Tragedia funivia, tre fermati ammettono: “freno non attivato volontariamente”

Svolta nella notte dopo ore di interrogatori per la tragedia del Mottarone costata la vita a 14 persone tra cui due bambini. Il procuratore Olimpia Bossi lo ha definito "un gesto materialmente consapevole"

STRESA (VB) – Tre persone sono state sottoposte a fermo disposto dal procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi. Si tratta di Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, del direttore dell’esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini. I tre sono stati condotti nel carcere di Verbania.

“Un gesto materialmente consapevole” ha detto il procuratore Bossi, al termine degli interrogatori, spiegando che sulla cabina precipitata è stata messa la ‘forchetta‘, ovvero il dispositivo che consente di disattivare il freno, e non è stata rimossa. Le accuse sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime.

I tre fermati hanno ammesso

Le tre persone fermate nella notte per l’incidente alla funivia del Mottarone hanno ammesso quanto accaduto e a dirlo è il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso“, dice l’ufficiale. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”. “Non è stato facile – ha dichiarato il comandante Cicognani – ma abbiamo cercato di ricostruire nel miglior modo possibile, nel modo più scrupoloso tutto quello che è accaduto e ciò che ha portato alla tragica fine delle vittime”.

L’analisi dei reperti

Gli inquirenti hanno accertato che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”  ha spiegato il procuratore di Verbania, secondo cui il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso per “evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente”. “Per ovviare a questo problema, gli operatori con il concorso e l’avvallo e l’assoluta consapevolezza del gestore e colui che era il responsabile dell’impianto, non è stato rimosso questo dispositivo. E, nel momento in cui il cavo si è spezzato, il sistema di emergenza non è potuto entrare in funzione”, ha ancora spiegato la Bossi.

“I tre fermi sono “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante – ha spiegato il procuratore – agli accertamenti che abbiamo svolto. Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale”.

L’impianto: “diversi viaggi nelle stesse condizioni”

La funivia del Mottarone era entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, ed “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi” precisa il procuratore di Verbania. Dalla ripresa del servizio l’impianto presentava delle “anomalie“. Problemi presenti “anche prima, quando la funivia veniva attivata solo per manutenzione o servizi che non comportavano il trasporto dei passeggeri”. Poi, quando le misure anti Covid sono state allentate e si è tornati alle attività normali, “questi incidenti si sono verificati con cadenza se non quotidiana comunque molto frequente. Erano stati richiesti ed effettuati interventi tecnici per rimediare ai disservizi, ma non erano stati risolutivi – sottolinea -. Così si è pensato di rimediare”.

La procura di Verbania si riserva “di valutare eventuali posizioni di altre persone“. Il procuratore Olimpia Bossi, che con la pm Laura Carrera coordina le indagini sul crollo della cabina, parla di “un quadro fortemente indiziario in ordine al quadro descritto” nei confronti dei fermati, ovvero le persone che avevano, “dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni”.

“La rottura del cavo è stata l’innesco della tragedia”

“Ora si tratta di approfondire – spiega ancora il procuratore – quanto accennato sui freni. Abbiamo bisogno dell’intervento dei tecnici”. “Domenica l’altra cabina non aveva il ‘forchettone’, ma verificheremo se l’apposizione era stata fatta anche su quella”, aggiunge a proposito del sistema utilizzato per evitare che la funivia si fermasse di continuo e che, secondo gli accertamenti della procura, ha causato la mancata attivazione dei freni.

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