Le confessioni di monsignor Vallejo Balda dopo un interrogatorio-fiume durato tre ore.
CITTA’ DEL VATICANO – “Sì, ho passato documenti ai giornalisti”, incalzato dalle domande Lucio Vallejo Balda ha confessato. “Ha dato a Nuzzi l’elenco di cinque pagine con 87 password della sua mail alla Commissione Cosea?”. “Sì, ma avevo la netta sensazione che le possedesse già”. Nel suo interrogatorio in aula, che continuerà domani, Vallejo ha comunque descritto il clima di pressioni e condizionamenti che dopo il termine dei lavori Cosea, la commissione sulle finanze vaticane, subiva da Francesca Chaouqui. Tra i motivi per i quali monsignor Vallejo Balda temeva Francesca Immacolata Chaouqui anche il fatto che “lei mi aveva detto di essere il numero due dei servizi segreti italiani”. Lo ha detto nel corso dell’interrogatorio-fiume lo stesso prelato spagnolo nell’udienza del processo Vatileaks. Monsignor Vallejo ha aggiunto che credeva di essere controllato. Il giornalista Emiliano Fittipaldi, imputato al processo ha riferito di un clima teso tra Balda e la Chaouqui. Lucio Angel Vallejo Balda ha iniziato la sua difesa nel processo sulla fuga di documenti riservati della Santa Sede alla ripresa delle udienze dopo una pausa di tre mesi.
Il tribunale vaticano ha stabilito l’acquisizione di una lettera al Papa nella quale Chaouqui chiede di essere sciolta dal segreto pontificio per meglio difendersi (ma senza sua lettura in aula) e dei certificati medici circa il rischio di un parto prematuro, nonché l’acquisizione di una denuncia-querela al giornalista spagnolo Gabriel Ariza del sito Infovaticana.com all’origine della decisione di arrestare nuovamente Vallejo, che era ai domiciliari, per evitare l’inquinamento delle prove. Nel difendersi il sacerdote ha affermato di temere per la propria incolumità in quanto la stessa avrebbe anche ipotizzato di chiedere aiuto alla ‘mafia’. Lucio Angel Vallejo Balda, il suo collaboratore Nicola Maio e Francesca Chaouqui, sono accusati di aver “rivelato notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato” pontificio, e gli stessi giornalisti italiani per concorso in reato. Il tutto per non aver rispettato le nuove norme imposte da Papa Francesco nel 2013 dopo la prima fuga di documenti riservati vaticani (“Vatileaks”) che aveva contraddistinto, nel 2012, l`ultimo scorcio del pontificato di Benedetto XVI.