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Mendicino: la vecchia sezione del Pc, il ricordo del sindaco barbuto e il paradosso del presente

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Mendicino: la vecchia sezione del Pc, il ricordo del sindaco barbuto e il paradosso del presente

Il Comune delle Serre cosentine riscopre la propria identità di Sinistra e, dopo quasi quarant’anni, riporta in piazza la festa dell’Unità

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MENDICINO – Barba lunga, sorriso buono. Lo spirito di Ugo Piscitelli (anche gli atei ne hanno uno) sembra volteggiare sulla piazza del paese ora che, dopo quasi quarant’anni, a Mendicino torna la festa dell’Unità. Luigi De Cicco e Franco Gaudio se ne stanno seduti sulla scala (diroccata) che s’inerpica fino alla storica sede del partito. Dopo più di un tentativo, la porta di vecchie tavole marce finalmente si apre: una stanza piccola e una soffitta. Usata, quest’ultima, per conservare i documenti. “Ci riunivamo due volte alla settimana. Spesso ci fermavamo a mangiare e i compagni più grandi portavano pure la bottiglia di vino”. Correva la fine degli anni settanta. Aborto e divorzio erano conquiste recenti. Grandi battaglie e obiettivi locali.

Scalfire il predominio della Democrazia cristiana non sarebbe stato facile. Molti anni dovettero trascorrere. Nel 1992 il vento cambiò e Ugo Piscitelli divenne il primo sindaco comunista di Mendicino. De Cicco e Gaudio furono eletti consiglieri. Ricordano: “Aprimmo (quando ancora a Cosenza non c’era) il primo asilo nido e poi la ludoteca. Istituimmo il servizio di assistenza domiciliare rivolto agli anziani. Non c’erano barriere. Tutti potevano entrare e tutti sapevano esattamente quello che succedeva in Comune”. Nel partito, intanto, in mezzo a tanti maschi, si faceva spazio una giovane compagna. Oggi che il suo “maestro” politico non c’è più, Francesca Reda (dallo scorso aprile segretaria del circolo cittadino del partito democratico) ha voluto che la ritrovata festa dell’Unità si svolgesse in piazza Municipio, a pochi passi da quella sezione del Pc dove tutto iniziò tanto tempo fa. “Ugo Piscitelli ha fatto tanto per la gente. E’ sempre stato dalla parte dei più deboli, cercando di dare risposte ai bisogni dei cittadini. Senza badare a chi lo votava e a chi non lo votava. Conosceva questo paese angolo per angolo, come pure ogni singolo mendicinese del centro storico e delle altre frazioni”.

Quando Francesca Reda, oggi consigliere comunale di minoranza, iniziava a fare politica Antonio Palermo (attuale sindaco di Mendicino) forse non era ancora nato. Anche lui adesso, dopo avere da poco lasciato Italia Viva, è entrato nella grande “famiglia” del Partito democratico. “Il terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, con l’attuale legge elettorale, è un’idea perdente che non darà alcun contributo al centrosinistra. E’ per questo motivo che alle elezioni del 25 settembre sosterrò convintamente il partito di Enrico Letta”. A urne chiuse, prenderà di certo la tessera del Pd. “Iscrivermi al circolo di Mendicino? Al momento non lo so, poi si vedrà”. Francesca Reda, se così dovesse essere, di certo non gli chiuderà la porta in faccia. A una condizione però. “Prima o poi, il sindaco Antonio Palermo che amministra Mendicino insieme con la Destra (il riferimento è ad Angelo Greco, vicesindaco ed esponente di Fratelli d’Italia) dovrà scegliere definitivamente da che parte stare”. Per il momento, Antonio Palermo, seduto com’è in prima fila alla festa dell’Unità di Mendicino il suo posto (discusso o meno) sembra averlo trovato. E non ne fa un problema.

Meno “ondivago” nelle sue posizioni politiche è di certo Francesco Gervasi, che a Sinistra c’è sempre stato. Alle ultime amministrative “quasi” metà Mendicino era con lui, ma il sogno di diventare sindaco è rimasto nel cassetto e gli è toccato sedere nei banchi dell’opposizione. E’ lui che apre il dibattito nella piazza del paese. “Nell’epoca dei social network, è bello tornare a fare politica in mezzo alla gente. In Parlamento finora abbiamo mandato gente inesperta. Dobbiamo voltare pagina”.

