COSENZA – “Le contestazioni così come individuate dagli inquirenti delineano una realtà assistenziale sanitaria allarmante, agghiacciante ed inemendabile”.
Sono le parole dei familiari di Cesare Ruffolo, il 73enne morto dopo una trasfusione a Cosenza, e del giovane Francesco Salvo che invece, ha subito gravi lesioni. Attraverso i loro legali, i congiunti dei due pazienti aggiungono che “l’evento di default denunciato dalla famiglia Ruffolo a seguito della morte del loro congiunto ha permesso di delineare l’intelaiatura mostruosa posta a base di un servizio ‘quod vitam’ come quello del Centro trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, che solo mediante un’indagine ciclopica e capillare la Procura della Repubblica di Cosenza è riuscita ad evidenziare”.
“Una situazione agghiacciante – aggiungono – soprattutto in considerazione delle numerosissime criticità riscontrate e non rimosse, riconducibili a reiterate e gravi violazioni di legge poste in essere da chi, a vario titolo ed in posizione di garanzia, ebbe in cura Cesare Ruffolo e prima di lui il giovane che fortunatamente è riuscito a scampare alla morte, riportando però gravi lesioni con un concreto pericolo di vita”. “Riponiamo – concludono – estrema fiducia nell’operato della magistratura cosentina, oltre che nelle istituzioni locali in genere individuabili nel Nucleo antisofisticazione per la Tutela della salute dei carabinieri che congiuntamente hanno svolto un lavoro investigativo tecnicamente eccellente, individuando ogni singola responsabilità da porre in capo a chi ha gestito, evidentemente, la salute pubblica in modo superficiale”.