenica 8 giugno dalle 7:00 alle 23:00 e Lunedì 9 giugno dalle 7:00 alle 15:00 si vota per due referendum che hanno diretto impatto sull’economia del territorio. I cittadini che si recheranno alle urne riceveranno 5 schede: 4 per il Referendum sul Lavoro, 1 per il Referendum sulla Cittadinanza italiana. Sul mercato calabrese quali effetti avrà la vittoria del Sì o la vittoria del No/mancato raggiungimento del quorum (qualora andasse a votare meno del 50% degli elettori)? A disegnare i due scenari possibili è Domenico Cortese, studioso di Sociologia dei processi economici e del lavoro presso l’Università della Calabria.
1 – Licenziamenti illegittimi e reintegro
Quesito n. 1 – «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»
«Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»
Se vince il Sì
«Ci sarebbero più tutele nei casi di licenziamenti illegittimi. Ciò spingerebbe magari un maggior numero di giovani, soprattutto quelli con meno di 30 anni di età, a tentare di intraprendere la propria carriera lavorativa anche nelle zone che sono percepite come più instabili dal punto di vista occupazionale. Certo in Calabria molti contratti non sono in regola, ma una minore possibilità di licenziare indiscriminatamente coinciderebbe anche con un maggiore potere negoziale da parte dei lavoratori di ogni settore e quindi darebbe comunque un piccolo impulso alla forza salariale».
Se vince il No
«Resta tutto invariato. In Calabria dove c’è un alto livello di ricattabilità dei lavoratori, i più esposti saranno i giovani al di sotto dei 30 anni. Non abrogando questo quesito legislativo oggetto di referendum, con ogni contratto (anche a tempo indeterminato) grazie al Jobs Act di Matteo Renzi, il datore di lavoro può licenziare anche senza una giusta causa e poi non subire il reintegro del dipendente. Il trend calabrese sarebbe quello attuale: contratti a tempo determinato in crescita. La maggiore possibilità di licenziamento senza giusta causa, coinciderebbe con un progressivo deteriorarsi della qualità del lavoro, come già è successo in Calabria negli ultimi 10 anni».
2 – Licenziamenti e indennità
Quesito n. 2 – «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale»
«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»
Se vince il Sì
«La fonte di occupazione più diffusa in Calabria è la piccola e media impresa. Mancano i grandi complessi industriali, con masse operaie. Siccome l’articolo 18, anche quell’originario, non tutelava i lavoratori nelle aziende con meno di 15 dipendenti, la vittoria del sì sarebbe importante per i calabresi. Garantirebbe maggiore tutela e potere negoziale dei dipendenti operanti in tutti i settori, basti pensare al comparto del turismo calabrese dove contratti regolari sono rari. Questa abrogazione darebbe impulso alle stabilizzazioni. Anche perché il numero di dipendenti non è detto che rifletta l’effettiva forza del datore di lavoro: esistono micro imprese con 2 dipendenti che in realtà hanno grandi volumi di fatturato e potrebbero permettersi di pagare quanto dovuto ai dipendenti»
Se vince il No
«Rimarrebbe tutto com’è. Gli investimenti continueranno ad essere dirottati su attività a piccolo valore aggiunto, dove vengono offerte opportunità di lavoro nel settore dei servizi, nel turismo. Il poter licenziare più facilmente i dipendenti, per l’imprenditore è inteso come un’occasione per investire in maniera estensiva nella manodopera, per fare meno investimenti rischiosi nel capitale umano e nell’innovazione. Questo spinge l’economia a finanziare attività in ambiti in cui c’è un maggiore dispendio di forza lavoro e una minore innovazione».
3 – Contratti a termine
Quesito n. 3 – «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi»
«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?».