Al lato più estremo del tavolo è seduto Carlo Guccione. Dopo avere perso “l’appuntamento” con Palazzo dei Bruzi, a Roma almeno, questa volta, ci vorrebbe arrivare. E chi se ne importa se i pronostici dicono picche. “Secondo gli ultimi sondaggi, il 42% degli italiani non ha ancora deciso quale partito votare e il 60% di questi elettori incerti si trova al Sud. La partita è aperta, ce la possiamo ancora giocare. A patto che andiamo strada per strada, a convincere le persone”. Cosa che Guccione deve già avere iniziato a fare, considerato che, mentre incita la piazza, non smette un attimo di tirarsi su i pantaloni che sembrano cadergli. Il suo cavallo di battaglia, come sempre, è la sanità con quel “silenzio assordante” del presidente Occhiuto sulla volontà dichiarata del Centrodestra di trasferire al Nord, una volta conquistato il governo centrale, le risorse del Pnrr destinate alle regioni del Mezzogiorno. E siccome questa è la Festa dell’Unità, a proposito dei medici cubani, Guccione puntualizza: “Fosse stato un po’ di tempo fa, sarei andato ad accoglierli all’aeroporto di Lamezia Terme sventolando la bandiera rossa. Oggi, però, è diverso”. E conclude il suo intervento.

A Mendicino, per l’occasione, è arrivato pure il sindaco di Cosenza Franz Caruso. Impettito nella sua camicia bianca adamantina, nessuno pare averlo avvisato che, da queste parti, quando si fa sera, sale una certa umidità. Il vento già agita la bandiera del Partito democratico, quando Caruso puntualizza: “Dentro quel simbolo non c’è solo il Pd. Ci sono i Socialisti e Articolo uno, le stesse forze che un anno fa a Cosenza hanno sconfitto quel Centrodestra che adesso, con molti punti interrogativi, governa la Regione”. A Franz Caruso, da buon socialista, dev’essere tornato in mente il sacrificio eroico di Giacomo Matteotti se, ad un certo punto, s’avventura in (improbabili) paragoni storici: “La Destra, a distanza di quasi un secolo, il prossimo mese di ottobre si prepara a tornare alla guida di questo Paese (il riferimento è alla Marcia su Roma delle Camice nere di Mussolini il 28 ottobre del 1922). Tornando ai giorni nostri, il sindaco di Cosenza ammette: “Dopo aver approvato cinque bilanci relativi alle passate amministrazioni, non mi va per niente giù di ritrovarmi come capolista al Senato di Forza Italia il responsabile di tale sfacelo finanziario e organizzativo”. Il nome in questione, naturalmente, è quello di Mario Occhiuto.

C’è un comun denominatore che unisce i singoli interventi che si susseguono. Anzi, un aggettivo: becera. La Destra è sempre una becera destra. Sembra quasi un disco rotto. Eppure, a cercare sul vocabolario, il termine è ricco di sinonimi: grossolana, incivile, maleducata, rozza, volgare, zotica (etc). Chissà perché si ostinano a ripetere sempre la stessa (stantia) parola! Vittorio Pecoraro, segretario provinciale del Partito democratico di Cosenza e candidato alle prossime Politiche, sulla scia di Enrico Letta, usa la cesoia. Così, Giorgia Meloni diventa colei che immagina strumenti coercitivi per aggiustare le devianze minorili. E dopo avere rievocato l’origine della fiamma raffigurata nel simbolo di Fratelli d’Italia (“E’ la stessa che arde sulla tomba di Mussolini a Predappio”), Pecoraro ne ha anche per la Lega di Salvini che ha in mente di reintrodurre il servizio di leva, impedendo ai giovani di studiare perché “la Destra non lo dice ma non vuole che i figli degli operai diventino dottori”. E invece Pecoraro ha in programma ben altro: l’abolizione delle tasse universitarie, per esempio, e i libri scolastici gratis per tutti. Ancora: la cannabis libera. Che, andando avanti in questo modo, a fare soldi è soltanto la criminalità organizzata.

Sarà! In attesa del responso delle urne, in piazza Municipio di “fumante” c’è soltanto la porchetta di Giannino, storico macellaio di Mendicino, intento a imbottire un panino dietro l’altro. Perché, è risaputo, a pancia piena si ragiona meglio!

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