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Pronto Soccorso di Cosenza, 561 pazienti in 3 giorni. Il ds rassicura i cittadini: «Assistiamo tutti»

L'intervista

Pronto Soccorso di Cosenza, 561 pazienti in 3 giorni. Il ds rassicura i cittadini: «Assistiamo tutti»

I casi di malasanità terrorizzano i cittadini, ma il direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza garantisce che «non c’è carenza di personale e i pazienti vengono subito presi in carico»

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COSENZA – Il Pronto Soccorso di Cosenza spaventa i cittadini. Timori infondati, secondo l’Azienda Ospedaliera, che garantisce il massimo dell’impegno nel trattare ogni paziente. Il caso del 56enne trovato morto 10 giorni fa dalla moglie nel bagno del reparto deputato a trattare le emergenze e l’immagine apparsa nelle scorse settimane delle 13 ambulanze (di cui 7 in codice rosso) in fila nel parcheggio in attesa della presa in carico, fomentano le paure degli utenti. E gli animi si scaldano facilmente. Nella mattinata di martedì 28 ottobre in solo 1 ora le forze dell’ordine sono intervenute 2 volte per dirimere accesi diversi tra ammalati e sanitari, mentre 80 persone erano al suo interno. Alcuni aspettavano da oltre 24 ore, altri da 2/3 giorni erano in barella nel corridoio nella speranza di essere trasferiti ai piani superiori. Nonostante ciò il personale assicura che nessuno è abbandonato a se stesso, mentre l’assistenza è tempestiva e costante.

Pronto Soccorso di Cosenza, in 3 giorni 561 pazienti

«Dal 25 al 28 ottobre – spiega il dottor Pino Pasqua, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza – abbiamo accolto 561 pazienti in Pronto Soccorso, inclusi pediatrici e ginecologici. È chiaro che se noi avessimo maggiori filtri sulla medicina territoriale e le patologie meno gravi venissero trattate da chi effettivamente è più deputato a curarli, l’affluenza sarebbe minore. Essendo l’hub di riferimento, le ambulanze trasportano quasi tutti all’Annunziata. Viviamo quotidianamente questo iperafflusso, ci sono momenti in cui arrivano anche 70-80 persone. Rispetto al 2024, abbiamo trattato 4.000 casi in più, quindi ci siamo attrezzati adeguatamente per dare risposte tempestive a tutti».

«Riusciamo a gestire serenamente le richieste di assistenza con i sanitari a disposizione. Non c’è carenza di personale: prima avevamo solo 7 medici, adesso sono 21 e i cubani ci danno un grande aiuto. In più abbiamo 20 medici specializzandi che si occupano dei codici minori (bianchi e verdi) che rappresentano la maggior parte degli accessi. I codici maggiormente impegnativi vengono visitati in loco visto che abbiamo sempre la presenza di 4 medici: 1 al triage, 2 negli ambulatori e 1 a servizio dell’Osservazione Breve Intensiva. I turni sono sempre coperti. A livello assistenziale non si registra alcuna criticità, certo non abbiamo la bacchetta magica».

«Date fiducia al Pronto Soccorso di Cosenza»

«Serve solo dare fiducia a questo Pronto Soccorso, – afferma Pasqua – perché le cose stanno cambiando. C’è da stare tranquilli. Cerchiamo di offrire con il nostro lavoro la maggiore tranquillità possibile a tutti i pazienti che arrivano. L’umanizzazione delle cure è il cardine principale su cui si fonda la direzione strategica del direttore generale che ha migliorato questo aspetto per far sì che ognuno abbia l’assistenza, la vicinanza e la continua presa in carico del problema. Nei giorni scorsi abbiamo gestito patologie psichiatriche importanti in Pronto Soccorso perché non c’era spazio nel reparto di Psichiatria finché non siamo riusciti a trovare un posto letto a Palermo e a trasferire il paziente. A seconda della gravità dei pazienti che giungono in emergenza noi diamo priorità e assistenza. Negli ultimi 2 anni c’è stata una rivoluzione del Pronto Soccorso e un’assoluta inversione di tendenza. Adesso ci sono gli strumenti, i mezzi, il personale per far fronte alle richieste dell’utenza».

Pronto soccorso ospedale cosenza 02

L’accoglienza in Pronto Soccorso

«Ogni persona che si trova in attesa – chiarisce il direttore sanitario dell’Annnuziata – è stata presa già in carico dal Pronto Soccorso di Cosenza per le prime cure. È raro che vi siano lunghe file al triage perché è stato potenziato: vi sono sempre infermieri e medico che valutano immediatamente le condizioni del paziente che entra in autonomia o in ambulanza. Fermo restando che i codici rossi non passano dal triage, ma vengono subito trattati. Dopo l’accettazione il percorso si dirama tra gli ambulatori: i codici minori vanno nel plesso accanto, gli altri vengono visitati in maniera celere e indirizzati al reparto».

«Iniziano poi gli esami medici che vengono eseguiti in modo rapido e tempestivo. Al termine di questo percorso stabiliamo qual è il destino del paziente, valutando i risultati degli accertamenti svolti. Alle 14:00 quando ci sono le dimissioni dai vari reparti, in base alla gravità della patologia il paziente viene ricoverato nei posti che si rendono disponibili. Certo tra i corridoi vi sono malati in attesa che si liberino posti letto, ma la responsabile di turno valuta ogni mattina le condizioni di ciascuno ne stabilisce la gravità, il percorso clinico e la priorità. Nella stessa ala sono presenti due shock room, stanze dove vengono direttamente portati i pazienti (anche pediatrici) in codice rosso, il medico stabilizza l’ammalato e poi dispone il trasferimento immediato in reparto. In più abbiamo allestito una sezione di radiologia, con tac e neurotac, per essere più veloci nel valutare le cure da fornire. I cittadini non devono preoccuparsi, noi ci siamo e lavoriamo al meglio».  

