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Il coraggio di Dalia: “la dirigente disse che me l’ero cercata. Gli abusi non si lavano”

Area Urbana

Il coraggio di Dalia: “la dirigente disse che me l’ero cercata. Gli abusi non si lavano”

“Cara Maletta – urla Dalia con la mano tremolante e gli occhi lucidi –  io ricordo tutto. Ricordo le sue mani su di me. Ricordo quando mi chiamava “panterona o polpettina”

Bernadette Serratore

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COSENZA –  Volti e storie di ragazze e ragazzi che hanno manifestato questa mattina lungo le vie della città. Tra quelle voci c’era anche quella di Dalia Aly, la fondatrice della pagina Instagram “Callout Valentini-Majorana”, la prima che ha avuto la forza e il coraggio di denunciare gli episodi di molestie sessuali, bullismo e sessismo radicate, pare, da anni all’interno del liceo di Castrolibero e che ha poi dato la forza a tante altre studentesse. Lei è una giovane poco più che ventenne, ex allieva dell’istituto, ha pubblicamente e mettendoci la faccia, denunciato le molestie sessuali subite quando era una studentessa della scuola.

Io vittima del Revenge porn

Davanti l’ispettorato scolastico ha preso in mano il megafono, e con voce forte e gli occhi quasi in lacrime, che le hanno dipinto sul volto il dolore per quello che è riuscita a sopportare per tanti anni, ha raccontato. “È da cinque anni che va avanti la condivisione, non consensuale, di mio materiale sessuale – urla Delia-. Tutto è iniziato qui a Cosenza. C’era un fidanzatino che trovavo veramente “troppo carino” e me ne innamorai subito. Mi chiese di fare un video ed io accettai. Poi gli chiesi di cancellarlo, mi disse che l’avrebbe fatto ma non lo fece mai. Nel giro di due anni – racconta ancora Dalia – sono finita sui telefoni di tutta Cosenza e del resto della Calabria. Il mio video è diventato un caso internazionale finendo, addirittura su un gruppo Telegram di revenge porn con 77mila iscritti”.

“La dirigente Iolanda Maletta sapeva tutto”

“Sapete cosa disse la Maletta quando andai a denunciare la questione? Quando le andai a dire che sarebbero arrivati i poliziotti a scuola per poter interrogare le persone? – continua a gridare Dalia – lei disse che me l’ero cercata, che era colpa mia, tutta colpa mia. Aggiunse poi che mia nonna, che non ho mai conosciuto, si sarebbe vergognata di me”.

Da quel momento Dalia ha iniziato a fare attivismo, a denunciare e raccontare. “A gennaio del 2022 mi sono tornate in testa – continua la studentessa –  tutte le cose che la preside ha sempre nascosto. Come tutte le volte che andavo da lei per parlare del bullismo che subivo. Tutte le volte in cui le ho raccontato degli abusi che vivevamo in classe, soprattutto noi ragazze. Di quanto lei minimizzava. Diceva che non sapevamo prendere gli scherzi perché eravamo troppo piccole e che il professore in questione non avrebbe fatto nulla del genere. 

“Gli abusi non si lavano via”

Cara Maletta – urla Dalia con la mano tremolante e gli occhi lucidi –  io mi ricordo tutto. Ricordo le sue mani su di me. Ricordo quando mi chiamava “panterona o polpettina”. Ricordo tutte le battute sul mio culo e sulle mie tette. Ricordo tutto, perché gli abusi subiti non si lavano via e soprattutto non devono essere coperte dalla scuola. Dal nostro dolore che è nato Call out Valentini-Majorana”.

La solidarietà del corteo

Dalia è stata accolta tra applausi e sguardi di comprensione, quelli che forse le sono mancanti in questi lunghi anni di silenzi. Lo testimoniano le lacrime nei suoi occhi mentre racconta la sua storia, il suo incubo da vittima non ascoltata. Dalia conclude il suo discorso – circondata dagli altri ragazzi – dicendo: “è grazie a voi se tutto questo sta sopravvivendo. Solo dopo quattro anni ho capito di essere stata abusata. Pensavo fosse normale che un professore si comportasse così e invece – urliamolo insieme ragazze – non lo è”.

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