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Cosenza, fermato con un manganello con scritte dell’epoca fascista. Assolto “non è un’arma”

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Cosenza, fermato con un manganello con scritte dell’epoca fascista. Assolto “non è un’arma”

Un professionista cosentino, fermato ad un posto di blocco con l’accusa di porto d’armi abusivo, è stato assolto dal Tribunale per l’insussistenza del fatto

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COSENZA – Il manganello-souvenir “non è un’arma”. Così un professionista cosentino è stato assolto dall’accusa di essere in possesso di un manganello di legno riportante scritte ed aforismi risalenti al ventennio fascista. L’assoluzione è arrivata oggi dal tribunale di Cosenza, presieduto dalla dott.ssa Caterina Tartaro, per il dott. R.G. difeso dagli Avvocati Francesco Chiaia ed Ilaria Rizzuti dall’accusa di porto d’armi abusivo.

Il professionista fermato ad un posto di blocco alle porte di Cosenza era stato trovato in possesso di un manganello e denunciato a piede libero col sequestro del manganello.
Durante il dibattimento, dall’interrogatorio dei testimoni svolto in sede di controesame dall’Avv. Francesco Chiaia è emerso come il manganello fosse un souvenir, che spesso viene venduto presso i luoghi turistici ovvero di culto. Inoltre i difensori Chiaia e Rizzuti hanno fatto rilevare la presenza di un giustificato motivo che legittimava il porto di tale souvenir, perché la detenzione del manganello/souvenir da parte del professionista imputato era avvenuta lo stesso giorno in cui è stato fermato, poco dopo l’acquisto.

Tra i testimoni è stato interrogato, infatti, anche il titolare dell’esercizio commerciale che vendeva tali souvenir e che ha confermato di venderli senza bisogno di licenza così come non vi è obbligo di licenza per chi li acquista. L’Avv. Francesco Chiaia in sede di discussione, richiamandosi alle più recenti leggi in tema armi, ha fatto emergere l’insussistenza del fatto dando così la corretta qualificazione del giustificato motivo del porto di oggetti (di cui alla legge sul porto d’armi abusivo legge n. 110/1975) e dimostrando che in questo caso si trattava di trasporto e non porto. Le circostanze del supposto reato di porto d’ami abusivo sono così state sgretolate grazie alle prove formatesi in dibattimento, portando così il Tribunale di Cosenza ad assolvere il professionista cosentino con formula ampia.

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