I turni dei sanitari e le aggressioni

«I turni – spiega la coordinatrice del Pronto Soccorso, Eva Pasqualina De Rose –  prevedono anche la presenza di personale aggiuntivo come un infermiere di flusso, che ciclicamente fa la rivalutazione di tutti i pazienti misurando i parametri. Funge così da supporto al medico dell’ambulatorio che spesso contemporaneamente ha in carico 20 pazienti. Uniti stiamo programmando la presenza anche di 1 medico extra turno. In totale abbiamo 39 Operatori Socio Sanitari (OSS), ma se arriva un politraumatizzato gli diamo priorità e il cambio pannolone passa in secondo piano, verrà poi fatto in un momento successivo. Essere veloci a volte consente di scongiurare la morte o gravi conseguenze per il paziente. Se riuscissimo a ricoverare in reparto gli utenti al termine del percorso diagnostico, non ci sarebbe alcun sovraffollamento».

«La nostra criticità è legata proprio al fatto che staziona nelle stanze chi attende il ricovero, persone che non possiamo dimettere perché necessitano di cure ospedaliere, ma non possiamo neanche trasferire in reparto perché non ci sono posti letto. Ciò ovviamente non succede con gli acuti, con ad esempio ictus o infarto. Martedì appena ho iniziato il giro visite sono stata insultata dal figlio di una donna perché diceva che non volevo ricoverarla. Ci si ribella quando non riusciamo a intervenire, ma non si dice che salviamo la vita a tanta gente. Il perimetro del Pronto Soccorso non è infinito, ma i macchinari sono all’avanguardia. Ce la stiamo mettendo tutta e abbiamo gli elementi per tranquillizzare i cittadini».

Un fiume di malati in cerca di cure

«Abbiamo un carico di utenza enorme, – sottolinea la dottoressa Serena Pignataro – in 45 ore abbiamo trattato 561 persone. I pazienti stazionano qua solo perché non abbiamo posti letto in reparto per ricoverarli, ma facciamo tutto per curarli. Il cittadino a volte non ha contezza della quantità di lavoro che facciamo, per questo a volte se c’è un ritardo si lamenta, ma purtroppo può capitare in giorni di estremo sovraffollamento. Siamo un ospedale hub, punto di riferimento per l’intera provincia, trattiamo centinaia di casi ogni settimana. Ai pazienti ammalati si sommano anche situazioni di disagio sociale estremo in cui è l’utente stesso a chiedere di poter restare perché non ha nessuno che lo assista a casa e non sanno come fare (ne abbiamo uno che è qui da 3 giorni e ha paura di rientrare). Un esempio è la ragazza che abbiamo tenuto con noi per 5 giorni perché non ha dimora e l’abbiamo fatta mangiare e dormire. Non possiamo abbandonare queste persone anche se non rientra nei nostri compiti, ma è una questione di umanità. Diamo assistenza e accogliamo tutti, come l’etilista che ha esagerato nel bere alcool e lo portano qui in Pronto Soccorso: lo idratiamo e quando ritorna lucido lo dimettiamo. Seguiamo linee guida precise a livello medico, abbiamo dei protocolli da rispettare e al triage nessuno aspetta, viene preso subito in carico e valutato».

Caring Nurse, un ponte tra famiglia e Pronto Soccorso

Al Pronto Soccorso di Cosenza da febbraio è attivo il servizio Caring Nurse, con infermieri (presenti h 24) che si occupano di fornire informazioni ai parenti sullo stato di salute dei pazienti. La presenza di un accompagnatore viene autorizzata (anche in assenza di disabilità certificate) nei casi in cui l’ammalato abbia bisogno di assistenza. «La struttura – chiarisce Pasqua – non permette di ospitare 80/100 pazienti (perché questi sono i nostri numeri nella quotidianità) insieme ad altrettanti 80/100 parenti. Con la presenza di 200 persone in contemporanea per i sanitari sarebbe impossibile muoversi agevolmente tra gli ambulatori, mentre aumenterebbe il rischio infettivo. Grazie a questa nuova figura professionale la famiglia non perde mai il contatto con il paziente che viene trattato all’interno del Pronto Soccorso».

«Telefoniamo ai familiari, – dice Sabrina Pancaro infermiera operante nel servizio di caring nurse – li informiamo sull’andamento della terapia, coinvolgendoli costantemente. Siamo il punto di riferimento quando il paziente arriva qui e chiede delucidazioni. Spesso per qualche minuto, per evitare che si agitino, accompagniamo i parenti all’interno del Pronto Soccorso, per fargli salutare l’ammalato, assicurarsi che stia bene, portargli ciò di cui ritengono abbia bisogno, aspettiamo e poi li facciamo uscire. A volte il problema è che non vogliono più andare via. Da un lato li capiamo, soprattutto quando si tratta di persone anziane, però sarebbe molto complicato in un Pronto Soccorso gestire l’utente in emergenza con a fianco il parente e tutti gli altri familiari dei pazienti che condividono la stanza che di solito sono almeno 4. Immaginiamo cosa significhi cambiare un pannolone in una sala dove ci sono altre 10 persone, sarebbe un problema anche di privacy. Il cittadino dovrebbe essere comprensivo».

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