CATANZARO – Un invito alla collaborazione. Non è un mistero che parte del tesoretto della ‘ndrangheta viene dal pizzo, imposto agli imprenditori. Così , come non è nemmeno un mistero, purtroppo, che tanti imprenditori, per vergogna, per paura di ritorsioni o per questione di “convenienza”,
decidano di accordare ai signori dell’Antistato quanto da loro chiesto, senza rivolgersi a magistratura e forze dell’ordine per denunciare le estorsioni subite. Contro questo “silenzio” connivente il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Giuseppe Lombardo e il suo aggiunto Giuseppe Borrelli, hanno deciso di intervenire, rivolgendosi direttamente agli imprenditori. L’argomento i due esponenti dell’Antimafia catanzarese l’hanno affrontato, nel corso della conferenza stampa, sull’arresto dei due ventenni, ritenuti responsabili dell’atto intimidatorio contro la pizzeria della sorella di Angelo Torcasio. L’attività commerciale, infatti, è stata fatta saltare in aria per via di quel patto che Torcasio ha fatto con la giustizia, decidendo di passare dalla parte dello Stato e permettendo alla magistratura e alle forze dell’ordine, con le sue confidenze, di disarticolare i lunghi tentacoli che la cosca Giampà aveva nel lametino. La procura distrettuale di Catanzaro sta valutando l’ipotesi di perseguire penalmente gli imprenditori di Lamezia Terme che ancora versano denaro alle cosche della città. «Se il pagamento – ha spiegato Borrelli – avviene dietro la forza intimidatrice che le cosche esercitano controllando il territorio, si tratta di estorsione. Ma se il pagamento prosegue anche quando questa forza non c’è più grazie all’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, allora si tratta di un finanziamento alla ‘ndrangheta e su questo la Dda sta ragionando per valutare quale possa essere la qualificazione giuridica».