Se vince il Sì
«Qualora vincesse il sì, ci sarebbe da ridiscutere i contratti collettivi nazionali per definire quali causali inserire per giustificare un contratto a termine. Si potrebbero aprire nuove prospettive anche per pensare a una sorta di stabilizzazione del lavoro stagionale ampiamente diffuso in Calabria. I riflessi si avranno in base alle dinamiche sindacali che si attiveranno sui territori. Un esempio su tutti. La rivisitazione dei contratti stagionali avrebbe un enorme impatto nelle zone balneari e turistiche più frequentate della regione: Tropea, Soverato, Scalea, ecc.»
Se vince il No
«In Calabria questo quesito influirebbe molto sui contratti stagionali, in cui ci sono minori tutele rispetto agli stessi contratti a termine standard. Con la vittoria del No (o il mancato raggiungimento del quorum) andremmo avanti nello svalutare l’occupazione nel turismo calabrese rifiutando le richieste di stabilizzazione, con la giustificazione della ciclicità del lavoro che impone il precariato. Inciderebbe molto sul potere del datore di lavoro verso il dipendente, come succede attualmente dove gli imprenditori calabresi applicano una giungla di rapporti di lavoro poco remunerati e poco controllabili. Un fenomeno che si manifesta perché i dipendenti sono distribuiti tra una marea di piccolissime imprese che non sono soggette a molti controlli».
4 – Responsabilità infortuni sul lavoro
Quesito n. 4 – «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»
«Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»
Se vince il Sì
«La vittoria del sì responsabilizzerebbe alla prevenzione degli infortuni le aziende che subappaltano lavori di ogni genere. In Calabria avrebbe una forte incidenza sulla sicurezza nei cantieri e potrebbe dare spazio per intervenire legalmente nei casi in cui un dipendente riportasse lesioni svolgendo le proprie mansioni. Romperebbe il tetto delle deleghe a subappalti e microimprese fatte ad hoc per aggirare dei limiti, per non applicare le costose misure imposte dalle regolamentazioni sulla sicurezza».
Se vince il No
«A parlare della responsabilità degli infortuni sul posto di lavoro sono i dati delle morti bianche riconducibili a lavoratori di ditte che operano in subappalto. Uno strumento che consente di avvalersi di imprese specializzate, ma spesso viene utilizzato anche per aiutare ad eludere le normative sulla sicurezza nei cantieri circoscrivendo le responsabilità agli esecutori materiali delle opere e non ai committenti. L’azienda che delega l’esecuzione dei lavori resterà legittimata ad affermare di non essere responsabile di eventuali infortuni».
5 – Referendum – Cittadinanza italiana
Quesito n. 5 – «Cittadinanza italiana – Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana»
«Volete voi abrogare l’art. 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»
Se vince il Sì
«Se vince il Sì sarà più veloce ottenere la cittadinanza italiana. Ciò impedirebbe a molti datori di lavoro di ricattare il migrante per far sì che accetti salari bassi al fine di ottenere i documenti per la regolare permanenza in Italia. L’accesso più agevole alla cittadinanza paradossalmente fungerebbe da spinta all’aumento degli stipendi di questa fascia di popolazione che inciderebbe positivamente anche sui lavoratori italiani. Inoltre come dimostrano i dati sui fenomeni criminali non ci sarebbero conseguenze rilevanti dal punto di vista urbano o del disturbo della pace sociale, ma solo un maggiore potere di contrasto rispetto al lavoro nero soprattutto in Calabria nei campi del bracciantato e del badantato».
Se vince il No
«Nessuno ci ruba il lavoro. È un dato di fatto. Il salario lo decide chi ha più potere di negoziazione. È una verità sociologica che vale ancor di più in Calabria dove, in molte realtà in cui operano i migranti, i contratti collettivi nazionali non vengono applicati e si lavora in nero o in grigio (con ore dichiarate inferiori rispetto a quelle prestate). Applicare basse remunerazioni è una decisione dell’imprenditore che li assume, consapevole che siano persone i cui bisogni le spingono ad accettare dei salari più bassi e quindi ne approfittano. Se vince il no, si continua con questo trend, ovvero fruire di manovalanza a prezzi stracciati perché vincolata ad accettare contratti di lavoro anche sfavorevoli al fine di ottenere i documenti necessari a restare in Italia».
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