A Sibari i reperti della necropoli di Thurii, anche un tomba risalente al IV secolo a.C.

Il progetto presentato al Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, intitolato "Mnemosyne. La memoria e la salvezza"

CASSANO ALLO IONIO – Il Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, ha ospitato l’evento intitolato “Mnemosyne. La memoria e la salvezza”. Un progetto della Soprintendenza Abap di Cosenza e dal Parco archeologico riguardante “gli interventi di scavo e restauro di una sepoltura scoperta nella necropoli dell’antica Thurii diventano oggetto di un laboratorio-cantiere aperto al pubblico con finalità didattico-scientifica”.

All’incontro hanno partecipato il direttore dell’area archeologica di Sibari, Filippo Demma, Paola Aurino, Soprintendente Abap di Cosenza, Vito D’Adamo, capo segreteria del sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni in rappresentanza del Governo, Fabrizio Sudano, direttore Segretariato regionale del Ministero della cultura per la Calabria, e l’assessore regionale allo sviluppo economico e agli attrattori culturali, Rosario Varì.

“Nel giugno scorso la Soprintendenza Abap di Cosenza ha rinvenuto, in un’area poco distante dall’area archeologica sibarita e in corrispondente alla necropoli di Thurii – è stato annunciato nel corso dell’incontro – una tomba risalente verosimilmente al IV secolo a.C. e la straordinarietà del rinvenimento sta nel fatto che tra gli elementi di corredo recuperati ci sono alcuni i frammenti di una lamina aurea del tipo cosiddetto ‘orfico’. Un oggetto molto raro, attestato in pochi esemplari in Magna Grecia, a Creta e in Tessaglia in cui la foglia d’oro era utilizzata come supporto di un testo che conteneva le istruzioni affinché il defunto potesse orientarsi nell’aldilà”.

In base ad un protocollo di collaborazione il Parco di Sibari e la Soprintendenza di Cosenza hanno trasformato il rinvenimento in un’occasione di conoscenza, “procedendo ad allestire un cantiere di ricerca e restauro visitabile, e aperto al pubblico”. “La nuova scoperta offre, soprattutto, – hanno spiegato la soprintendente Aurino e il direttore Demma – l’imprescindibile opportunità di indagare, oltre all’oggetto, il suo contesto, il suo possessore. Sarà possibile saperne finalmente di più su chi fossero le persone che 2300 anni fa credevano nella metempsicosi e praticavano rituali per raggiungere la beatitudine oltre la morte”.

Quattro fasi del progetto

In un laboratorio del Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide, si svolgeranno le quattro fasi del progetto: un’antropologa effettuerà il micro scavo della sepoltura, con il quale ci si aspetta di trovare i frammenti mancanti della laminetta ‘orfica’ o altri esemplari interi, mentre contestualmente avverrà il restauro della copertura della tomba e del corredo che man mano potrà ancora venire alla luce.

In una terza postazione, poi, allestita nello stesso spazio, con l’ausilio di un microscopio elettronico e di uno scanner tridimensionale, avranno luogo le prime indagini archeometriche che potranno restituire interessanti dati sul defunto, molto probabilmente una donna, sui rituali con i quali è stato sepolto, sugli eventuali residui di contenuto dei vasi di corredo, sulle terre di copertura, sulla provenienza dell’oro impiegato per le laminette”. “L’intenzione alla base dell’iniziativa – hanno concluso Aurino e Demma – è trasformare un rinvenimento importante in un’occasione di massima diffusione di conoscenza, di partecipazione del pubblico alla costruzione stessa del dato storico, oltre che all’emozione della scoperta, andando al di là del semplice evento per la presentazione di una scoperta notevole”.

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