Area Urbana
Vent’anni fa moriva Giacomo Mancini: il leone socialista amato dai cosentini
Il protagonista indiscusso della crescita economica e sociale di Cosenza e il politico più amato dai cosentini. Caruso gli rende omaggio con dei garofani rossi
 
																								
												
												
											COSENZA – All’età di 86 anni, moriva Giacomo Mancini. L’uomo che fece la storia della città bruzia. Il protagonista indiscusso della crescita economica e sociale di Cosenza e il politico più amato dai cosentini. “Il Leone Socialista” l’uomo dalle mille battaglie politiche . Il Mezzogiorno e la Calabria furono sempre al centro della sua attività di ministro della Sanità, dei Lavori pubblici e del Mezzogiorno; di dirigente del Partito socialista, deputato della Calabria e, infine, sindaco di Cosenza.
Caruso depone dei garofani rossi sulla tomba di Mancini
“Un occasione del ventennale della morte del compianto Giacomo Mancini, mi sono recato – scrive Franz Caruso sindaco di Cosenza – presso la sua tomba dove ho voluto personalmente deporre un cesto di garofani rigorosamente rossi. Un fiore associato alla festa dei lavoratori e che, nella tradizione popolare “ allietava sovente la finestra della giovane operaia”. Il garofano rosso è il simbolo del Partito Socialista Italiano, ai cui valori ed ideali Giacomo Mancini è rimasto sempre profondamente legato e con il quale, dunque, ho ritenuto doveroso omaggiarlo in questa ricorrenza.
Claudio Martelli a Cosenza in memoria di Mancini
“Ho conosciuto e frequentato a lungo Giacomo Mancini e ne avevo un’ enorme stima, e credo che lui mi volesse bene. Lo deduco da alcuni episodi, specie dopo, quando mi congedai dalla vita politica, e tentò in tutti modi di dissuadermi dal farlo”. Esordisce così, Claudio Martelli, giunto a Cosenza in occasione della celebrazione, tenutasi al teatro Rendano per i venti anni della scomparsa del leader socialista. “Giacomo Mancini, oltre che esser ministro era un grande leader”, prosegue Martelli nei suoi ricordi, specie quelli congressuali :”Da Mancini a Craxi, ed io per ultimo- spiega – siamo tutti figli di Pietro Nenni, convinti che l’autonomia per il Partito Socialista era come l’aria per respirare”. Ed infine ricorda il congresso del Psi del 1981 a Palermo, quando con l’elezione di Bettino Craxi si superò anche una lunga fase di conflitto, perchè Giacomo Mancini voleva diventare segretario del partito.
Giacomo Mancini
Avvocato antifascista, figlio di Pietro Mancini, uno dei fondatori del PSI, Giacomo Mancini nel 1944 entrò nell’organizzazione militare clandestina del partito a Roma durante il regime. Finita la guerra, rientrato a Cosenza, diventò segretario, fino al 1947, della locale federazione socialista e membro della direzione nazionale del partito fino al 1948. Consigliere comunale di Cosenza dal 1946 al 1952, fu eletto alla Camera nel 1948, con 26.000 voti di preferenza nelle liste del Fronte Democratico Popolare. Rimase deputato per dieci legislature. Nel gennaio del 1953 fu eletto segretario regionale del PSI. Nel 1956, all’indomani dell’intervento sovietico in Ungheria, il Msi prese le distanze dal Pci e Mancini fu chiamato da Pietro Nenni a occuparsi dell’organizzazione del partito. Ricoprì la carica di ministro della Sanità nel primo governo Moro e Ministro ai Lavori Pubblici nel secondo e terzo governo Moro e nel primo e secondo governo Rumor, diventando ministro del Mezzogiorno nel quinto governo Rumor. Da ministro della Sanità impose l’introduzione del vaccino antipolio Sabin e lo sblocco di ingenti risorse destinate agli ospedali nel Mezzogiorno.
Da ministro dei Lavori pubblici avviò la costruzione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, investendo fondi e progetti. Presentò al Parlamento un disegno di legge, passato alla storia come “legge ponte”, propedeutico all’auspicata riforma urbanistica, che introduceva nella normativa in vigore una serie di disposizioni finalizzate alla repressione dell’abusivismo, all’introduzione degli standard urbanistici e all’obbligatorietà dei piani urbanistici. Il 23 aprile del 1970, fu eletto segretario del partito. Fu uno dei protagonisti delle lotte per il divorzio. Nel luglio del 1976, dopo la sconfitta elettorale che portò alle dimissioni di De Martino dalla segreteria, agevolò l’elezione di Craxi sostenendolo nella sua ascesa. Nel 1993 fu rieletto sindaco di Cosenza, carica che aveva ricoperto già negli anni Ottanta. Dopo una vicenda giudiziaria che lo vite uscire pienamente riabilitato, Mancini ritornò a guidare l’amministrazione comunale cosentina e venne rieletto sindaco al primo turno nel 1997, sostenuto anche dalla coalizione dell’Ulivo. Un uomo che la città non dimenticherà.
 
                         
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
                                 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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