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Rende, la figlia di Aldo Moro agli studenti: «il dolore non si cancella ma si può disarmare»

Rende, la figlia di Aldo Moro agli studenti: «il dolore non si cancella ma si può disarmare»

«La giustizia riparativa è uno spazio in cui il dolore può essere visto. I responsabili possono toccare ciò che hanno provocato e capire cosa è avvenuto»

Bernadette Serratore

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RENDE – Una lezione di civiltà, di vita vera quella tenuta stamattina a Rende nella sala Tokyo del Museo del Presente riguardo al tema della giustizia riparativa. All’evento ha preso parte Agnese Moro, figlia dell’ex presidente della DC ucciso per mano delle Brigate Rosse. Un’iniziativa promossa e organizzata dall’amministrazione comunale nella persona della dottoressa Marisa De Rose – consigliera di maggioranza – e dall’A.l.Me.Pe, Associazione Italiana Mediatori Penali, con Cristina Ciambrone e Maria Spizzirri: “l’opportunità di avere ospite questa preziosa testimone non poteva essere mancata ed è stata sposata e sostenuta dall’amministrazione comunale e dalle Dirigenti Scolastiche come occasione di approfondimento e di arricchimento sulla storia e le figure del nostro ‘900, una storia che spesso i programmi non riescono ad affrontare in maniera adeguata”.

Agnese Moro ha incontrato una rappresentanza di studenti in quello che è stato un incontro incentrato sul tema “Dal dolore alla riconciliazione: la Giustizia Riparativa“, che si inserisce all’interno di un progetto che vedrà gli studenti impegnati per tutto l’anno scolastico.

“Il dolore non si cancella ma può essere disarmato”

“La mia presenza qui è dovuta al fatto che sono un’utente felice della giustizia riparativa. La mia vita, e quella della mia famiglia – ha affermato Agnese Moro – è stata segnata dal rapimento di mio padre, l’uccisione della scorta e poi la sua. Nonostante, nel mio caso, la giustizia ha dato tutto quello che poteva dare, perché le persone responsabili sono state tutte arrestate, giudicate, e stanno scontando la loro pena. Ma è impensabile ‘curare’ il dolore sapendo che altre persone stanno soffrendo, perché il carcere è questo: è sofferenza.

La loro sofferenza – ha proseguito – non ha mai risolto o cancellato il dolore per l’assenza di mio padre e la rabbia perché qualcuno aveva deciso che io non dovessi più averne uno. Poi grazie ad una persona che mi è venuta incontro, Padre Bertegna, ho cambiato rotta e ho capito che il silenzio non raggiunge lo scopo della guarigione. La giustizia riparativa è uno spazio in cui il dolore degli uni e degli altri può essere visto, toccato e riconosciuto – continua la figlia dello statista – dove i responsabili possono toccare il dolore che hanno provocato e capire davvero che cosa è avvenuto. Dove chi ha subito quel torto può rendersi conto che si trova di fronte a una persona la cui umanità non è stata destrutturata dalle scelte sbagliate e dal male fatto. Il dolore non si cancella ma può essere disarmato”. 

Agnese Moro non rilascia più interviste da anni ma ha voluto consegnare il suo pensiero durante l’intervento lucido ma tanto emozionante che tutti hanno ascoltato in religioso silenzio. La platea, fatta di molti giovani ma anche professionisti ed appassionati alla storia della famiglia Moro, ha seguito con attenzione il racconto, partecipando attivamente a quei momenti in cui la parola si è fatta più lenta, la voce un po’ si è spezzata. Nella mattinata sono stati numerosi i ringraziamenti che hanno accompagnato le altrettante domande ad Agnese che spiegato come dopo oltre 30 anni, ha voluto trasformare il suo dolore, cercando anche di porre fine al suo lungo silenzio su quanto accaduto nel 1978.

La sua testimonianza è servita a comprendere l’importanza della “giustizia riparativa” che apre nuovi spazi di dialogo e di lettura della dimensione penale favorendo nuovi approcci di mediazione, mediante un comune percorso di consapevolezza tra reo e vittima di reato.

 

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